martedì 24 marzo 2015

Non ho avuto un attimo


Come a quasi tutte le persone che conosco, capita anche a me di non riuscire a tener fede alla promessa di fare una certa cosa. La pigrizia, la dimenticanza, la mancanza di tempo mi portano talvolta a dare buca.

Spesso sono proprio i migliori amici, che presuppongo essere più comprensivi nei miei confronti, a farne le spese. Con un tempo limitato a disposizione, forse sbagliando, preferisco tener fede agli obblighi verso gli estranei, per non fare brutta figura con loro, trascurando le richieste degli amici, confidando nel perdono di chi mi vuole bene. "Mandami l'indirizzo di quell'albergo a Sanremo", "Ti ho spedito una copia del mio ultimo libro di racconti per bambini di tre anni, mi dici cosa ne pensi?" "Tutte le mattine mi alleno al Parco di Trenno vieni con me una volta?". La mia risposta, lì per lì positiva, si tramuta, nel corso dei giorni, delle settimane, dei mesi, in una plateale inadempienza.

Quando poi mi capita di rincontrare l'amico o l'amica, la giustificazione standard è: "mi spiace, ma non ho avuto un attimo". Ma riflettendoci bene, questo è vero fino a un certo punto. Lo so io, ma lo comprende anche l'amico e l'amica che, specialmente in tempi di social network, ha avuto modo di apprezzare quanto del mio tempo recente è stato speso, ad esempio, nella stesura di 
tweet, aggiornamenti di status e post di scarsa utilità sociale, proprio come questo. 

La verità è che NON è vero che "non ho avuto un attimo", ma è vero che quando ho avuto l'attimo non mi è venuto in mente di fare quella cosa lì.  Questa è la vera verità, il più delle volte (opzione 1).

Oppure (opzione 2, caso più raro), mi è venuto sì in mente, ma mi risultava troppo scomodo o stancante fare esattamente quella cosa lì in quel momento.

Nessun amico vero è così stronzo da risponderti: "Ah Marco, tu non hai avuto un attimo? E allora perché da quel giorno in cui te l'ho chiesto hai già scritto dodici post sul tuo blog?".

Ma qualora l'amico fosse così urticante da chiedermelo io potrei quindi rispondere senza sentirmi particolarmente in colpa: "quelle poche volte in cui ero libero non mi è venuto in mente" (opzione 1) oppure "quando avevo del tempo libero ero troppo stanco per leggere i tuoi racconti per bambini di tre anni, ma non abbastanza stanco da non riuscire scrivere i miei post" (opzione 2). E se questa seconda spiegazione sembra strana, chiunque ammetterà che anche dopo una cena in cui si è riempito a dismisura, magicamente un posto per il dolce, chi ama i dolci, lo trova sempre.

Poi ci sono anche (ma personalmente sono piuttosto rare), le volte in cui ho dato scientemente bassa priorità a quella promessa (opzione 3). In questi casi faccio fatica ad ammettere la mia inadempienza, però spero sempre che gli amici veri possano capire.

Per descrivere questa condizione dello spirito, ovvero il falso non-ho-avuto-un-attimismo, manca una parola. Share, il programma di Gianluca Neri e Daniela Collu (Stazzitta) a Radio2, censisce nella rubrica Come non detto proposte di parole che colmano questi buchi lessicali. Sabato 14 ne ho proposte due che avevo nel cassetto da tempo (ci avevo scritto anche dei post): il penultimismo (la soddisfazione di avere almeno uno che sta peggio di te, tipica dei media italiani quando escono le statistiche sul PIL o sulla libertà di stampa) e il correlato scansapalismo (l'opinabile virtù di chi evita l'errore più diffuso e se ne bulla, ma ne commette altri, come il ristoratore milanese che non eccede con la rucola, però cucina male).

Ora però dobbiamo trovare il termine che descrive la condizione di chi, come me, non fa qualcosa, ma non esattamente perché "non ha avuto un attimo". Proposte?

4 commenti:

  1. Il socialspreco?

    RispondiElimina
  2. Pseudo crono-oberato. Anche l'amico a volte si comporta nello stesso modo.

    RispondiElimina
  3. spaziotemporalità o cronotopia ristretta.
    Fa figo, non si capisce cosa vuol dire e nel contempo trova fondamenti in Einstein.

    RispondiElimina