Tutti gli anni, verso maggio, vado dal medico di famiglia per ottenere gli antistaminici indispensabili a fronteggiare la mia allergia ai pollini. E tutti gli anni, da quando ne ho compiuti quaranta, lui mi prescrive anche un'analisi del sangue e un elettrocardiogramma. La prescrizione resta sul cassettone per qualche settimana, poi viene inesorabilmente persa. Quest'anno ho saltato la visita primaverile, perché avevo ancora una scatola di antistaminici dell'anno scorso. Incidentalmente negli ultimi anni, la mia allergia è passata da primaverile ad autunnale, cioè l'ambrosia (fioritura in agosto-settembre) è diventata molto più molesta delle graminacee (fioritura in maggio-giugno).
Però quest'anno ho deciso di prendere il toro per le corna e mi sono presentato da lui alla fine del periodo delle allergie, solo per portare finalmente a termine analisi del sangue ed elettrocardiogramma, al quale lui ha aggiunto una agghiacciante colonscopia vista la mia età e predisposizione familiare al cancro all'intestino.
Esco dal suo studio, venerdì scorso, con le prescrizioni e il consiglio di recarmi la mattina successiva all'ospedale di un paesone confinante con il mio dove avrebbero eseguito il giorno stesso analisi del sangue ed elettrocardiogramma. Mentre per la colonscopia mi suggeriva di prenotarla in un altro ospedale dove la lista di attesa invece di essere di tre mesi era solo di uno.
Alle 9,35 (ora antelucana per me) mi presento all'ospedale, chiedo in portineria dove si eseguono i prelievi, mi viene indicato il laboratorio di analisi, lo raggiungo e scopro che chiude alle 9,15. Mi domando perché per farsi bucare occorra predisporsi a una levataccia. E mi appresto a tornare a casa con le pive nel sacco.
Chiedo, per scrupolo: "immagino che anche per l'elettrocardiogramma..." e invece no, per l'elettrocardiogramma, inspiegabilmente, gli orari sono diversi: chiudono alle 10! (sticazzi) "vada pure su".
Vado su, e arrivo all'accettazione: "Eh no, deve pagare il ticket" devo tornare giù e poi uscire, andare in un'altra palazzina.
E nella palazzina c'è la "cassa/accettazione". Qui di fronte a tre sportelli stazionano una 30 di persone, ognuna dotata di numerino tipo salumeria. Le tre impiegate agli sportelli sono molto lente, o meglio, sono gli utenti ad essere lenti. Sembra che non esista una pratica semplice. Tutti hanno un caso particolare, una cosa che non hanno capito, una querimonia da presentare. Mi viene voglia di ascoltarli ad uno ad uno e poi presentare un piano di formalizzazione delle richieste alla direzione sanitarie.
La coda procede con lentezza estenuante: ho 25 minuti a disposizione, gli sportelli sono tre, ma il tempo passa inesorabile. Inoltre gli sportelli vengono utilizzati anche, come unico punto di informazione, da utenti privi di numerino che si insinuano con brevi domande, tra un utente numerato e l'altro. C'è anche un quarto sportello, completamente privo di coda, che però è destinato solo al laboratorio di odontostomatologia.
Ore 9.58 finalmente tocca a me. Mi presento allo sportello, con l'impegnativa, decido di pagare il ticket anche per le analisi del sangue di domani e di prenotare la colonscopia. Però mostro prima l'impegnativa per l'elettrocardiogramma. L'impiegata mi fa: "aspetti, gli esami chiudono alle 10". "appunto, sono le 9.58, se lei si sbriga con il foglietto, io corro su e arrivo alle 9.59 in perfetto orario". O alla peggio "pago oggi, e poi vengo a fare l'esame domani, così mi trovo la fila già fatta". "eh no, non si può fare l'accettazione per domani". Scopro così che il pagamento fa parte dell'accettazione. Così se non mi prendono oggi, domani dovrò rifare la coda. "beh poco male, tanto dovrò rifarla anche per le analisi del sangue". "eh no" mi guarda schifata "le analisi del sangue le gestiscono loro".
Insomma lei chiama e "ok, la prendono" (come dire: "che sia l'ultima volta che si presenta alle 9.58"). Pago 11,36 euri (cifra studiata da un comitato di esperti). A questo punto, visto che ormai ero stato "accettato" mostro anche la prenotazione della colonscopia. Mi guarda ancora più schifato "per quella andiamo a giugno 2008".
Salgo all'accettazione dell'elettrocardiogramma. E' con ogni probabilità l'impiegata che era stata sentita dalla cassa. Prende la mia prenotazione, compila dei fogli, compreso uno per il ritiro degli esami "da domani tra le 8 e le 19" e poi mi dice: "si accomodi". Non capisco se devo accomodarmi già nella sala per l'elettrocardiogramma o aspettare tra le altre dieci persone sedute in questro androncino. Poi, visto che la porta è chiusa, decido di sedermi.
In questi posti non capisci mai se devi annunciarti all'infermiera o aspettare che esca lei sbraitando il tuo cognome o ancora aspettare che esca lei sbraitando il tuo numero invece del cognome (per la privacy). E poi non si capisce mai se le persone sedute attorno a te stanno aspettando la tua stessa cosa.
Vedo che sono dieci e mi immagino un'ora di coda. Prendo il coraggio e mi rivolgo all'impiegata: "stanno aspettando tutti l'elettrocardiogramma", perché se è così "vado a prendere il giornale". Non crede alle sue orecchie "andare a prendere il giornale", le sembra sicuramente un atto sovversivo. Se lo fa ripetere tre volte, alla fine mi confessa, iper-schifata, che no, non sono lì tutti per la stessa cosa e che verrò servito tra dieci minuti.
In effetti in dieci minuti vengo servito, la gentile infermiera mi ricorda che gli esami saranno disponibili in portineria, da domani tra le 8 e le 18 (non erano le 19?). Esco dall'ospedale e vado a fare il passaporto.
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