Incontro Matteo Levi nei giorni più caldi della campagna del CIAI contro la pratica delle spose bambine. Una conversazione a 360° su un fenomeno assai poco conosciuto. La lettura richiede qualche minuto, ma ne vale la pena. Un SMS al 45505 invece, per contribuire alla campagna, si può fare anche subito, sulla fiducia, oppure, più consapevolmente, durante la lettura.
Matteo
Levi, tu sei il country
representative del CIAI (il
Centro Italiano Aiuti all'Infanzia), in altre parole colui che
rappresenta il CIAI in India. Quest'anno la vostra campagna si
rivolge proprio all'India e ad un fenomeno particolarmente diffuso:
quello delle spose bambine. Una pratica che non è soltanto indiana.
No, ma
possiamo stimare nel subcontinente indiano si concentrino un terzo
delle spose bambine di tutto il mondo.
In tutto
di quante giovani donne parliamo?
In India sono
circa 23 milioni le bambine interessate da matrimoni precoci o
forzati, nonostante la presenza di leggi in materia che li vietano
esplicitamente. Tutti i bambini hanno diritto alla cura e alla
protezione, allo sviluppo e a crescere come individui completi,
indipendentemente dalla loro situazione sociale ed economica. Il
matrimonio precoce è una palese violazione di tutti questi diritti,
ufficialmente riconosciuti dall'India con la firma di convenzioni
internazionali e leggi specifiche.
Quali ragioni
stanno alla base di questa pratica?
Le bambine sono
date in sposa per ragioni diverse, ma prevalentemente per ragioni
economiche e culturali. Il fenomeno (radicato prevalentemente, ma non
esclusivamente, tra i gruppi poveri e svantaggiati, generalmente
residenti nell'India rurale) ha connotazioni diverse a seconda della
cultura, religione, regione geografica, casta e censo delle famiglie
in cui avviene.
|
Gujarat, sorelle-madri e le cure parentali |
Volendo
entrare un po' più nel dettaglio, si tratta più di un problema
economico o culturale?
Spesso è la
difficoltà della famiglia a mantenere un membro della stessa che,
per ragioni di trasmissione patrilineare, non potrà trasmettere ed
accrescere il patrimonio del clan. Una bambina è generalmente
considerata un peso economico e tradizionalmente, data
l'ineguaglianza nei diritti riservata alla donna nella società
indiana, l'atteggiamento è stato quello di ottenerne "la
tutela" da parte di un uomo il prima possibile.
La richiesta in
sposa di una bambina è di incentivo per la famiglia dello sposa che
così evita il pagamento di una dote più cospicua, che viene spesso
richiesta nel caso che la ragazza sia più grande. In tal senso si
dimentica che, non solo il matrimonio precoce, ma lo stesso istituto
della dote in India è considerato quale crimine e sanzionato dalla
legge (Dote Prohibition Act, 1961). Nel corso degli anni si è
inoltre verificato un fenomeno particolare: gruppi sociali e tribali
che non ne conoscevano l'uso, hanno progressivamente iniziato ad
praticarlo quale indicatore di "evoluta" condizione sociale
ed economica.
Puoi farci
degli esempi specifici?
Nel
caso di matrimoni in cui entrambi gli sposi siano bambini è
generalmente il clan a condurre l'operazione conscio del vantaggio
reciproco, in termini di gestione del patrimonio, che l'operazione
porta. Ecco perché la questione della dote in questi casi può
passare in secondo piano e ridursi di molto. In tal caso, specie
nelle aree rurali a forte vocazione agricola o pastorizia, ad un
matrimonio tra un bambino maschio della famiglia "A" con
una bambina della famiglia "B", generalmente segue un
matrimonio di un maschio della famiglia "B" con una bambina
della famiglia "A". Questa gestione permette la continuità
patrimoniale, portando tuttavia ad un'incidenza accresciuta di
malattie genetiche tra la comunità.
Un
uomo adulto, sopra i quarant'anni, generalmente alla seconda
esperienza matrimoniale, può rinunciare a forti pretese economiche
verso la famiglia della sposa se la ragazza è giovane e forte,
considerata la prospettiva sessuale ed il sostegno che tale presenza
può garantire alla casa in termini d'economia domestica (lavoro
gratuito). Ecco perché per sposo e famiglia l'accordo sul matrimonio
precoce della bambina può essere un vantaggio per entrambe,
soprattutto in caso di famiglie numerose, con più figlie femmine, e
deboli prospettive d'emancipazione economico sociale.
La
famiglia di una figlia "matura" invece, oltre i venticinque
anni, magari con un titolo di studio, proprio per le caratteristiche
economico culturali che l'istituto del matrimonio ha assunto negli
anni in India (intercastale o tribale e legato a
censo/professione/patrimonio), frequentemente (in dipendenza del
contesto urbano o rurale, castale e tribale, ricco o povero) avrà
necessità di investire risorse nella ricerca del partner. Pare
bizzarro, ma la ricerca è anche legata alla congiunzione astrale, o
meglio all'accordo tra la data di nascita del futuro sposo e della
sposa), e date le caratteristiche dei candidati, richiede un accordo
legato alle potenzialità economiche dell'unione matrimoniale.
Tutto
è naturalmente in proporzione al contesto nel quale avviene, ma una
famiglia con una ragazza diplomata che voglia "socialmente
scalare" dovrà trovarsi uno sposo con caratteristiche
professionali adeguate, ad esempio un professionista, un
commerciante, un tecnico, un imprenditore, e la famiglia dello sposo
venderà tali potenzialità "cash" (o meglio in oro ed
altri importanti regali) alla famiglia della sposa pretendente. Voilà
le ragioni per le quali in determinati contesti una famiglia può
investire su una o due bambine al massimo, sacrificando le eventuali
altre.
In
che senso sacrificare?
Ho
utilizzato il termine "sacrificare" perché nel contesto
indiano, non da ieri, mancano all'appello milioni di bambine per
ragioni legate alla preferenza data al figlio maschio, a pratiche
d'aborto selettivo, infanticidio e negligenza nella cura delle
bambine 0-6 anni. Nel 2002 è stato stimato che il 6.4% delle
gravidanze con un feto femminile siano abortite portando ad una
perdita di circa 106.000 bimbine all'anno in India; nel 2010 altri
studi denunciavano l'aborto fino a 600.000 feti femmine all'anno. Ad
oggi sono stimate mancare fino a 7.1 milioni di bambine nella fascia
d'età 0-6 anni in India secondo il Centre
for Global Health. Anche
su questo tema CIAI lavora in India dagli anni '90.
|
Gujarat, ragazze della comunità
di Lodai al doposcuola.JPG |
I matrimoni tra
due bambini, di cui parlavamo prima, sono anche la scelta più comoda
per genitori che vogliono che i loro figli accettino la loro scelta.
Generalmente in questo contesto si tratta di gestire, attraverso il
matrimonio, i rapporti tra famiglie appartenenti allo stesso clan o
tra clan alleati. In merito mi è capitato, durante una missione in
Gujarat, di osservare all'interno di un cortile una dozzina di
ragazzini maschi e femmine dai tre fino ai dodici anni, di cui otto
con l'orecchino. Ho scoperto che il grazioso monile sottolineava il
matrimonio già decretato del bambino o della bambina. Avveniva così
che data la penuria di strutture scolastiche i due promessi sposi, da
giovanissimi, potessero ritrovarsi nella stessa scuola. Immediata e
diretta conseguenza era il ritiro della bambina da scuola;
Un'ulteriore
giustificazione avanzata dalle famiglie riguarda la "sicurezza
delle bambine" dal rischio di violenza sessuale, e la dichiarata
ed obiettiva incapacità dei parenti, dato il contesto, di garantire
tale sicurezza. In India c'è infatti la convinzione che il
matrimonio della bambina, dando ufficialità ed approvazione sociale
all'avvio dell'attività sessuale della stessa, preservi l'onore del
clan dai rischi legati alle frequenti e violente attenzioni maschili
e dalla promiscuità tra giovani a scuola e nel contesto sociale. In
tal senso il matrimonio anticipato preserverebbe la verginità della
sposa fino al giorno delle nozze, garantendo la rispettabilità della
famiglia. Ed è un fatto che, data l'importanza osservabile della
violenza di genere, e sessuale in particolare, i giornali riportino
frequentemente notizia del suicidio dei genitori le cui figlie siano
state violentate.
Date le
condizioni di arretratezza e povertà di gran parte del contesto in
cui il matrimonio delle bambine avviene, è opinione che i genitori
vedano nel matrimonio la via per garantire alla bambina un futuro
socialmente ed economicamente migliore e sicuro.
La mancanza di
educazione e di conoscenza sulle conseguenze del matrimonio sulla
vita delle bambine da parte delle famiglie e delle comunità, la
scarsa applicazione della legge e la mancanza di volontà e d'azione
da parte delle amministrazioni locali sono ulteriori ed importanti
elementi perché in India il matrimonio delle bambine continui
indisturbato.
Quali
conseguenze ha un matrimonio precoce sulla vita delle giovani donne
ed, eventualmente, dei giovani uomini coinvolti?
Il
matrimonio precoce nega ai bambini i loro diritti fondamentali
inerenti la salute, la nutrizione, l'istruzione e libertà da
violenza, abusi e sfruttamento, negando loro l'opportunità di
svilupparsi completamente quali individui.
Partiamo dal
diritto al salute.
Corpo e psiche
delle bambine coinvolte sono messi in grave pericolo. Molto spesso la
bambina non è a conoscenza di ciò che realmente l'aspetta e delle
inerenti conseguenze. Il matrimonio, per sua stessa istituzione,
impone responsabilità sociali e fornisce "base legale"
all'attività sessuale ed alla procreazione.
Il matrimonio
precoce è l'avvio di frequente e non protetta attività sessuale,
con gravi conseguenze per la sua salute. Espone la bambina al rischio
di infezioni dell'apparato riproduttivo, a malattie sessualmente
trasmissibili e a una maternità precoce,
Questo significa
esporre la giovane madre e il suo bambino a rischio. Si aumenta il
tasso di mortalità infantile e la mortalità materna, così come
alla nascita di bambini con un basso peso alla nascita, malnutriti ed
aggravando il tasso anemico della bambina partoriente, innescando un
circolo vizioso in questo senso.
Per quanto
riguarda l'educazione?
Il matrimonio
precoce viola evidentemente anche il diritto della bambina
all'educazione. Le bambine restano analfabete e non qualificate.
Questo limita per sempre le loro opportunità d'occupazione e
l'indipendenza economica. E questo ha una ricaduta anche a livello
sociale.
Metti assieme la mancanza di istruzione, di
qualificazione professionale, la conseguente scarsa indipendenza
politica quale adulto e membro della comunità con il fatto che le
spose bambine sperimentano anche l'interruzione della propria rete
sociale, lasciandole prive di amici coetanei. L'isolamento sociale
pone alla bambina una serie di ulteriori sfide, limitando la capacità
di promuovere la propria salute, sviluppo e benessere e quella dei
propri figli.
Pur giustificando
il matrimonio precoce quale via per proteggere la bambina dalla
violenza, i genitori non capiscono che in realtà il matrimonio
precoce apre la porta a un ciclo vizioso e senza fine di violenza ed
abusi domestici.
E poi, come dicevi, la violenza nei confronti delle bambine assume a volte caratteri
persino più drammatici.
Sì, in
India il matrimonio precoce è talvolta utilizzato quale primo passo
per la tratta delle bambine a fini di sfruttamento sessuale e lavoro
forzato. Rapporti ufficiali dagli stati dell'Haryana, Punjab,
Gujarat, Madhya Pradesh, Uttar Pradesh e Rajasthan testimoniano: le
bambine sono vittime di "falsi matrimoni" e quindi vittime
di tratta e sfruttamento sessuale o lavorativo.
|
Gujarat, pastorizia minima
per le famiglie povere.JPG |
E l'evidente
preferenza per i bambini maschi in India, porta a pratiche di urgente
e drammatica attualità come il feticidio femminile e l'aborto
selettivo che contribuiscono ulteriormente ad aggravare il fenomeno
delle spose bambine. Perché, oltre alla terribile violenza
implicita, si traducono nella diminuzione del numero di ragazze
disponibili per il matrimonio (in alcuni regioni dell'India fino ad
800 bambine per 1000 maschi viventi) e, quindi, al fenomeno
dell'acquisto di giovani spose.
Immagino
che questi fenomeni siano la punta dell'iceberg di una società con
forti ineguaglianze a livello genere.
Certamente.
L'ineguaglianza di genere in India ha svariate manifestazioni: il
tasso sorprendentemente differente di mortalità (0-6) tra maschi e
femmine, indice di vera e propria negligenza nei confronti dei
diritti fondamentali della bambina; differenti tassi d'educazione,
oggi soprattutto secondaria; la differente partecipazione alla "forza
lavoro" ufficiale indiana convenzionalmente intesa; la
rappresentanza politica (nonostante gli sforzi recentemente
intrapresi); la trasmissione ereditaria patrilineare; la residenza
post-matrimoniale per la donna; il fenomeno della dote.
Ineguaglianze
che hanno una ricaduta sull'intera società indiana?
Sì,
l'ineguaglianza di genere (assieme ad altre disparità sociali che
tengono molte persone ai margini della cosiddetta, economicamente
parlando, "Nuova India”) non coinvolge soltanto la libertà e
i diritti di bambine e donne, ma influenza la vita di uomini ed
istituzioni che beneficerebbero di una più attiva, informata ed equa
ripartizione delle responsabilità tra uomini e donne nella vita
sociale e pubblica.
Come si
intende fronteggiare questa pratica?
Il progetto segue
l'approccio generale degli interventi CIAI in India, ed è un
approccio "rights-based" condiviso con il partner locale
che collaborerà al progetto.
Una parte
importante del progetto avrà come oggetto le Isole Andamane, un
contesto multiculturale e straordinario per la presenza di comunità
immigrate da ogni parte del subcontinente, dove però le ricchezza
delle tradizioni ha portato anche a una certa "pesantezza"
degli approcci alla questione genere e dove il matrimonio delle
bambine è fenomeno allarmante.
|
Gujarat, classe d'educazione
sessuale e riproduttiva.JPG |
Si tratta essenzialmente di
lavorare sul riconoscimento delle ineguaglianze di genere da parte
della società promuovendo il coinvolgimento di tutti i membri della
società, a partire dai giovani, donne e bambine, nella lotta al
matrimonio delle bambine, e promuovendo contemporaneamente un modello
positivo di ragazza/bambina "eroe", esempio di affermazione
economica e sociale attraverso il lavoro e di consapevolezza del
proprio diritto. Il progetto coinvolgerà tutte le componenti sociali
della comunità, dalle istituzioni alle assemblee politiche, ma
punterà su formazione e lavoro quale mezzi e traguardi per un
cambiamento accettabile e sostenibile del ruolo femminile nella
comunità.
In
termini pratici cosa fate?
Si raccolgono
dati circa l'esattezza del fenomeno nelle Andamane e
contemporaneamente si preparano staff e collaboratori ad affrontare
il progetto. Si forniscono informazioni e supporto ai bambini ed
adolescenti che frequentano i centri sociali di villaggi seguiti dal
progetto. Si supporta l'istituzione di "village Youth Clubs"
che possano energicamente aiutare lo svolgimento delle attività ed
in particolare delle campagne di informazione e degli eventi
culturali. Ci si concentra sul diritto delle bambine a partire
dall'educazione, promuovendo campagne di iscrizione scolastica delle
bambine che hanno abbandonato la scuola presso tutte le comunità
target. Si fornisce a tutte le bambine che frequentano i centri una
guida e la formazione circa le opportunità professionali e di
sviluppo nell'arcipelago.
Quali
professioni?
Si svilupperanno
4 filiere professionali economicamente promettenti date le condizioni
locali: Fashion Designing; Catering e ristorazione; Fisioterapia e
medicina Ayurvedica; Entertainment (danza/coreografia/canto). Tutte
le bambine che parteciperanno ai corso avranno l'opportunità di
visitare altri interventi ed iniziative in corso e saranno
ulteriormente formate alla gestione di un'autonoma iniziativa
imprenditoriale ("Income Generating Activity" Training
Program).
E per quanto
riguarda l'informazione alla popolazione?
Nei 26 villaggi
verranno istituiti centri di informazione stile "informagiovani"
con riferimenti alle iniziative economiche attive ed ai programmi di
formazione attivi sulle isole. Le amministrazioni locali e le
associazioni dei genitori saranno continuativamente stimolati nella
gestione di tutte le attività di formazione e presa di coscienza
circa il ruolo della donna ed il fenomeno del matrimonio forzato
delle bambine (Village level Gender Awareness Campaigns; villages'
Thematic Rallies). Le campagne di divulgazione e di conoscenza circa
le norme ed i diritti della bambine vedranno il diretto coivolgimento
dei gruppi locali (ex i gruppi di auto aiuto delle donne SHG) e delle
amministrazioni locali (Panchayat Raj Institution PRI). Le scuole e
gli insegnanti, i SMC (comitati di villaggio per la gestione della
scuola), i rappresentanti politici, i genitori saranno i beneficiari
specifici di campagne di informazione e conoscenza circa "Child
marriage and Child abuse" e diverranno i co-protagonisti,
assieme agli Youth Clubs, dell'intervento, diventando i principali
sorveglianti (watchdog) circa il fenomeno del matrimonio delle
bambine nelle rispettive comunità.
Grazie
Matteo adesso, se non ti dispiace, parliamo un po' di te, quale è
stato il tuo percorso di studi e professionale?
|
Tamil Nadu - Matteo Levi con un responsabile politico locale |
Dopo il liceo
linguistico, la laurea in legge e il master in cooperazione ho fatto
le prime esperienze nel mondo della "cooperazione" seguendo
le attività, quale volontario (due anni di corso propedeutico
all'esperienza di "volontariato internazionale", la
raccolta fondi ed il lavoro presso due commissioni progetto), presso
una Ong di Brescia (SVI). Con la stessa avrei dovuto avviare un
progetto di cooperazione in Zambia.
Non ho
esperienze di "associazionismo cattolico" e i miei
trascorsi all'oratorio di paese non sono mai andati oltre la partita
a pallone, tuttavia questa prima "pratica" presso
un'organizzazione laica, ma di chiara ispirazione cristiana, oltre ad
aver contribuito alla mia formazione, mi ha permesso di comprendere
il valore di esperienze di vita, impegno personale, lavoro e
condivisione, con (e al servizio dei) poveri in Africa ed America
Latina, di stupefacente vigore. Ho osservato che vivere
personalmente ed in profondità l'insegnamento morale delle
religioni, contenga una formidabile forza rivoluzionaria. Tutto
questo per dire che ciò mi ha in parte aiutato nell'assumere
"condivisione e partecipazione" quali prospettive di base
in questo lavoro.
Quindi
con questa prima organizzazione sei entrato in contatto con persone
che avevano avuto esperienze in Africa e America Latina. E tu quando
sei partito per la tua prima missione? E con chi?
Sono
partito nel 2006 per l'Africa, in Burkina Faso, paese al 183mo posto
sul 187 nell'indice di sviluppo umano (HDI 2012), come responsabile
di un progetto biannuale di cooperazione tecnico sanitaria gestito da
Medicus Mundi Italia e finanziato dalla Regione Lombardia. Il
progetto si occupava di HIV/AIDS, collaborava con il Ministero della
Salute del Burkina Faso, e dava supporto tecnico agli staff sanitari
degli Ospedali di S. Camillo con il supporto di professori e medici
dell'università degli Studi e degli Spedali Civili di Brescia.
Il progetto si muoveva nell'ambito del progetto di cooperazione
tecnica EU-AFRICA "Esther", il partenariato
interospedaliero finalizzato alla lotta all'AIDS. "égalité
des droits et justice pour tous"
tra le lezioni apprese dall'esempio di dignità e lotta per il
diritto alla salute ed alla vita delle centinaia di persone
sieropositive seguite dal progetto.
E
il CIAI quando arriva nella tua vita?
Proprio durante
l'esperienza in Burkina Faso sono entrato in contatto con CIAI ed il
suo ufficio locale. L'organizzazione aveva da poco avviato le
attività legate a "sostegno a distanza" ed al diritto
all'educazione nei villaggi più isolati della "brousse"
(savana), allora in forte espansione. Ho iniziato a collaborare al
progetto come project manager, ruolo che ho conservato fino al 2010.
Cosa fa il
CIAI in Burkina Faso?
In Burkina Faso
CIAI gestisce le attività progettuali con partners locali
conservandone tuttavia il coordinamento diretto. In un contesto
autoritario in rapida transizione p
|
Burkina Faso - Staff meeting tra Matteo e il collega Fabrice |
olitico economica, nonostante
l'estrema e diffusa povertà, analfabetismo, tradizioni culturali e
radicate credenze, in condizioni climatiche logoranti, il progetto è
di fatto riuscito a svolgere uno straordinario lavoro, garantendo il
diritto all'educazione per la prima generazione di studenti
provenienti dai villaggi più remoti, trasmettendo alle famiglie un
senso di solidarietà e unità verso un bene comune, ed aiutando
istituzioni ed amministrazioni locali a convergere verso uno
obiettivo condiviso in nome dello sviluppo del paese attraverso
l'educazione dei propri figli. Di questa straordinaria esperienza,
oltre ai volti di mille persone a scuola e nei villaggi, ricordo la
forza e tenacia di tutto lo staff CIAI Burkina che con passione e
sacrificio ha permesso che tante cose importanti prendessero vita.
E poi la
svolta: l'India.
Dopo quasi 5 anni
di impegno africano ho creduto opportuno cercare di condividere
questa esperienza con altre persone in altri contesti. S'era aperta
in quel periodo (fine 2010) la possibilità di lavorare in India con
CIAI ed immediatamente aderii all'idea. In India svolgo il lavoro di
responsabile di progetto e di rappresentante paese per CIAI. Tutti i
progetti lavorano in un'ottica "rights-based" e, dalla
base, cercano di condividere una parte del percorso di sviluppo con i
bambini, gli adolescenti, le famiglie e le comunità più
svantaggiate, lavorando sul concetto di partecipazione attiva e
contribuendo ad arricchire il dibattito democratico.
Quali sono gli
obiettivi del lavoro del CIAI di questi anni in India, (aldilà della
campagna attuale sulle spose bambine)?
I progetti CIAI
in India sono rappresentativi della straordinaria ricchezza del
subcontinente. Nell'approccio d'ogni intervento, come in Africa, si
aggiunga il contesto in rapida transizione politico economica,
l'estrema e diffusa povertà delle fasce sociali cui i nostri
progetti esclusivamente si rivolgono, analfabetismo diffuso, sistema
castale, ineguaglianze e tradizioni culturali che si intrecciano ad
una crescita economica tumultuosa, le cui "externalities" e
"social costs" affliggono principalmente i gruppi
tradizionalmente esclusi (caste inferiori e gruppi tribali), ed i cui
"utili" e rendite, mai condivisi, contribuiscono a
confermare ed accrescere le millenarie divisioni sociali fondate su
un intreccio di casta e censo.
E
la tua attività in cosa consiste?
Il mio lavoro
attuale si divide tra responsabilità di progetto, sviluppo delle
potenzialità d'intervento di CIAI in India e rappresentanza
dell'organizzazione verso istituzioni e partners. In India CIAI
implementa tutti i suoi progetti tramite Ong locali. Tra gli
obiettivi principali del lavoro rientra certamente il contributo alla
crescita di capacità e di visione dei partner indiani. L'approccio
di CIAI a cooperazione e sviluppo si fonda su esperienze di cura e
protezione dell'infanzia abbandonata. In tal senso il diritto alle
cure da parte di una famiglia e l'adozione, nazionale o
internazionale, costituiscono un supporto vitale. In tale contesto il
termine di riferimento è l'universalizzazione della prospettiva di
diritto del singolo bambino a prevalere (for all the children of the
world). Questa straordinaria esperienza di CIAI, fatta di ricerca e
cura dei dettagli, di attenzione al singolo, di sensibilità al
fattore umano, è la ricchezza che l'organizzazione cerca di
condividere anche nell'esperienza di cooperazione. Il nostro compito
in India è quello di contribuire alla crescita del livello del
dibattito pubblico circa l'importanza dei diritti umani fondamentali
(vita, salute, educazione) per tutti i cittadini, proponendo e
discutendo di "visioni" di vita e sviluppo con i partner
della società civile e coinvolgendo i responsabili pubblici nel
dibattito circa le scelte per il futuro dei bambini e delle nuove
generazioni.
E la tua
operatività quotidiana? Con chi collabori, con quali istituzioni ti
interfacci: come si svolge la tua giornata-tipo?
La collaborazione
con 6 colleghi indiani ed una collega italiana fa parte del mio
quotidiano. Le tradizioni locali, anche in tema di professionalità,
sono effettivamente "altre" rispetto a quelle europee. La
straordinaria diversità e ricchezza culturale delle persone si
riflette nel lavoro d'ufficio e ne determina i ritmi anche in uno
gruppo ridotto quale il nostro. Il rispetto dell'essenza divina e
della sua multiforme manifestazione quotidiana, la devozione per le
innumerevoli divinità ed il rispetto delle tradizioni familiari e la
ricerca filosofica personale, fanno della relazione professionale con
il collega (ed il partner) indiano un banco di prova e di sensibilità
non indifferenti per chi cerca di mantenere un approccio "razionale"
alle cose. A questo si aggiunga il fatto che pur essendo una
questione "tabù", la differenza di casta e tradizione
religiosa in ambito lavorativo è comunque un fatto "riconosciuto"
dalle persone, e questo influenza sempre gli equilibri all'interno
dello gruppo che si occupa di gestire un progetto. Anche in questo
caso il mio quotidiano servizio di "staff builder" deve
adattarsi alle condizioni di terreno. Le istituzioni che
quotidianamente lavorano con noi sono i rappresentanti delle
organizzazioni partner, dai responsabili al gruppo terreno, ognuno
secondo responsabilità e ruolo. Per un progetto di cooperazione,
come per ogni lavoro, il risultato è la somma di mille interventi,
riunioni, discussioni, lettere, decisioni prese ed azioni svolte
verso una direzione condivisa, coinvolgendo nel processo decisionale
i reali protagonisti del "cambiamento", appunto i bambini,
le donne e gli uomini delle comunità presso cui interveniamo. E
questo è il lavoro giornaliero mio e di tutto il nostro gruppo. La
nostra sfida quotidiana è appunto quella di riuscire a mantenere la
direzione nonostante la generale propensione all'anarchia del
subcontinente. Il nostro lavoro ci permette inoltre di viaggiare e
vedere direttamente luoghi straordinari e volti di beneficiari e
collaboratori. Quando siamo sul terreno respiriamo quell'aria che
finalmente ci conferma della bontà delle scelte fatte.
@ 2014 Marco Ardemagni - Fotografie di Matteo Levi