giovedì 19 novembre 2009
L'appendicectomia veloce
Nel paese di Zorlandia i chirurghi sono molto lenti nell'asportare appendici. L'opinione pubblica è molto irritata: «Voi medici siete una vergogna nazionale», «All'estero ci mettono un'ora a operare, perché voi ce ne mettete tre?»
«La colpa» si difende un medico, «è dell'amministrazione che non ci mette a disposizione strumenti adeguati.»
«No, purtroppo sono i nostri chirurghi ad essere particolarmente inefficienti» risponde il direttore sanitario.
«Dobbiamo anche ammettere che all'estero molta meno gente chiede di essere operata» puntualizza un noto opinionista, «è il sovraffollamento a mandare in tilt il sistema».
Tra le numerose appendici che attendono di essere asportate, ce n'è una che è riuscita a diventare capo di Zorlandia.
Anche l'Appendice-capo si mostra indignata: «Tre ore per operarci? È uno scandalo. Da oggi per legge i medici devono asportarci in trenta minuti: la chiameremo legge della “appendicectomia veloce”».
«Continuano a mancarci i bisturi, non potremo essere più rapidi neanche di un minuto!» protesta il medico.
«Non ci hanno dato i fondi per assumere neanche un medico bravo in più, come potremo migliorare?» si dispera il direttore sanitario. «E la gente continua ad affollare le sale operatorie, serve una campagna di informazione» fa eco l'opinionista.
«Ma quali bisturi, assunzioni e campagne: queste cose costano!» risponde l'Appendice-capo. «Voi medici dovete operare come avete sempre fatto. Dopo mezzora richiudete il paziente, così come si trova: se avete finito di operare, bene, se invece non avete finito, amen. Viva l'appendicectomia veloce, e chi è contro di me, vuol dire che predilige la chirurgia lenta, vergogna!».
Il racconto finirebbe qui, ma c'è un appendice.
Domani doveva essere operata anche l'Appendice-capo, ma ieri sera ha chiesto all'equipe medica di rimandare per un impegno importante: deve incontrarsi con il colon. L'essere umano che la ospita è teso: teme la peritonite. Forse verrà un giorno che riuscirà ad andare anche lui sotto i ferri, ma è sicuro come l'oro che trenta minuti non basteranno. Meglio che se ne faccia una ragione subito, vivrà con l'appendice infiammata ancora a lungo.
Questa volta è toccato a Trapattoni (ma potrebbe capitare ad ognuno di noi)
Wednesday, bloody wednesday! Questa volta è toccato al Trap, ma in futuro potrebbe capitare ad ognuno di noi, o a qualcuno dei nostri cari.
Il fatto che in questo caso non siano direttamente coinvolte le nostre squadre ci permette di essere più pacati e obiettivi: questo calcio è una vergogna planetaria. Se non siete in grado di arbitrare dignitosamente, fatevi aiutare, attualmente sono disponibili degli interi capannoni di ausili tecnici infallibili (o molto meno fallibili di voi)!
Cinque secondi dopo l'azione decisiva di Francia-Irlanda c'erano milioni di persone perfettamente consapevoli di cosa era effettivamente successo, l'avevano visto in TV: Henry aveva giocato a pallamano. Perché mai la decisione cruciale deve essere presa da un signore che, volendo essere gentili con lui, è uno dei pochi che NON sa esattamente cosa è successo e, anche se volesse informarsi, NON può farlo (!), salvo chiedere a un altro signore (il guardalinee) che, il più delle volte, è disinformato tanto quanto lui? In quale altra disciplina umana avviene questo?
Proviamo a immaginare in medicina: "Guardi signor Ardemagni, non la opera il dottor Pasottelli che può vedere le sue lastre, la TAC e la risonanza, ma la opera il dottor Fagnazzo, a occhio nudo". Accetteremmo questo?
O in ingegneria: "il ponte dovrebbe reggere il carico, a occhio. Sì, lo so che lei ha i calcoli precisi, ma io non posso vederli e comunque decido io".
Qualcuno potrebbe obiettare che il calcio è meno importante della vita di un uomo o della stabilità di un ponte. Beh, per la verità, il calcio, da qualsiasi parte lo si prenda, a partire dal fatturato fino all'impatto sociale e psicologico, è un fatto maledettamente importante. Ed è tanto importante che i politici che lo reggono non sono disposti ad accettare facilmente che a una manifestazione importante manchi una della "major" (si può sopportare un anno di Juve in serie B o un europeo senza l'Inghilterra, ma non molto di più); tanto che i politici che lo reggono non sono disposti ad accettare il bello del calcio: la sua imprevedibilità. Del resto, si sa, l'imprevedibilità è sì il bello dello sport, ma è la rovina di ogni impresa commerciale: come fai a fare dei piani di investimento se non sai quanti e quali tifosi seguiranno una certa manifestazione? No, meglio mantenere qualche leva per potere pilotare gli eventi e continuare arbitrare "a occhio" è certamente uno di questi, così come la mancata introduzione del tempo effettivo, eccetera, eccetera.
Per ridurre il margine di imprevedibilità si potrebbe eventualmente adottare un sistema più crudele, ma più onesto: quello dell'NBA, dove sono abolite le retrocessioni e le promozioni. Ma no, non si vuole questo: per motivi di marketing tutti i paesi devono poter partecipare ed eventualmente vincere il mondiale: dal Brasile a Montserrat (prima e ultima nel ranking FIFA). E così mentre Blatter e Platini distraggono il povero Trap con la foto di De Coubertin, l'arbitro Martin gli infila l'ombrello di Altan, trovando peraltro l'orifizio già pervio per la precedente intrusione dell'arbitro Moreno nel 2002.
Un'intrusione innaturale? Ma no! Per la politica del calcio, è la moviola in campo quella che snaturerebbe!
Beh, adesso che ci penso, forse c'è un'altra disciplina umana dove a prendere le decisioni sono spesso i meno informati (anche se in questo caso non sarebbe loro vietato di informarsi): la politica. La politica, appunto. Proprio quella che regge il calcio.
venerdì 13 novembre 2009
Un Giornale, anzi quattro.
Stamattina, leggendo il Giornale, mi sono sorpreso a pensare che quando si arriva a parlare di giustizia e delle disavventure giudiziarie di Berlusconi, non è sempre così facile capire cosa possa esserci nella mente dell'elettore di destra e più in particolare del "lettore ideale" (ovviamente più berlusconiano che finiano) del quotidiano diretto da Vittorio Feltri.
In particolare mi piacerebbe conoscere le risposte del "lettore ideale" o, più realisticamente, di ogni lettore effettivo a due domande fondamentali. La prima è: "Secondo te, le accuse mosse a Berlusconi sono, di per sé, gravi o no?". E la seconda è, brutalmente: "Secondo te, le accuse di cui sopra sono vere o false?".
Immagino - ma sono pronto a cambiare idea se mi dimostrano il contrario - che una parte di loro queste due domande, così esplicitamente, così brutalmente, non se le sia mai poste, perché su questi temi prevale spesso l'irrazionalità ispirata dalla propaganda dei vari schieramenti.
In attesa delle eventuali risposte mi piace immaginare di poter dividere, su questi temi, i lettori de il Giornale grosso modo in quattro gruppi:
1. Gli innocentisti: "Silvio è innocente". Alla seconda domanda (accuse vere o false) rispondono: "Le accuse sono false". Alcuni lo faranno per partito preso, altri perché si sono informati. La prima domanda invece (cioè se le accuse sono di per sé gravi o meno) è a questo punto irrilevante.
Mi piace però immaginare che possa esistere un piccolo sottogruppo di questo gruppo, gli innocentisti possibilisti, della cui esistenza però non ho segnale, che pensa sinceramente: "Oh, le accuse per me sono false, ma se mi portassero delle prove inoppugnabili che sono vere, allora cambierei idea e magari anche partito".
2. I fedelissimi: "Silvio è un bravissimo politico, di cui il paese non deve fare a meno, anche se dovesse risultare che ha corrotto Mills eccetera." Questi ritengono la seconda domanda (accuse vere o non vere) poco importante. Perché per loro la domanda importante è la prima (accuse gravi o non gravi). E a questa rispondono: "Le accuse, anche se fossero confermate, non sono abbastanza gravi da farci rinunciare a uno statista di questa levatura".
Un sottogruppo di questo gruppo 2 potrebbe essere quello, ipotizzato dal dr. Gola, dei fedelissimi colpevolisti, cioè il gruppo di coloro che ritiene Silvio un "adorabile mascalzone", quelli che pensano: "Per me magari è anche colpevole, più sì che no, ma mi piace troppo".
3. I cosifantuttisti: Secondo questi Silvio da un punto di vista dell'onestà, è grosso modo nella media di un paese dove "spesso l'idraulico non ti fa la fattura" o, quantomeno, nella media, che si ritiene ancora un po' più bassa, dei politici. Secondo i più oltranzisti tra di loro (i cosifantuttisti innocentisti) Silvio starebbe addirittura nella parte sinistra della classifica dell'onestà. Anche questi, come quelli del gruppo 2, ritengono la seconda domanda (accuse vere o non vere) poco importante. Forse i meno oltranzisti (i cosifantuttisti colpevolisti) del gruppo sono disposti anche ad ammettere che alcune delle accuse potrebbero essere vere, MA. Ma chissà quanti scheletri negli armadi hanno gli altri, ma le Coop rosse, ma il caso Consorte, ma le tessere del PD in Campania, ma la sanità in Puglia eccetera... Per questi la differenza tra Berlusconi e il resto del mondo è solo che Silvio, rispetto agli altri, è molto più martellato dalla magistratura orientata politicamente. E per quanto riguarda la prima domanda (accuse gravi o non gravi) più o meno risponde: "Sarebbero accuse gravi se lui fosse l'unico a comportarsi così, ma - appunto - così fan tutti".
4. I tifosi: Questi sono quelli che vogliono vincere la partita contro la sinistra ad ogni costo. E Silvio in questo è un grande bomber. Non importa se eventualmente qualche volta Silvio ha segnato in fuorigioco o con la mano, la partita si deve vincere, un po' per il bene del paese, un po' perché metterla in quel posto ai comunisti è sempre bello. Questo gruppo, più degli altri tre, se la prende con l'arbitro (la giustizia orientata) che vuole fischiare sempre contro Silvio, anche quando avrebbe ragione e non gli vuole far vincere il campionato, nonostante Silvio abbia vinto a mani basse la partita decisiva: le elezioni. Questi ovviamente alla domanda 1 rispondono: "Ma quali accuse gravi? Dobbiamo vincere la partita!". E alla 2 sono poco appassionati, finché l'arbitro non fischia un rigore contro o annulla un gol, a loro non importa se regolare o no, a Silvio.
Ovviamente in ogni persona posso convivere una o più di queste tendenze, però questa, a grandi linee, è la suddivisione che immagino.
Ora come ben si può vedere, soltanto un piccolo sottogruppo del gruppo 1 (sottogruppo del quale ipotizzo, ma non conosco l'esistenza) ha qualche interesse a conoscere se le accuse a Silvio Berlusconi sono veritiere. Tutti gli altri sono naturalmente ben disposti ad accettare revisioni della giustizia che possono favorire la facile risoluzione dei suoi problemi giudiziari, soprattutto perché ritengono la prima domanda (le accuse sono gravi o no?) poco rilevante o, meglio, rilevante con risposta "no" o "non particolarmente".
Domanda per i lettori de il Giornale: in quale gruppo vi riconoscete? E per tutti: quale dei quattro gruppi vi sembra più numeroso?
In particolare mi piacerebbe conoscere le risposte del "lettore ideale" o, più realisticamente, di ogni lettore effettivo a due domande fondamentali. La prima è: "Secondo te, le accuse mosse a Berlusconi sono, di per sé, gravi o no?". E la seconda è, brutalmente: "Secondo te, le accuse di cui sopra sono vere o false?".
Immagino - ma sono pronto a cambiare idea se mi dimostrano il contrario - che una parte di loro queste due domande, così esplicitamente, così brutalmente, non se le sia mai poste, perché su questi temi prevale spesso l'irrazionalità ispirata dalla propaganda dei vari schieramenti.
In attesa delle eventuali risposte mi piace immaginare di poter dividere, su questi temi, i lettori de il Giornale grosso modo in quattro gruppi:
1. Gli innocentisti: "Silvio è innocente". Alla seconda domanda (accuse vere o false) rispondono: "Le accuse sono false". Alcuni lo faranno per partito preso, altri perché si sono informati. La prima domanda invece (cioè se le accuse sono di per sé gravi o meno) è a questo punto irrilevante.
Mi piace però immaginare che possa esistere un piccolo sottogruppo di questo gruppo, gli innocentisti possibilisti, della cui esistenza però non ho segnale, che pensa sinceramente: "Oh, le accuse per me sono false, ma se mi portassero delle prove inoppugnabili che sono vere, allora cambierei idea e magari anche partito".
2. I fedelissimi: "Silvio è un bravissimo politico, di cui il paese non deve fare a meno, anche se dovesse risultare che ha corrotto Mills eccetera." Questi ritengono la seconda domanda (accuse vere o non vere) poco importante. Perché per loro la domanda importante è la prima (accuse gravi o non gravi). E a questa rispondono: "Le accuse, anche se fossero confermate, non sono abbastanza gravi da farci rinunciare a uno statista di questa levatura".
Un sottogruppo di questo gruppo 2 potrebbe essere quello, ipotizzato dal dr. Gola, dei fedelissimi colpevolisti, cioè il gruppo di coloro che ritiene Silvio un "adorabile mascalzone", quelli che pensano: "Per me magari è anche colpevole, più sì che no, ma mi piace troppo".
3. I cosifantuttisti: Secondo questi Silvio da un punto di vista dell'onestà, è grosso modo nella media di un paese dove "spesso l'idraulico non ti fa la fattura" o, quantomeno, nella media, che si ritiene ancora un po' più bassa, dei politici. Secondo i più oltranzisti tra di loro (i cosifantuttisti innocentisti) Silvio starebbe addirittura nella parte sinistra della classifica dell'onestà. Anche questi, come quelli del gruppo 2, ritengono la seconda domanda (accuse vere o non vere) poco importante. Forse i meno oltranzisti (i cosifantuttisti colpevolisti) del gruppo sono disposti anche ad ammettere che alcune delle accuse potrebbero essere vere, MA. Ma chissà quanti scheletri negli armadi hanno gli altri, ma le Coop rosse, ma il caso Consorte, ma le tessere del PD in Campania, ma la sanità in Puglia eccetera... Per questi la differenza tra Berlusconi e il resto del mondo è solo che Silvio, rispetto agli altri, è molto più martellato dalla magistratura orientata politicamente. E per quanto riguarda la prima domanda (accuse gravi o non gravi) più o meno risponde: "Sarebbero accuse gravi se lui fosse l'unico a comportarsi così, ma - appunto - così fan tutti".
4. I tifosi: Questi sono quelli che vogliono vincere la partita contro la sinistra ad ogni costo. E Silvio in questo è un grande bomber. Non importa se eventualmente qualche volta Silvio ha segnato in fuorigioco o con la mano, la partita si deve vincere, un po' per il bene del paese, un po' perché metterla in quel posto ai comunisti è sempre bello. Questo gruppo, più degli altri tre, se la prende con l'arbitro (la giustizia orientata) che vuole fischiare sempre contro Silvio, anche quando avrebbe ragione e non gli vuole far vincere il campionato, nonostante Silvio abbia vinto a mani basse la partita decisiva: le elezioni. Questi ovviamente alla domanda 1 rispondono: "Ma quali accuse gravi? Dobbiamo vincere la partita!". E alla 2 sono poco appassionati, finché l'arbitro non fischia un rigore contro o annulla un gol, a loro non importa se regolare o no, a Silvio.
Ovviamente in ogni persona posso convivere una o più di queste tendenze, però questa, a grandi linee, è la suddivisione che immagino.
Ora come ben si può vedere, soltanto un piccolo sottogruppo del gruppo 1 (sottogruppo del quale ipotizzo, ma non conosco l'esistenza) ha qualche interesse a conoscere se le accuse a Silvio Berlusconi sono veritiere. Tutti gli altri sono naturalmente ben disposti ad accettare revisioni della giustizia che possono favorire la facile risoluzione dei suoi problemi giudiziari, soprattutto perché ritengono la prima domanda (le accuse sono gravi o no?) poco rilevante o, meglio, rilevante con risposta "no" o "non particolarmente".
Domanda per i lettori de il Giornale: in quale gruppo vi riconoscete? E per tutti: quale dei quattro gruppi vi sembra più numeroso?
venerdì 23 ottobre 2009
Come mandare in vacca un dibattito televisivo - Lezione 2
Per chi si fosse perso la prima puntata.
Un altro metodo infallibile per creare una densa cortina di fumo (quando ci si trova in un momento di difficoltà nel corso di un dibattito politico in tv) consiste buttar lì una frase che sia al tempo stesso irritante per l'avversario, ma impossibile da verificare al volo per il conduttore. Perfetta allo scopo: "I media sono tutti di sinistra" o "I media sono tutti di destra". Per dirimere questa infinita diatriba si sono spese decine di ore in dibattiti (e zuffe) televisive. Teoricamente un bravo conduttore dovrebbe essere in grado di fermare ogni discussione basata su affermazioni e numeri non verificati, ma alla fine non lo fa quasi mai. Forse perché non è in grado di farlo o forse perché non gli interessa tanto appurare la verità quanto fare comunque ammuina o forse ancora perché non vuole deprimere il suo gentile ospite, ma intanto la mossa è andata a punto.
Ma la domanda "i media sono di sinistra o di destra?" presenta alcune effettive difficoltà specifiche. Come potremmo tentare di risolverle?
La prima, e più ovvia, soluzione sarebbe quella di istituire un ente riconosciuto da tutti che, su questo tema, emetta un report (che so, mensile), cosicché tutti debbano, al massimo, citarne i dati. Se esistesse un ente del genere in un dibatto televisivo sarebbero accettabili solo frasi come “nonostante la sinistra (o la destra) abbia una leggera prevalenza nei media, vedi relazione dell'ente, siamo riusciti a vincere le elezioni”. Se esistesse un ente del genere. Ma, toh, questo ente c'è già: è l'Osservatorio di Pavia. Ma, evidentemente, quelli che non concordano con i suoi responsi invece di sfidare scientificamente le sue valutazioni fino, eventualmente, a dimostrare che sono false e ottenerne la correzione, preferiscono fare finta di non conoscerle e buttare tutto in confusione come se il dato non esistesse. Perché i conduttori permettono questo? Perché la rissa paga.
Seconda proposta: non ci si vuole basare sull'Osservatorio di Pavia. No problem. Ogni conduttore di dibattito TV può buttare giù una tabella con una lista di media, dove per ogni media (massimo venti però!) vengano indicati due parametri: potere d'influenza e orientamento politico. Vediamo.
Partiamo dal potere d'influenza. TG1 e TG5 hanno insieme un potere d'influenza del 60%, (cito a memoria un dato - credo - ancora dell'osservatorio di Pavia): cioè l'opinione del 60% degli italiani si formerebbe su uno di questi due mezzi. Semplificando brutalmente, è solo un esempio, diciamo che il TG1 vale 30 e il TG5 altri 30 (quindi tutte le altre “righe” della tabella al massimo varranno 40). Poi calcoliamo l'orientamento (per convenzione facciamo che molto di sinistra = 0, equilibrato = 50, molto di destra = 100). A questo punto basta riempire la tabella (oh, è solo un esempio!)
e così via.
Il totale di tutte le righe della colonna di destra darà un valore da 0 a 10000: se sta sotto i 5000 vuol dire che i media pendono a sinistra, se supera i 5000 pendono a destra. Se in un dibattito TV un ospite afferma che pendono dall'altra parte, gli si estrae la tabella, con la quale nel frattempo sarà diventato familiare, e gli si chiede: dov'è che è sbagliata? Lui, se è uomo vero, dirà ad esempio “Avete sovrastimato l'influenza sull'opinione pubblica del Messaggero!” o “Il TG1 non è così di destra!”. A quel punto si passerà, casomai, ad analizzare l'operato del TG1 o del Messaggero più nel dettaglio.
Volendo fare una tabella supersemplificata si potrebbero accorpare tutti i media, toh, il famoso sistema integrato dell'informazione! in una dozzina di righe. Ecco la mia proposta di tabella. Provate a riempirla con i vostri valori. Io i miei li pubblico la prossima volta.
Un altro metodo infallibile per creare una densa cortina di fumo (quando ci si trova in un momento di difficoltà nel corso di un dibattito politico in tv) consiste buttar lì una frase che sia al tempo stesso irritante per l'avversario, ma impossibile da verificare al volo per il conduttore. Perfetta allo scopo: "I media sono tutti di sinistra" o "I media sono tutti di destra". Per dirimere questa infinita diatriba si sono spese decine di ore in dibattiti (e zuffe) televisive. Teoricamente un bravo conduttore dovrebbe essere in grado di fermare ogni discussione basata su affermazioni e numeri non verificati, ma alla fine non lo fa quasi mai. Forse perché non è in grado di farlo o forse perché non gli interessa tanto appurare la verità quanto fare comunque ammuina o forse ancora perché non vuole deprimere il suo gentile ospite, ma intanto la mossa è andata a punto.
Ma la domanda "i media sono di sinistra o di destra?" presenta alcune effettive difficoltà specifiche. Come potremmo tentare di risolverle?
La prima, e più ovvia, soluzione sarebbe quella di istituire un ente riconosciuto da tutti che, su questo tema, emetta un report (che so, mensile), cosicché tutti debbano, al massimo, citarne i dati. Se esistesse un ente del genere in un dibatto televisivo sarebbero accettabili solo frasi come “nonostante la sinistra (o la destra) abbia una leggera prevalenza nei media, vedi relazione dell'ente, siamo riusciti a vincere le elezioni”. Se esistesse un ente del genere. Ma, toh, questo ente c'è già: è l'Osservatorio di Pavia. Ma, evidentemente, quelli che non concordano con i suoi responsi invece di sfidare scientificamente le sue valutazioni fino, eventualmente, a dimostrare che sono false e ottenerne la correzione, preferiscono fare finta di non conoscerle e buttare tutto in confusione come se il dato non esistesse. Perché i conduttori permettono questo? Perché la rissa paga.
Seconda proposta: non ci si vuole basare sull'Osservatorio di Pavia. No problem. Ogni conduttore di dibattito TV può buttare giù una tabella con una lista di media, dove per ogni media (massimo venti però!) vengano indicati due parametri: potere d'influenza e orientamento politico. Vediamo.
Partiamo dal potere d'influenza. TG1 e TG5 hanno insieme un potere d'influenza del 60%, (cito a memoria un dato - credo - ancora dell'osservatorio di Pavia): cioè l'opinione del 60% degli italiani si formerebbe su uno di questi due mezzi. Semplificando brutalmente, è solo un esempio, diciamo che il TG1 vale 30 e il TG5 altri 30 (quindi tutte le altre “righe” della tabella al massimo varranno 40). Poi calcoliamo l'orientamento (per convenzione facciamo che molto di sinistra = 0, equilibrato = 50, molto di destra = 100). A questo punto basta riempire la tabella (oh, è solo un esempio!)
Media | Influenza | Orientamento | |
TG1 | 30 | 70 | 210 |
TG5 | 30 | 70 | 210 |
e così via.
Il totale di tutte le righe della colonna di destra darà un valore da 0 a 10000: se sta sotto i 5000 vuol dire che i media pendono a sinistra, se supera i 5000 pendono a destra. Se in un dibattito TV un ospite afferma che pendono dall'altra parte, gli si estrae la tabella, con la quale nel frattempo sarà diventato familiare, e gli si chiede: dov'è che è sbagliata? Lui, se è uomo vero, dirà ad esempio “Avete sovrastimato l'influenza sull'opinione pubblica del Messaggero!” o “Il TG1 non è così di destra!”. A quel punto si passerà, casomai, ad analizzare l'operato del TG1 o del Messaggero più nel dettaglio.
Volendo fare una tabella supersemplificata si potrebbero accorpare tutti i media, toh, il famoso sistema integrato dell'informazione! in una dozzina di righe. Ecco la mia proposta di tabella. Provate a riempirla con i vostri valori. Io i miei li pubblico la prossima volta.
Media | Influenza | Orientamento | |
1. Grandi TG popolari (TG1 TG2 TG5) + Porta a porta e Matrix | |||
2. Programmi di approfondimento e satira + Rai 3 (con TG3) | |||
3. Resto dei palinsesti TV Rai e Mediaset (compresi TG4 e Studio Aperto) | |||
4. Stampa di sinistra (galassia L'Espresso + altri tipo l'Unità, il Fatto, il Manifesto ecc.) | |||
5. Stampa di destra (il Giornale, Panorama, Libero, il Tempo + altri) | |||
6. Galassia RCS (con il Corriere della Sera) | |||
7. Area Confindustria (il Sole 24 ore, Radio 24) | |||
8. La Stampa | |||
9. Altra stampa a diffusione nazionale (il Messaggero, il Secolo XIX, il Mattino, QN, ecc.) | |||
10. Stampa locale (escluse testate l'Espresso) | |||
11. Stampa cattolica (Famiglia cristiana, Avvenire+altri) | |||
12. Altro (SKY, radio, altre testate, free press, ecc.) |
domenica 11 ottobre 2009
Prima pagina
Intendiamoci subito: quando ho per le mani un romanzo di cui mi hanno parlato bene persone fidate sono quasi sempre disposto a capire poco o nulla di quello che sto leggendo, anche per diverse pagine, se la scarsa chiarezza sembra deliberatamente perseguita dall'autore per suscitare nel lettore suspence, spaesamento o quant'altro.
Altre volte però la scarsa comprensibilità non sembra supportata da alcuna precisa intenzione da parte dell'autore, se non una forma di sadismo o di incuria e allora l'irritazione sembra essere l'unica reazione ammissibile.
Non so a voi, ma a me capita soprattutto quanto l'autore fa, o decide di fare, confusione con i nomi o con le descrizioni topologiche. Le classiche situazioni che una fotografia o una mappa con didascalie risolverebbero in un istante.
Sarebbe semplice portare esempi tratti da novelle o romanzi di scarsa qualità e allora citiamo da un vero capolavoro: Infinite Jest di David Foster Wallace, nella traduzione italiana di Edoardo Nesi. In questo caso vincere l'irritazione e andare avanti nella lettura mi è costato parecchio, perché l'incresciosa opacità è comparsa già nella prima pagina, sconcertandomi a freddo.
Il romanzo inizia così:
«Siedo in un ufficio, circondato da teste e corpi. (...) Sono in una stanza fredda nel reparto Amministrazione dell'Università (…) i doppi vetri (…) ci isolano dai rumori (…) che vengono dall'area reception, dove poco fa siamo stati accolti lo zio Charles, il Sig. deLint e io.»
Tre persone all'università, ok. Andiamo avanti:
«All'altro lato di un grande tavolo (…) tre Decani – Ammissione, Affari accademici e Affari Atletici. Non so attribuire le facce.»
Altre tre persone, ti sto seguendo David. Incidentalmente vi assicuro che i puntini delle omissioni non nascondono informazioni che possano aiutarci a dirimere le questioni che porrò in seguito. Insomma l'io narrante siede davanti a un tavolo dietro al quale stanno i tre Decani. Non sappiamo ancora di preciso se zio Charles e il sig. deLint lo abbiano seguito nella stanza o siano rimasti alla reception (ma per uno dei processi attivi del lettore tanto cari a Umberto Eco saremmo propensi a pensare di sì, perlomeno come ipotesi inconscia e provvisoria ). Nemmeno sappiamo ancora perché gli Affari Atletici abbiano entrambe le A maiuscole e quelli accademici no, ma questo mi sembra marginale, per ora. Andiamo avanti (ma vi prometto che rimarremo solo a pagina 1):
«Il resto delle persone presenti nella sala include: il Direttore di Composizione dell'Università, l'allenatore di tennis e il prorettore dell'Accademia, il Sig. A. deLint.»
Altre tre persone, e con queste siamo a nove. Anche se ci chiediamo subito se questo Sig. A. deLint e il Sig. deLint dell'inizio non siano per caso la stessa persona. Anche perché, ricordo, non sappiamo di sicuro se lo zio Charles e il Sig. deLint alla fine siano entrati nella stanza o no. Magari il signor deLint è entrato e lo zio no e qui viene enumerato tra i presenti della stanza. Ma anche qua io prediligerei l'ipotesi che questo A. deLint (nella stanza) sia un altro rispetto al semplice deLint (che non sappiamo di sicuro dove stia). Riepilogando: lui (1) sta davanti al tavolo, zio Charles e Sig. deLint (2 e 3) probabilmente da qualche parte nella stanza, i tre Decani (4-6) dietro al tavolo. E poi ci sono questi tre nuovi personaggi (7-9). Ma vediamo come prosegue il discorso precedente:
«Il resto delle persone presenti nella sala include: il Direttore di Composizione dell'Università, l'allenatore di tennis e il prorettore dell'Accademia, il Sig. A. deLint. C.T. è accanto a me; gli altri sono rispettivamente: seduto, in piedi, in piedi, alla periferia del mio campo visivo.»
Demonio di un David! Qui ci spiega dove stanno - rispetto all'io narrante - ben quattro persone, ma chi minchia sono? Finora ne abbiamo conosciute nove, entrate in scena a gruppi di tre. Anche qui ne hai appena elencate tre, perché subito dopo ci spieghi invece dove stanno quattro (e non tre) persone? Chi è questo C.T. che sta accanto all'io narrante? Un decimo personaggio? No, non può essere, perché un attimo prima avevi finito di fare l'elenco totale dei personaggi che stanno nella sala. Allora deve essere un altro modo di chiamare uno dei nove personaggi già introdotti. Togliamo l'io narrante e i tre decani che gli stanno di fronte, e non accanto, forse anche i deLint, che non dovrebbero poter avere C.T. come iniziali, restano lo zio Charles, (la C. di C.T. potrebbe ben essere quella di Charles) il direttore di Composizione e l'allenatore di tennis. Del resto l'allenatore delle nazionali viene anche definito il C.T. (il commissario tecnico).
Ammettiamo però che sia lo zio. A questo punto sappiamo dove stiano tutti quanti. Tutti, tranne il primo deLint. È andato al bar?
Ma porca zozza, siamo a pagina 1, mi hai già introdotto nove personaggi di cui due probabilmente quasi omonimi, e ora mi tiri fuori un secondo modo di riferirsi a uno dei nove, senza nemmeno dirmi esattamente a quale? C.T. è lo zio? È uno di questi nuovi? E che fine ha fatto il primo deLint? E iniziando così tu vuoi che arrivi a pagina 1177? Ma per favore! (Eppure poi...)
Altre volte però la scarsa comprensibilità non sembra supportata da alcuna precisa intenzione da parte dell'autore, se non una forma di sadismo o di incuria e allora l'irritazione sembra essere l'unica reazione ammissibile.
Non so a voi, ma a me capita soprattutto quanto l'autore fa, o decide di fare, confusione con i nomi o con le descrizioni topologiche. Le classiche situazioni che una fotografia o una mappa con didascalie risolverebbero in un istante.
Sarebbe semplice portare esempi tratti da novelle o romanzi di scarsa qualità e allora citiamo da un vero capolavoro: Infinite Jest di David Foster Wallace, nella traduzione italiana di Edoardo Nesi. In questo caso vincere l'irritazione e andare avanti nella lettura mi è costato parecchio, perché l'incresciosa opacità è comparsa già nella prima pagina, sconcertandomi a freddo.
Il romanzo inizia così:
«Siedo in un ufficio, circondato da teste e corpi. (...) Sono in una stanza fredda nel reparto Amministrazione dell'Università (…) i doppi vetri (…) ci isolano dai rumori (…) che vengono dall'area reception, dove poco fa siamo stati accolti lo zio Charles, il Sig. deLint e io.»
Tre persone all'università, ok. Andiamo avanti:
«All'altro lato di un grande tavolo (…) tre Decani – Ammissione, Affari accademici e Affari Atletici. Non so attribuire le facce.»
Altre tre persone, ti sto seguendo David. Incidentalmente vi assicuro che i puntini delle omissioni non nascondono informazioni che possano aiutarci a dirimere le questioni che porrò in seguito. Insomma l'io narrante siede davanti a un tavolo dietro al quale stanno i tre Decani. Non sappiamo ancora di preciso se zio Charles e il sig. deLint lo abbiano seguito nella stanza o siano rimasti alla reception (ma per uno dei processi attivi del lettore tanto cari a Umberto Eco saremmo propensi a pensare di sì, perlomeno come ipotesi inconscia e provvisoria ). Nemmeno sappiamo ancora perché gli Affari Atletici abbiano entrambe le A maiuscole e quelli accademici no, ma questo mi sembra marginale, per ora. Andiamo avanti (ma vi prometto che rimarremo solo a pagina 1):
«Il resto delle persone presenti nella sala include: il Direttore di Composizione dell'Università, l'allenatore di tennis e il prorettore dell'Accademia, il Sig. A. deLint.»
Altre tre persone, e con queste siamo a nove. Anche se ci chiediamo subito se questo Sig. A. deLint e il Sig. deLint dell'inizio non siano per caso la stessa persona. Anche perché, ricordo, non sappiamo di sicuro se lo zio Charles e il Sig. deLint alla fine siano entrati nella stanza o no. Magari il signor deLint è entrato e lo zio no e qui viene enumerato tra i presenti della stanza. Ma anche qua io prediligerei l'ipotesi che questo A. deLint (nella stanza) sia un altro rispetto al semplice deLint (che non sappiamo di sicuro dove stia). Riepilogando: lui (1) sta davanti al tavolo, zio Charles e Sig. deLint (2 e 3) probabilmente da qualche parte nella stanza, i tre Decani (4-6) dietro al tavolo. E poi ci sono questi tre nuovi personaggi (7-9). Ma vediamo come prosegue il discorso precedente:
«Il resto delle persone presenti nella sala include: il Direttore di Composizione dell'Università, l'allenatore di tennis e il prorettore dell'Accademia, il Sig. A. deLint. C.T. è accanto a me; gli altri sono rispettivamente: seduto, in piedi, in piedi, alla periferia del mio campo visivo.»
Demonio di un David! Qui ci spiega dove stanno - rispetto all'io narrante - ben quattro persone, ma chi minchia sono? Finora ne abbiamo conosciute nove, entrate in scena a gruppi di tre. Anche qui ne hai appena elencate tre, perché subito dopo ci spieghi invece dove stanno quattro (e non tre) persone? Chi è questo C.T. che sta accanto all'io narrante? Un decimo personaggio? No, non può essere, perché un attimo prima avevi finito di fare l'elenco totale dei personaggi che stanno nella sala. Allora deve essere un altro modo di chiamare uno dei nove personaggi già introdotti. Togliamo l'io narrante e i tre decani che gli stanno di fronte, e non accanto, forse anche i deLint, che non dovrebbero poter avere C.T. come iniziali, restano lo zio Charles, (la C. di C.T. potrebbe ben essere quella di Charles) il direttore di Composizione e l'allenatore di tennis. Del resto l'allenatore delle nazionali viene anche definito il C.T. (il commissario tecnico).
Ammettiamo però che sia lo zio. A questo punto sappiamo dove stiano tutti quanti. Tutti, tranne il primo deLint. È andato al bar?
Ma porca zozza, siamo a pagina 1, mi hai già introdotto nove personaggi di cui due probabilmente quasi omonimi, e ora mi tiri fuori un secondo modo di riferirsi a uno dei nove, senza nemmeno dirmi esattamente a quale? C.T. è lo zio? È uno di questi nuovi? E che fine ha fatto il primo deLint? E iniziando così tu vuoi che arrivi a pagina 1177? Ma per favore! (Eppure poi...)
mercoledì 7 ottobre 2009
Punto e a calcio
Nel calcio, è cosa nota, non è prevista l'assegnazione della vittoria "ai punti", come succede, ad esempio, nel pugilato. Sicché un pareggio maturato sul campo provoca la cosiddetta "spartizione della posta" tra la due squadre, come accade nei gironi all'italiana, oppure, negli scontri a eliminazione diretta, richiede la disputa dei tempi supplementari con l'eventuale seguito della celebre "lotteria dei rigori".
Niente da obiettare, l'assegnazione della vittoria "ai punti" non piace a nessuno.
Spesso però, nelle discussioni del dopopartita, ci si accapiglia per stabilire se una vittoria (o una sconfitta) sia stata ottenuta da una squadra con pieno merito o non sia stata piuttosto il frutto della fortuna (o della sfortuna), oppure ci si scontra per determinare quale, tra due squadre che hanno pareggiato, si sia avvicinata di più alla vittoria.
Per dirimere questioni di questo tipo si possono adottare alcuni atteggiamenti:
- si accetta sempre per buono il risultato del campo;
- si accetta per buono il risultato del campo, previo emendamento degli errori arbitrali;
- si valutano parametri oggettivi, da qualche anno disponibili nelle statistiche della partita, ad esempio si confrontano il "numero di tiri" effettuati dalle due squadre, o il "numero di tiri nello specchio", o la "percentuale di possesso palla" eccetera;
- si elabora un metodo di calcolo sulla base degli elementi oggettivi di cui sopra: es. 10 punti per un gol, 5 per un palo o traversa, 2 per un tiro nello specchio, e così via (ipotizzando anche tarature diverse: per un palo o traversa si possono assegnare solo 3 punti, invece dei 5).
Un'idea innovativa potrebbe consistere in questo metodo:
1. tutta la partita viene registrata;
2. alla fine della partita (con i moderni marchingegni si può fare anche con un piccolo delay a partita ancora in corso) si mostra la registrazione a una giuria di - poniamo - 100 persone che non l'hanno vista in diretta (e che non sono emotivamente coinvolte dalle vicende delle due squadre in campo);
3. ogni qualvolta, visionando la registrazione, l'azione di gioco si sviluppa in modo tale che una delle due squadre sembri avere la possibilità di segnare, la regia ferma la registrazione nel momento più vivace dell'azione e ai 100 giurati viene domandato se, secondo loro, l'azione si è poi conclusa con un gol o no.
4. ovviamente più ogni occasione da rete è stata plausibilmente pericolosa, più grande il sarà in numero di risposte positive che otterrà. Poniamo che 70 giurati su 100 ipotizzino che una certa azione si sia conclusa con un gol: in quel caso la squadra che attacca maturerà 70 punti.
5. Le azioni che poi effettivamente si sono concluse con un gol anche nella realtà porteranno sempre 100 punti alla squadra che ha segnato, indipendentemente dal voto dei giurati, ma andranno comunque mostrate alla giuria assieme alle altre, altrimenti alla lunga i giurati capiranno che solo le azioni che non si sono concluse positivamente vengono proposte.
Una volta concluse queste valutazioni si potrà assegnare la "vittoria ai punti".
Se la squadra A ha realizzato un gol e avuto un'occasione in cui il 50% dei giurati ha ipotizzato che si sarebbe potuto segnare un gol, maturerà 150 punti. Mentre la squadra B senza gol, ma con tre occasioni da 90%, matura 270 punti e vince "ai punti" la partita. In altri termini si potrà dire con una certa razionalità che "per il gioco espresso", la squadra B avrebbe meritato di vincere, o che la squadra A ha vinto con una certa fortuna.
Anche se poi, a ben vedere, ci sarà sempre un commentatore che ci farà notare che anche gli attaccanti che hanno sbagliato ben tre occasioni da 90% fanno parte della squadra B, e che quindi B ha perso con merito, o che le tre parate strepitose del portiere della squadra A sono state effettuate pur sempre da un giocatore della squadra A (il portiere, appunto) e che pertanto A ha vinto con merito e si ritorna daccapo. Però un'indicazione di massima sul grado di pericolosità offensiva relativa di A e B questo metodo dovrebbe fornirla. Il problema è quello di trovare 100 sfortunati che vogliano vedersi in differita una partita di cui gli importa poco, ma non si può avere tutto!
Niente da obiettare, l'assegnazione della vittoria "ai punti" non piace a nessuno.
Spesso però, nelle discussioni del dopopartita, ci si accapiglia per stabilire se una vittoria (o una sconfitta) sia stata ottenuta da una squadra con pieno merito o non sia stata piuttosto il frutto della fortuna (o della sfortuna), oppure ci si scontra per determinare quale, tra due squadre che hanno pareggiato, si sia avvicinata di più alla vittoria.
Per dirimere questioni di questo tipo si possono adottare alcuni atteggiamenti:
- si accetta sempre per buono il risultato del campo;
- si accetta per buono il risultato del campo, previo emendamento degli errori arbitrali;
- si valutano parametri oggettivi, da qualche anno disponibili nelle statistiche della partita, ad esempio si confrontano il "numero di tiri" effettuati dalle due squadre, o il "numero di tiri nello specchio", o la "percentuale di possesso palla" eccetera;
- si elabora un metodo di calcolo sulla base degli elementi oggettivi di cui sopra: es. 10 punti per un gol, 5 per un palo o traversa, 2 per un tiro nello specchio, e così via (ipotizzando anche tarature diverse: per un palo o traversa si possono assegnare solo 3 punti, invece dei 5).
Un'idea innovativa potrebbe consistere in questo metodo:
1. tutta la partita viene registrata;
2. alla fine della partita (con i moderni marchingegni si può fare anche con un piccolo delay a partita ancora in corso) si mostra la registrazione a una giuria di - poniamo - 100 persone che non l'hanno vista in diretta (e che non sono emotivamente coinvolte dalle vicende delle due squadre in campo);
3. ogni qualvolta, visionando la registrazione, l'azione di gioco si sviluppa in modo tale che una delle due squadre sembri avere la possibilità di segnare, la regia ferma la registrazione nel momento più vivace dell'azione e ai 100 giurati viene domandato se, secondo loro, l'azione si è poi conclusa con un gol o no.
4. ovviamente più ogni occasione da rete è stata plausibilmente pericolosa, più grande il sarà in numero di risposte positive che otterrà. Poniamo che 70 giurati su 100 ipotizzino che una certa azione si sia conclusa con un gol: in quel caso la squadra che attacca maturerà 70 punti.
5. Le azioni che poi effettivamente si sono concluse con un gol anche nella realtà porteranno sempre 100 punti alla squadra che ha segnato, indipendentemente dal voto dei giurati, ma andranno comunque mostrate alla giuria assieme alle altre, altrimenti alla lunga i giurati capiranno che solo le azioni che non si sono concluse positivamente vengono proposte.
Una volta concluse queste valutazioni si potrà assegnare la "vittoria ai punti".
Se la squadra A ha realizzato un gol e avuto un'occasione in cui il 50% dei giurati ha ipotizzato che si sarebbe potuto segnare un gol, maturerà 150 punti. Mentre la squadra B senza gol, ma con tre occasioni da 90%, matura 270 punti e vince "ai punti" la partita. In altri termini si potrà dire con una certa razionalità che "per il gioco espresso", la squadra B avrebbe meritato di vincere, o che la squadra A ha vinto con una certa fortuna.
Anche se poi, a ben vedere, ci sarà sempre un commentatore che ci farà notare che anche gli attaccanti che hanno sbagliato ben tre occasioni da 90% fanno parte della squadra B, e che quindi B ha perso con merito, o che le tre parate strepitose del portiere della squadra A sono state effettuate pur sempre da un giocatore della squadra A (il portiere, appunto) e che pertanto A ha vinto con merito e si ritorna daccapo. Però un'indicazione di massima sul grado di pericolosità offensiva relativa di A e B questo metodo dovrebbe fornirla. Il problema è quello di trovare 100 sfortunati che vogliano vedersi in differita una partita di cui gli importa poco, ma non si può avere tutto!
giovedì 3 settembre 2009
Gazpacho à la Ardemagni
Accogliamo volentieri l'invito (Vaticano, Fini, il Sole) a smorzare i toni, abbandoniamo la sterile polemica calcistica e politica e parliamo di zuppe fredde.
Nelle lontani estati dei primi anni '70 mia madre, di origine toscana, era usa ammannirci, di tanto in tanto, il cosiddetto "pammòlle" ovvero un pappone di pane secco, sbriciolato e ammollato nell'acqua quindi arricchito con pomodori, cipolla e cetrioli, quindi condito con olio, sale e aceto, poi impreziosito da qualche foglia di basilico e infine servito freddo.
All'epoca lo schifavo senza ritegno, ma con l'età della ragione ho capito che il pammolle (o panmolle, ma ancora più conosciuto come "panzanella") è buonissimo e si inserisce in quello splendido filone toscano di zuppe povere di cui le più celebri sono la ribollita e la pappa al pomodoro (da lacrime quella della Antica Locanda di Sesto, a Ponte a Moriano, vicino a Lucca). Ma visto che queste ultime sono calde, d'estate meglio ributtarsi sul pammolle della mamma.
Ultimamente io lo preparo così (per due persone)
Ingredienti: 2 ciabattine, 4 pomodori piccoli, mezza cipolla di Tropea, olio extravergine di oliva (ultimamente lo prendo a Canino in provincia di Viterbo), 4 foglie di basilico, sale e pepe.Dispongo due ciabattine spezzate sul fondo di un'insalatiera, le inzuppo con acqua fredda (o con un misto di acqua e brodo vegetale), le frantumo con il retro di una forchetta fino a sbriciolarle. Aggiungo la cipolla tagliata fine, il pomodoro fatto a tocchettini minimi, le foglie spezzate di basilico, l'aceto, il sale e il pepe. Mescolo ben bene, alla fine, quando è tutto davvero un pappone, aggiungo l'olio extravergine, sempre mescolando, poi metto in frigorifero per una ventina di minuti e servo freddo.
È una versione un po' apocrifa, senza cetrioli e con le ciabattine al posto del pane sciocco tipico toscano, ma a me piace così.
E qui inizia la fase due. Perché in fondo cos'altro non è il gazpacho se non un pammolle tritato molto di più e con in più l'aggiunta del peperone?
E allora, per provare qualcosa di diverso, proviamo a prendere il pammolle (o panzanella che dir si voglia) precedentemente preparato e lo usiamo come base per realizzare una variante del gazpacho, però sempre senza peperone. D'altra parte Wikipedia dice che di gazpacho ne esistono sessanta versioni, questa può ben essere considerata una sessantunesima: il gazpacho à la Ardemagni.
Ingredienti (oltre a quelli precedentemente indicati)
Due acciughe, un peperoncino rosso piccolo, due cubetti di ghiaccio. La preparazione è estremamente semplice: si prende il pammolle precedentemente preparato e, invece di schiaffarlo nel frigo, lo si butta nel frullatore assieme a due acciughe sciolte in poco olio d'oliva extravergine (scaldare l'olio alla temperatura minima per sciogliere le acciughe, piuttosto che scaldare troppo l'olio è meglio finire di sciogliere le acciughe con la forchetta). Aggiungere un peperoncino (sì lo so che c'è già il pepe nel pammolle, ma il peperoncino ci vuole!) e due cubetti di ghiaccio.
Frullare il tutto, versare in un bicchierone già raffreddato et voilà.
Guarnire a piacere (foglie di basilico? Boh, le guarnizioni non sono il mio forte) e buon appetito!
Nelle lontani estati dei primi anni '70 mia madre, di origine toscana, era usa ammannirci, di tanto in tanto, il cosiddetto "pammòlle" ovvero un pappone di pane secco, sbriciolato e ammollato nell'acqua quindi arricchito con pomodori, cipolla e cetrioli, quindi condito con olio, sale e aceto, poi impreziosito da qualche foglia di basilico e infine servito freddo.
All'epoca lo schifavo senza ritegno, ma con l'età della ragione ho capito che il pammolle (o panmolle, ma ancora più conosciuto come "panzanella") è buonissimo e si inserisce in quello splendido filone toscano di zuppe povere di cui le più celebri sono la ribollita e la pappa al pomodoro (da lacrime quella della Antica Locanda di Sesto, a Ponte a Moriano, vicino a Lucca). Ma visto che queste ultime sono calde, d'estate meglio ributtarsi sul pammolle della mamma.
Ultimamente io lo preparo così (per due persone)
Ingredienti: 2 ciabattine, 4 pomodori piccoli, mezza cipolla di Tropea, olio extravergine di oliva (ultimamente lo prendo a Canino in provincia di Viterbo), 4 foglie di basilico, sale e pepe.Dispongo due ciabattine spezzate sul fondo di un'insalatiera, le inzuppo con acqua fredda (o con un misto di acqua e brodo vegetale), le frantumo con il retro di una forchetta fino a sbriciolarle. Aggiungo la cipolla tagliata fine, il pomodoro fatto a tocchettini minimi, le foglie spezzate di basilico, l'aceto, il sale e il pepe. Mescolo ben bene, alla fine, quando è tutto davvero un pappone, aggiungo l'olio extravergine, sempre mescolando, poi metto in frigorifero per una ventina di minuti e servo freddo.
È una versione un po' apocrifa, senza cetrioli e con le ciabattine al posto del pane sciocco tipico toscano, ma a me piace così.
E qui inizia la fase due. Perché in fondo cos'altro non è il gazpacho se non un pammolle tritato molto di più e con in più l'aggiunta del peperone?
E allora, per provare qualcosa di diverso, proviamo a prendere il pammolle (o panzanella che dir si voglia) precedentemente preparato e lo usiamo come base per realizzare una variante del gazpacho, però sempre senza peperone. D'altra parte Wikipedia dice che di gazpacho ne esistono sessanta versioni, questa può ben essere considerata una sessantunesima: il gazpacho à la Ardemagni.
Ingredienti (oltre a quelli precedentemente indicati)
Due acciughe, un peperoncino rosso piccolo, due cubetti di ghiaccio. La preparazione è estremamente semplice: si prende il pammolle precedentemente preparato e, invece di schiaffarlo nel frigo, lo si butta nel frullatore assieme a due acciughe sciolte in poco olio d'oliva extravergine (scaldare l'olio alla temperatura minima per sciogliere le acciughe, piuttosto che scaldare troppo l'olio è meglio finire di sciogliere le acciughe con la forchetta). Aggiungere un peperoncino (sì lo so che c'è già il pepe nel pammolle, ma il peperoncino ci vuole!) e due cubetti di ghiaccio.
Frullare il tutto, versare in un bicchierone già raffreddato et voilà.
Guarnire a piacere (foglie di basilico? Boh, le guarnizioni non sono il mio forte) e buon appetito!
martedì 1 settembre 2009
Attenzionato a chi?
Delusione Feltri. E sarebbe lui il Mourinho dei giornalisti? Ma per favore! Confrontate il gol di Thiago Motta di sabato sera con l'editoriale di stamani e poi giudicate un po' da che parte pende la bilancia.
Dopo il travolgente attacco a Boffo oggi Vittorio aveva due missioni: la prima era una bella campagna ad alzo zero contro Mourinho, quello vero, reo di avere steso la squadra del presidente. Niente. E poi soprattutto doveva spiegarci da dove è tratta la frase "noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato". Volevamo conoscerne l'autore, complimentarci con lui, ci abbiamo anche investito un euro e venti dal giornalaio.
Macché, tre pagine per ribadire il fatto che Boffo ha patteggiato. (update 4.9.2009: O forse, più precisamente, come mi segnala Raffaele su Facebook, Boffo non si è opposto a un decreto del Tribunale).
Ci crediamo, Vittorio, ci crediamo, ma la domanda era un'altra. Volevamo sapere se c'è chi attenziona gli omosessuali e poi ne scrive in questi termini. E se c'è, vogliamo sapere chi è. Non si può fare sempre finta di non capire la domanda!
Dopo il travolgente attacco a Boffo oggi Vittorio aveva due missioni: la prima era una bella campagna ad alzo zero contro Mourinho, quello vero, reo di avere steso la squadra del presidente. Niente. E poi soprattutto doveva spiegarci da dove è tratta la frase "noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato". Volevamo conoscerne l'autore, complimentarci con lui, ci abbiamo anche investito un euro e venti dal giornalaio.
Macché, tre pagine per ribadire il fatto che Boffo ha patteggiato. (update 4.9.2009: O forse, più precisamente, come mi segnala Raffaele su Facebook, Boffo non si è opposto a un decreto del Tribunale).
Ci crediamo, Vittorio, ci crediamo, ma la domanda era un'altra. Volevamo sapere se c'è chi attenziona gli omosessuali e poi ne scrive in questi termini. E se c'è, vogliamo sapere chi è. Non si può fare sempre finta di non capire la domanda!
domenica 30 agosto 2009
L'Inter non perdonanza!
Smaltita la sbronza di aranciata calda (ho festeggiato così la goleada nel derby) e in attesa di un editoriale di ritorsione di Feltri in cui si dimostra che Mourinho ha preso una multa per divieto di sosta davanti a un locale gay, passerei ad analizzare dettagliatamente quello che è successo ieri sera tra il 27:05 e il 28:19 del primo tempo di Milan-Inter.
Siamo dunque al ventisettesimo del primo tempo, sullo 0-0... anzi no, prima di gettarci sul minuto fatale, vediamo cosa è successo fin qui.
I commentatori di Sky (Caressa e Bergomi in diretta, ma poi anche gli altri nel dopopartita) affermeranno che il Milan ha giocato meglio i primi 20 minuti. Di fatto, e basta vedere la registrazione, i primi 7 minuti sono tutti dell'Inter: il Milan tenta il pressing, ma l'Inter ottiene un tiro alto di Milito da fuori (1:43), un altro splendido tiro di Sneijder (5:16) con super-parata di Storari e infine l'ammonizione a Flamini (6:46) che entra in ritardo su Lucio.
Poi, effettivamente, si è svegliato il Milan: prima con una travolgente incursione di Flamini (7:15) chiusa debolmente e poi con un tiro di Pato respinto da Samuel (a 9:33, era una discreta occasione, Pato perde un po' il tempo).
Siamo a 10:42 e Caressa dice: "11 minuti di gioco, meglio il Milan", ma di fatto il Milan ha iniziato a giocare solo da tre minuti e mezzo e come occasioni le due squadre sono pari.
A 10:51 Ronaldinho passa col petto in area, ma Lucio chiude. Da 11:20 a 12:23 l'Inter tiene la palla praticamente per oltre un minuto, poi il cross di Maicon dal limite dell'area è controllato da Storari. A 12:40 nuova occasione per il Milan: Pato si beve Lucio sulla fascia sinistra, entra in area e scarica per Ronaldinho che con uno strano tuffo colpisce e manda alto, poi se la prende con Stankovic (forse per non farsi ammonire per simulazione). Ma l'azione è stata bella ed effettivamente, ora come ora, ai punti vincerebbe il Milan. A 13:56 diagonale di Ronaldinho controllato così così da Julio Cesar, al 14:33 colpo di testa impreciso di Ronaldinho da 7 metri. A 16:00 il Milan conquista il primo calcio d'angolo della partita: qui sullo scatto Gattuso si infortuna (evento che si rivelerà in seguito decisivo) e sta giù per un minuto. A 18:00 Ronaldinho lancia un po' lungo per Borriello. A 20:05 colpo di testa fuori da 7 metri di Borriello.
La netta supremazia del Milan finisce qui: è durata 13 minuti cioè dal settimo al ventesimo (e tenendo conto di un minuto tutto Inter e di un minuto di infortunio a Gattuso, si tratta giusto undici minuti).
Poi l'Inter si rimette in carreggiata: tra il 20:58 e il 27:00 domina, sia pure un po' sterilmente, conquistando due punizioni dal limite (che Sneijder si fa ribattere) e tre calci d'angolo, anche se sul ribaltamento del secondo (24:20) Julio Cesar deve uscire fin quasi sull'out a precedere Pato con un grande dribbling.
E così arriviamo al 27:05 quando il Milan, ripartendo dopo il terzo calcio d'angolo dell'Inter, conquista un calcio di punizione dalla propria tre quarti.
Ora attenzione: nel giro di 50 secondi Milan e Inter batteranno due calci di punizione più o meno dalla stessa posizione. Il Milan impiegherà 38 secondi solo per battere il proprio, lo farà con un lancio lungo e impreciso su Borriello (sì, uno di famosi lanci lunghi per cui tutti accusavano l'Inter di scarso gioco) e perderà palla in 3 secondi. L'Inter batterà il proprio dopo solo 5 secondi (contro i 38 del Milan) e con un'azione palla a terra, della durata di 26 secondi, con undici passaggi tra sei giocatori (di cui tre appena acquistati) va in porta e, di fatto, chiude la partita. In tutto 31 secondi: nello stesso tempo il Milan non ha ancora battuto la propria punizione! Ma vediamo le azioni passo-passo.
27:05 Sneijder commette fallo su Pirlo nella metà campo del Milan sulla fascia destra (del Milan);
27:34 A gioco ancora fermo la telecamera inquadra Ronaldinho che fa segno ai compagni di salire. Caressa commenta: "Ronaldinho sempre più leader dà indicazioni alla squadra";
27:43 Finalmente la punizione viene battuta (38 secondi dopo!): lancio lungo (probabilmente di Pirlo, non si vede bene) per Borriello appostato poco fuori dall'area;
27:47 Samuel di testa anticipa Borriello, la palla arriva a Chivu;
27:50 Ronaldinho commette fallo su Chivu, sulla trequarti difensiva dell'Inter, verso sinistra;
27:55 Thiago Motta batte velocemente la punizione, passa corto a Stankovic, che passeggia poco prima del cerchio di centrocampo;
27:57 Passaggio corto di Stankovic per Zanetti;
28:00 Zanetti fa qualche passo in orizzontale verso destra poco prima del cerchio di centrocampo, poi passa in diagonale a Maicon, sempre con palla a terra;
28:02 Maicon riceve palla sulla destra poco oltre la metà campo, fa qualche metro in avanti poi, per evitare Flamini, punta verso il centro;
28:05 Maicon, sempre seguito da Flamini, dopo essersi portato sul centrodestra a circa 10 metri dall'area, passa a Eto'o, che si trova 5-6 metri davanti a sé, spalle alla porta ed è venuto incontro al pallone staccandosi leggermente da Jankulovski, quarto di sinistra della difesa schierata del Milan;
28:06 Eto'o, che ha appunto dietro di sé Jankulovski, passa di prima a Zanetti, che nel frattempo si è infilato nel buco sulla trequarti di destra lasciata da Maicon e Flamini che si sono accentrati;
28:07 Zanetti ripassa di prima in orizzontale a Eto'o che ha fatto qualche metro all'indietro, staccandosi ulteriormente da Jankulovski;
28:08 Nel frattempo, lontano dall'azione, Milito cammina senza palla sul limite dall'area, da sinistra verso destra: lascia Zambrotta (primo da destra della difesa del Milan). Accentrandosi viene preso in consegna da Nesta, secondo (da destra);
28:09 Eto'o invece, palla al piede, viene preso in consegna da Pirlo, che precede Flamini nell'andare a chiudere, mentre Jankulovski riscala a sinistra, ma più verso la linea di fondo rispetto a Zanetti che resta relativamente libero a destra. Eto'o fa qualche metro in avanti, Maicon si smarca passando alle spalle di Flamini e si inserisce nello spazio tra Jankulovski e Thiago Silva (terzo e quarto da destra della difesa del Milan) ma Eto'o non lo vede (o decide di non passargli la palla);
28:10 In questo momento la difesa del Milan è schierata: nell'inquadratura si vedono 7 milanisti e 5 interisti, ma ci sono Zanetti, Maicon e Thiago Motta, che sta arrivando centralmente, piuttosto liberi, mentre Milito è in area marcato da Nesta ed Eto'o è fuori area, con la palla tra Pirlo e Flamini;
28:11 Eto'o fa qualche metro verso l'area tornando nella sua posizione precedente, ma è chiuso da Pirlo e riscarica verso Zanetti, che è rimasto dov'era, largo a destra;
28:13 Zanetti fa qualche metro verso il centro, poi passa in orizzontale a Thiago Motta che si trova in posizione centrale, a circa 10 metri dall'area;
28:14 Thiago Motta di prima passa davanti a sé verso Eto'o che, nel frattempo, è scivolato in orizzontale "tra le linee", cioè davanti ai difensori, da destra verso il centro a 4-5 metri dall'area, seguito da Thiago Silva;
28:15 Eto'o passa di prima in orizzontale verso sinistra (sempre a 3-4 metri dall'area) a Milito, (che nel frattempo ha fatto qualche metro indietro e verso sinistra per staccarsi da Nesta e anche un po' da Zambrotta);
28:16 Eto'o, dopo il passaggio continua a scivolare verso sinistra e in avanti, seguito da Thiago Silva, il quale ha lasciato un buco tra Jankulovski e Nesta (cioè nella posizione del terzo da destra della difesa del Milan);
28:17 Milito si aggiusta la palla, poco fuori dalla lunetta e poi la mette velocemente in diagonale in avanti verso il centrodestra dell'area;
28:18 Thiago Motta, che dopo il passaggio di 28:14 è scivolato dietro a Flamini, (il quale dopo aver inseguito Maicon a 28:06 non ha più saputo cosa fare e chi seguire come una trottola impazzita) si infila nell'area, dove sta arrivando il pallone di Milito;
28:19 Thiago Motta, agli 11-12 metri, sul centrodestra dell'area, colpisce di prima con il piatto sinistro a giro sul secondo palo, alle spalle di Storari. Gol.
Ventisei secondi di grande calcio, tutto palla a terra.
Poi ci sarà il rigore con il contropiede di Eto'o, il regalo della mancata espulsione di Gattuso, lo splendido cambio della maglia ritardato di Seedorf, la vera espulsione di Gattuso che se la prende con la panchina (goduria maxima!), le meraviglie di Maicon e di Dejan, insomma le solite cose...
Siamo dunque al ventisettesimo del primo tempo, sullo 0-0... anzi no, prima di gettarci sul minuto fatale, vediamo cosa è successo fin qui.
I commentatori di Sky (Caressa e Bergomi in diretta, ma poi anche gli altri nel dopopartita) affermeranno che il Milan ha giocato meglio i primi 20 minuti. Di fatto, e basta vedere la registrazione, i primi 7 minuti sono tutti dell'Inter: il Milan tenta il pressing, ma l'Inter ottiene un tiro alto di Milito da fuori (1:43), un altro splendido tiro di Sneijder (5:16) con super-parata di Storari e infine l'ammonizione a Flamini (6:46) che entra in ritardo su Lucio.
Poi, effettivamente, si è svegliato il Milan: prima con una travolgente incursione di Flamini (7:15) chiusa debolmente e poi con un tiro di Pato respinto da Samuel (a 9:33, era una discreta occasione, Pato perde un po' il tempo).
Siamo a 10:42 e Caressa dice: "11 minuti di gioco, meglio il Milan", ma di fatto il Milan ha iniziato a giocare solo da tre minuti e mezzo e come occasioni le due squadre sono pari.
A 10:51 Ronaldinho passa col petto in area, ma Lucio chiude. Da 11:20 a 12:23 l'Inter tiene la palla praticamente per oltre un minuto, poi il cross di Maicon dal limite dell'area è controllato da Storari. A 12:40 nuova occasione per il Milan: Pato si beve Lucio sulla fascia sinistra, entra in area e scarica per Ronaldinho che con uno strano tuffo colpisce e manda alto, poi se la prende con Stankovic (forse per non farsi ammonire per simulazione). Ma l'azione è stata bella ed effettivamente, ora come ora, ai punti vincerebbe il Milan. A 13:56 diagonale di Ronaldinho controllato così così da Julio Cesar, al 14:33 colpo di testa impreciso di Ronaldinho da 7 metri. A 16:00 il Milan conquista il primo calcio d'angolo della partita: qui sullo scatto Gattuso si infortuna (evento che si rivelerà in seguito decisivo) e sta giù per un minuto. A 18:00 Ronaldinho lancia un po' lungo per Borriello. A 20:05 colpo di testa fuori da 7 metri di Borriello.
La netta supremazia del Milan finisce qui: è durata 13 minuti cioè dal settimo al ventesimo (e tenendo conto di un minuto tutto Inter e di un minuto di infortunio a Gattuso, si tratta giusto undici minuti).
Poi l'Inter si rimette in carreggiata: tra il 20:58 e il 27:00 domina, sia pure un po' sterilmente, conquistando due punizioni dal limite (che Sneijder si fa ribattere) e tre calci d'angolo, anche se sul ribaltamento del secondo (24:20) Julio Cesar deve uscire fin quasi sull'out a precedere Pato con un grande dribbling.
E così arriviamo al 27:05 quando il Milan, ripartendo dopo il terzo calcio d'angolo dell'Inter, conquista un calcio di punizione dalla propria tre quarti.
Ora attenzione: nel giro di 50 secondi Milan e Inter batteranno due calci di punizione più o meno dalla stessa posizione. Il Milan impiegherà 38 secondi solo per battere il proprio, lo farà con un lancio lungo e impreciso su Borriello (sì, uno di famosi lanci lunghi per cui tutti accusavano l'Inter di scarso gioco) e perderà palla in 3 secondi. L'Inter batterà il proprio dopo solo 5 secondi (contro i 38 del Milan) e con un'azione palla a terra, della durata di 26 secondi, con undici passaggi tra sei giocatori (di cui tre appena acquistati) va in porta e, di fatto, chiude la partita. In tutto 31 secondi: nello stesso tempo il Milan non ha ancora battuto la propria punizione! Ma vediamo le azioni passo-passo.
27:05 Sneijder commette fallo su Pirlo nella metà campo del Milan sulla fascia destra (del Milan);
27:34 A gioco ancora fermo la telecamera inquadra Ronaldinho che fa segno ai compagni di salire. Caressa commenta: "Ronaldinho sempre più leader dà indicazioni alla squadra";
27:43 Finalmente la punizione viene battuta (38 secondi dopo!): lancio lungo (probabilmente di Pirlo, non si vede bene) per Borriello appostato poco fuori dall'area;
27:47 Samuel di testa anticipa Borriello, la palla arriva a Chivu;
27:50 Ronaldinho commette fallo su Chivu, sulla trequarti difensiva dell'Inter, verso sinistra;
27:55 Thiago Motta batte velocemente la punizione, passa corto a Stankovic, che passeggia poco prima del cerchio di centrocampo;
27:57 Passaggio corto di Stankovic per Zanetti;
28:00 Zanetti fa qualche passo in orizzontale verso destra poco prima del cerchio di centrocampo, poi passa in diagonale a Maicon, sempre con palla a terra;
28:02 Maicon riceve palla sulla destra poco oltre la metà campo, fa qualche metro in avanti poi, per evitare Flamini, punta verso il centro;
28:05 Maicon, sempre seguito da Flamini, dopo essersi portato sul centrodestra a circa 10 metri dall'area, passa a Eto'o, che si trova 5-6 metri davanti a sé, spalle alla porta ed è venuto incontro al pallone staccandosi leggermente da Jankulovski, quarto di sinistra della difesa schierata del Milan;
28:06 Eto'o, che ha appunto dietro di sé Jankulovski, passa di prima a Zanetti, che nel frattempo si è infilato nel buco sulla trequarti di destra lasciata da Maicon e Flamini che si sono accentrati;
28:07 Zanetti ripassa di prima in orizzontale a Eto'o che ha fatto qualche metro all'indietro, staccandosi ulteriormente da Jankulovski;
28:08 Nel frattempo, lontano dall'azione, Milito cammina senza palla sul limite dall'area, da sinistra verso destra: lascia Zambrotta (primo da destra della difesa del Milan). Accentrandosi viene preso in consegna da Nesta, secondo (da destra);
28:09 Eto'o invece, palla al piede, viene preso in consegna da Pirlo, che precede Flamini nell'andare a chiudere, mentre Jankulovski riscala a sinistra, ma più verso la linea di fondo rispetto a Zanetti che resta relativamente libero a destra. Eto'o fa qualche metro in avanti, Maicon si smarca passando alle spalle di Flamini e si inserisce nello spazio tra Jankulovski e Thiago Silva (terzo e quarto da destra della difesa del Milan) ma Eto'o non lo vede (o decide di non passargli la palla);
28:10 In questo momento la difesa del Milan è schierata: nell'inquadratura si vedono 7 milanisti e 5 interisti, ma ci sono Zanetti, Maicon e Thiago Motta, che sta arrivando centralmente, piuttosto liberi, mentre Milito è in area marcato da Nesta ed Eto'o è fuori area, con la palla tra Pirlo e Flamini;
28:11 Eto'o fa qualche metro verso l'area tornando nella sua posizione precedente, ma è chiuso da Pirlo e riscarica verso Zanetti, che è rimasto dov'era, largo a destra;
28:13 Zanetti fa qualche metro verso il centro, poi passa in orizzontale a Thiago Motta che si trova in posizione centrale, a circa 10 metri dall'area;
28:14 Thiago Motta di prima passa davanti a sé verso Eto'o che, nel frattempo, è scivolato in orizzontale "tra le linee", cioè davanti ai difensori, da destra verso il centro a 4-5 metri dall'area, seguito da Thiago Silva;
28:15 Eto'o passa di prima in orizzontale verso sinistra (sempre a 3-4 metri dall'area) a Milito, (che nel frattempo ha fatto qualche metro indietro e verso sinistra per staccarsi da Nesta e anche un po' da Zambrotta);
28:16 Eto'o, dopo il passaggio continua a scivolare verso sinistra e in avanti, seguito da Thiago Silva, il quale ha lasciato un buco tra Jankulovski e Nesta (cioè nella posizione del terzo da destra della difesa del Milan);
28:17 Milito si aggiusta la palla, poco fuori dalla lunetta e poi la mette velocemente in diagonale in avanti verso il centrodestra dell'area;
28:18 Thiago Motta, che dopo il passaggio di 28:14 è scivolato dietro a Flamini, (il quale dopo aver inseguito Maicon a 28:06 non ha più saputo cosa fare e chi seguire come una trottola impazzita) si infila nell'area, dove sta arrivando il pallone di Milito;
28:19 Thiago Motta, agli 11-12 metri, sul centrodestra dell'area, colpisce di prima con il piatto sinistro a giro sul secondo palo, alle spalle di Storari. Gol.
Ventisei secondi di grande calcio, tutto palla a terra.
Poi ci sarà il rigore con il contropiede di Eto'o, il regalo della mancata espulsione di Gattuso, lo splendido cambio della maglia ritardato di Seedorf, la vera espulsione di Gattuso che se la prende con la panchina (goduria maxima!), le meraviglie di Maicon e di Dejan, insomma le solite cose...
mercoledì 8 luglio 2009
Le dodici strofe più travolgenti della canzone italiana.
Le recenti performance canore di Matteo Salvini ci restituiscono l'immagine di una nuova generazione di politici in preoccupante calo di creatività. Niente da dire sulla musica, ma sulle parole c'è, a detta di tutti, ampio margine di miglioramento.
Forse è proprio questo il momento giusto per andare a selezionare le dodici strofe più travolgenti della canzone italiana.
Ecco le mie proposte, con l'unico limite di non selezionare più di un pezzo per cantante o gruppo.
E canto "Please don't let me be misunderstood"
mentre parcheggio nel parcheggio l'Alfasud.
1. Elio e le Storie Tese "Discomusic"
M’hai guardato. Hai taciuto.
Ho pensato: "Beh, son piaciuto".
2. Fred Buscaglione "Eri piccola così" (parole: Leo Chiosso)
Tu non perderti quest'ultima occasione di fuggire dalla noia quotidiana
insieme a me a Copacabana, a Copacabana, a Copacabana
tatta tata tata tata tata ta taita ta ta ta
ah papu pabu pabu
papua paba pabu
te te te, ta ta ta, ta te, ta te tatata tata.
3. Stefano Bollani ("Copacabana")
Fate attenzione alla differenza tra camminare e nuotare.
4. Claudio Cecchetto "Gioca Jouer"
No non mi va preferisco restare qui
ho la vacca ed il maiale non li posso abbandonar così
pompar l'acqua del canale poco fieno nel fienile troppo da fare...
5. Lucio Battisti - Le allettanti promesse (parole: Mogol)
Tra le stelle sprinta e va.
6. Actarus "Ufo Robot Ufo Robot" (parole: L. Albertelli)
Usciamo a Nottingam sud, e andiamo a casa di mia nonna.
Lei ti capirà, ha dei parenti in città.
Ad Ankara. Ankara uno Lazio zero.
Scusa Ameri, per me è molto duro.
7. Squallor "Nottingam"
L'altra sera al ristorante
ho mangiato molti cibi.
8. Riz Samaritano "Cadavere spaziale"
Cammina avanti vai
che adesso vengo anch'io
amore dai spingi sul gas.
9. Nada "Ti stringerò" (autori: Mauro Lusini, Gerry Manzoli)
E invece sto sdraiato
Senza fiato
Scotto come il tagliolino al pesto che ho mangiato.
10. Daniele Silvestri "Salirò"
Non voglio esser solo
che fondamentalmente poi m'annoio
il fuoco è bello sì ma brucia.
11. Afterhours "Baby Fiducia"
Oba-ba-lu-ba ti può dare quello che vuoi tu
Ad occhi chiusi puoi trovare l'isola del sud.
12. Daniela Goggi "Oba-ba-lu-ba" (parole: Franco Castellano, Giuseppe "Pipolo" Moccia)
Votate la vostra preferita o proponetene altre!
Nota: Gli autori sono indicati solo se diversi dall'interprete o, nel caso di gruppi, dai componenti della band.
Forse è proprio questo il momento giusto per andare a selezionare le dodici strofe più travolgenti della canzone italiana.
Ecco le mie proposte, con l'unico limite di non selezionare più di un pezzo per cantante o gruppo.
E canto "Please don't let me be misunderstood"
mentre parcheggio nel parcheggio l'Alfasud.
1. Elio e le Storie Tese "Discomusic"
M’hai guardato. Hai taciuto.
Ho pensato: "Beh, son piaciuto".
2. Fred Buscaglione "Eri piccola così" (parole: Leo Chiosso)
Tu non perderti quest'ultima occasione di fuggire dalla noia quotidiana
insieme a me a Copacabana, a Copacabana, a Copacabana
tatta tata tata tata tata ta taita ta ta ta
ah papu pabu pabu
papua paba pabu
te te te, ta ta ta, ta te, ta te tatata tata.
3. Stefano Bollani ("Copacabana")
Fate attenzione alla differenza tra camminare e nuotare.
4. Claudio Cecchetto "Gioca Jouer"
No non mi va preferisco restare qui
ho la vacca ed il maiale non li posso abbandonar così
pompar l'acqua del canale poco fieno nel fienile troppo da fare...
5. Lucio Battisti - Le allettanti promesse (parole: Mogol)
Tra le stelle sprinta e va.
6. Actarus "Ufo Robot Ufo Robot" (parole: L. Albertelli)
Usciamo a Nottingam sud, e andiamo a casa di mia nonna.
Lei ti capirà, ha dei parenti in città.
Ad Ankara. Ankara uno Lazio zero.
Scusa Ameri, per me è molto duro.
7. Squallor "Nottingam"
L'altra sera al ristorante
ho mangiato molti cibi.
8. Riz Samaritano "Cadavere spaziale"
Cammina avanti vai
che adesso vengo anch'io
amore dai spingi sul gas.
9. Nada "Ti stringerò" (autori: Mauro Lusini, Gerry Manzoli)
E invece sto sdraiato
Senza fiato
Scotto come il tagliolino al pesto che ho mangiato.
10. Daniele Silvestri "Salirò"
Non voglio esser solo
che fondamentalmente poi m'annoio
il fuoco è bello sì ma brucia.
11. Afterhours "Baby Fiducia"
Oba-ba-lu-ba ti può dare quello che vuoi tu
Ad occhi chiusi puoi trovare l'isola del sud.
12. Daniela Goggi "Oba-ba-lu-ba" (parole: Franco Castellano, Giuseppe "Pipolo" Moccia)
Votate la vostra preferita o proponetene altre!
Nota: Gli autori sono indicati solo se diversi dall'interprete o, nel caso di gruppi, dai componenti della band.
sabato 4 luglio 2009
Barillah e Telecom Italiah
Quando ero bambino per telefonare c'era solo la Sip e quando c'era da fare la pastasciutta, cioè tutti i giorni, a casa mia si usava quasi solo la pasta Barilla.
Poi la Sip è diventata Telecom Italia e adesso è soltanto uno dei quattro o cinque operatori di telefonia, anche se per molti utenti rappresenta ancora quello "normale". Anche la Barilla ha visto aumentare il novero dei concorrenti, ma resta largamente prevalente nei piatti fondi degli italiani. Insomma, Telecom Italia e Barilla, insieme con altre cose, sono i prodotti di chi non sceglie, di chi non prova a cambiare, i prodotti "di default".
La Barilla trionfa, ad esempio, nei piccoli negozi di alimentari della provincia italiana. Sì perché l'alimentazione di milioni di italiani non passa da Eataly e presidi Slowfood, ma da piccoli insulsi negozi di alimentari dove di pasta c'è solo la Barilla, di succhi di frutta solo i Santal, di biscotti solo i Mulino Bianco. Non riesco a immaginare niente di più anonimo di questi emporietti che si presentano anche con un approccio familiare, ma non propongono mai niente di sfizioso, solo prodotti mainstream di livello mediobasso. Mi trovavo in questi giorni dalle parti di Salò, sul lago di Garda, zona di produzione di ottimo olio d'oliva, ma il piccolo negozio di alimentari del paese smerciava solo un olio industriale della provincia di Perugia. Perché tanta banalità? Perché tanta sciatteria?
Vabbene, però anche i pigri consumatori di pasta Barilla e utenti Telecom hanno bisogno di sentirsi un po' speciali. La soluzione sta nel dargli l'acca.
Ci pensano gli spot televisivi dove Telecom Italia diventa "Telecom Italiah" nella rassicurante interpretazione di Elena Sofia Ricci ("Io sto con Telecom ItaliaH") e Barilla diventa Barillah nella francamente paternalistica interpretazione di Mina (Minah?).
Un'acca, una piccola emissione di fiato che segnala tutta l'autorevolezza, il prestigio, la serietà di una marca. Certamente Telecom Italiah è tutt'altra cosa rispetto a Telecom Italia, così come Samantah è certamente più gnocca di Samanta.
A essere precisi Mina non inserisce la H esattamente in coda a Barilla (forse le hanno chiesto di non rovinare il suono del brand) in compenso ne regala a iosa (iosah?) nel resto dello spot. Cliccare per credereh!
Poi la Sip è diventata Telecom Italia e adesso è soltanto uno dei quattro o cinque operatori di telefonia, anche se per molti utenti rappresenta ancora quello "normale". Anche la Barilla ha visto aumentare il novero dei concorrenti, ma resta largamente prevalente nei piatti fondi degli italiani. Insomma, Telecom Italia e Barilla, insieme con altre cose, sono i prodotti di chi non sceglie, di chi non prova a cambiare, i prodotti "di default".
La Barilla trionfa, ad esempio, nei piccoli negozi di alimentari della provincia italiana. Sì perché l'alimentazione di milioni di italiani non passa da Eataly e presidi Slowfood, ma da piccoli insulsi negozi di alimentari dove di pasta c'è solo la Barilla, di succhi di frutta solo i Santal, di biscotti solo i Mulino Bianco. Non riesco a immaginare niente di più anonimo di questi emporietti che si presentano anche con un approccio familiare, ma non propongono mai niente di sfizioso, solo prodotti mainstream di livello mediobasso. Mi trovavo in questi giorni dalle parti di Salò, sul lago di Garda, zona di produzione di ottimo olio d'oliva, ma il piccolo negozio di alimentari del paese smerciava solo un olio industriale della provincia di Perugia. Perché tanta banalità? Perché tanta sciatteria?
Vabbene, però anche i pigri consumatori di pasta Barilla e utenti Telecom hanno bisogno di sentirsi un po' speciali. La soluzione sta nel dargli l'acca.
Ci pensano gli spot televisivi dove Telecom Italia diventa "Telecom Italiah" nella rassicurante interpretazione di Elena Sofia Ricci ("Io sto con Telecom ItaliaH") e Barilla diventa Barillah nella francamente paternalistica interpretazione di Mina (Minah?).
Un'acca, una piccola emissione di fiato che segnala tutta l'autorevolezza, il prestigio, la serietà di una marca. Certamente Telecom Italiah è tutt'altra cosa rispetto a Telecom Italia, così come Samantah è certamente più gnocca di Samanta.
A essere precisi Mina non inserisce la H esattamente in coda a Barilla (forse le hanno chiesto di non rovinare il suono del brand) in compenso ne regala a iosa (iosah?) nel resto dello spot. Cliccare per credereh!
lunedì 1 giugno 2009
E cosa ci vorrà mai: Repubblica, ecco qua!
1. Come e quando ha conosciuto il padre di Noemi Letizia?
Non ho mai conosciuto il padre di Noemi Letizia.
2. Nel corso di questa amicizia quante volte vi siete incontrati e dove?
Meno di una, non ricordo dove.
3. Come descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia?
Ma ci sei o ci fai?
4. Perché ha discusso le candidature con Letizia che non è neanche iscritto al Pdl?
Beh, se è per questo neanche io sono iscritto al Pdl e, se non mi cade una tegola in testa, non credo che lo sarò mai.
5. Quando ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?
Purtroppo suo padre non me l'ha mai presentata.
6. Quante volte ha avuto modo di incontrare Noemi Letizia e dove?
Mettiamola così, non l'ho mai incontrata senza che fosse presente suo padre che, peraltro, non ho mai incontrato.
7. Lei si occupa di Noemi e del suo futuro e sostiene economicamente la sua famiglia?
Forse è più facile che sia Noemi a sostenere la mia famiglia, visto che ha quattro appartamenti intestati.
8. E’ vero che lei ha promesso a Noemi di favorire la sua carriera nello spettacolo e in politica?
Lo farò sicuramente, se ne avrò l'occasione, ma non gliel'ho ancora promesso.
9. Veronica Lario ha detto che lei “frequenta minorenni”. Ce ne sono altre che incontra o “alleva”?
Se Veronica Lario ha detto questa cosa, ma sfido chiunque a dimostrarlo, forse era mossa da gelosia nei miei confronti.
10. Sua moglie dice che lei “non sta bene” e che andrebbe aiutato. Quali sono le sue condizioni di salute?
Mia moglie si riferiva alla mia allergia all'ambrosia. Devo ammettere che ne soffro da alcuni anni.
Non ho mai conosciuto il padre di Noemi Letizia.
2. Nel corso di questa amicizia quante volte vi siete incontrati e dove?
Meno di una, non ricordo dove.
3. Come descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia?
Ma ci sei o ci fai?
4. Perché ha discusso le candidature con Letizia che non è neanche iscritto al Pdl?
Beh, se è per questo neanche io sono iscritto al Pdl e, se non mi cade una tegola in testa, non credo che lo sarò mai.
5. Quando ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?
Purtroppo suo padre non me l'ha mai presentata.
6. Quante volte ha avuto modo di incontrare Noemi Letizia e dove?
Mettiamola così, non l'ho mai incontrata senza che fosse presente suo padre che, peraltro, non ho mai incontrato.
7. Lei si occupa di Noemi e del suo futuro e sostiene economicamente la sua famiglia?
Forse è più facile che sia Noemi a sostenere la mia famiglia, visto che ha quattro appartamenti intestati.
8. E’ vero che lei ha promesso a Noemi di favorire la sua carriera nello spettacolo e in politica?
Lo farò sicuramente, se ne avrò l'occasione, ma non gliel'ho ancora promesso.
9. Veronica Lario ha detto che lei “frequenta minorenni”. Ce ne sono altre che incontra o “alleva”?
Se Veronica Lario ha detto questa cosa, ma sfido chiunque a dimostrarlo, forse era mossa da gelosia nei miei confronti.
10. Sua moglie dice che lei “non sta bene” e che andrebbe aiutato. Quali sono le sue condizioni di salute?
Mia moglie si riferiva alla mia allergia all'ambrosia. Devo ammettere che ne soffro da alcuni anni.
mercoledì 6 maggio 2009
Come mandare in vacca un dibattito tv - Lezione 1
Nel mezzo di un dibattito televisivo siete in difficoltà, diciamo pure che il vostro avversario Amilcare Santolozzi vi sta asfaltando: conosce meglio la materia, vi ribatte punto su punto ed è platealmente spalleggiato dal conduttore. Nessun problema, ecco come muoversi.
1. Lasciate parlare il vostro contendente senza cercare di contrapporvisi. Poniamo che il tema sia: "Come preparare il risotto alla milanese". Il vostro avversario potrà ad esempio spiegare incidentalmente che "per il soffritto occorrono burro e cipolla". Lasciatelo placidamente esporre la sua idea, limitandovi a regalare alla telecamera qualche sorriso idiota di sufficienza qualora il regista staccasse su di voi.
2. Quando sarà il vostro turno prendetela larga, come un falco. Poi, improvvisamente, scendete in picchiata riassumendo in maniera erronea il pensiero del vostro avversario. Per farlo alla perfezione dovrete prendere un punto marginale, passato quasi inosservato del suo discorso. Lo ingigantite, lo rallentate e - ovviamente - lo rovesciate completamente. "Affermare - come ha fatto Santolozzi - che per il soffritto del risotto alla milanese si debbano utilizzare aglio e olio è una vera bestemmia".
3. In meno di due secondi netti il Santolozzi - che tipo prevedibile, poveretto! - scatterà come una molla: "Non è vero, non è vero io ho detto burro e cipolla!!".
4. A questo punto avete la vittoria in pugno. Il Santolozzi per tutti quelli che ascoltano distrattamente (la maggior parte) o che si sono appena collegati (alcuni altri) passa per uno che NON sa come si fa il soffritto del risotto alla milanese. Inoltre è uno che si inalbera facilmente, mentre voi sorridete placido. Infine è uno che interrompe gli altri. Ma perché tutti se ne accorgano dovete sottolinearlo, come illustrato nel punto 5.
5. "Scusa Santolozzi, non ti ho interrotto quando parlavi tu, non interrompermi quando parlo io".
Il Santolozzi cercherà di darvi ulteriormente sulla voce, spiegando che nel soffritto del risotto alla milanese classico si utilizza anche il midollo. (Oh, il Santolozzi, la sa!). Voi fate la vittima alzando gli occhi al cielo, facendo finta di restare in silenzio, emettendo però qualche mugolio per aumentare il livello della confusione. Il conduttore, che percepisce un po' di rumore, ma non ha la minima idea di cosa sia il risotto alla milanese, cercherà di interrompere l'inutile querelle per lanciare l'ennesimo servizio ancora più inutile.
E voi? Voi che del risotto alla milanese sapete ancora meno del conduttore ve la siete cavata splendidamente: più sorridente, più serio e preparato del vostro contendente, siete anche anche infinitamente più educato. Inoltre siete stato interrotto e al prossimo turno, quando si parlerà di temi a voi cari, avrete diritto di parlare per primo.
1. Lasciate parlare il vostro contendente senza cercare di contrapporvisi. Poniamo che il tema sia: "Come preparare il risotto alla milanese". Il vostro avversario potrà ad esempio spiegare incidentalmente che "per il soffritto occorrono burro e cipolla". Lasciatelo placidamente esporre la sua idea, limitandovi a regalare alla telecamera qualche sorriso idiota di sufficienza qualora il regista staccasse su di voi.
2. Quando sarà il vostro turno prendetela larga, come un falco. Poi, improvvisamente, scendete in picchiata riassumendo in maniera erronea il pensiero del vostro avversario. Per farlo alla perfezione dovrete prendere un punto marginale, passato quasi inosservato del suo discorso. Lo ingigantite, lo rallentate e - ovviamente - lo rovesciate completamente. "Affermare - come ha fatto Santolozzi - che per il soffritto del risotto alla milanese si debbano utilizzare aglio e olio è una vera bestemmia".
3. In meno di due secondi netti il Santolozzi - che tipo prevedibile, poveretto! - scatterà come una molla: "Non è vero, non è vero io ho detto burro e cipolla!!".
4. A questo punto avete la vittoria in pugno. Il Santolozzi per tutti quelli che ascoltano distrattamente (la maggior parte) o che si sono appena collegati (alcuni altri) passa per uno che NON sa come si fa il soffritto del risotto alla milanese. Inoltre è uno che si inalbera facilmente, mentre voi sorridete placido. Infine è uno che interrompe gli altri. Ma perché tutti se ne accorgano dovete sottolinearlo, come illustrato nel punto 5.
5. "Scusa Santolozzi, non ti ho interrotto quando parlavi tu, non interrompermi quando parlo io".
Il Santolozzi cercherà di darvi ulteriormente sulla voce, spiegando che nel soffritto del risotto alla milanese classico si utilizza anche il midollo. (Oh, il Santolozzi, la sa!). Voi fate la vittima alzando gli occhi al cielo, facendo finta di restare in silenzio, emettendo però qualche mugolio per aumentare il livello della confusione. Il conduttore, che percepisce un po' di rumore, ma non ha la minima idea di cosa sia il risotto alla milanese, cercherà di interrompere l'inutile querelle per lanciare l'ennesimo servizio ancora più inutile.
E voi? Voi che del risotto alla milanese sapete ancora meno del conduttore ve la siete cavata splendidamente: più sorridente, più serio e preparato del vostro contendente, siete anche anche infinitamente più educato. Inoltre siete stato interrotto e al prossimo turno, quando si parlerà di temi a voi cari, avrete diritto di parlare per primo.
mercoledì 22 aprile 2009
Sua Altezza
Da Tuttosport 14 aprile 2009: "Rivogliamo la Juve! - Secondo posto e coppa Italia non possono essere obiettivi all'altezza del glorioso passato".
Appunto.
ps: Bocche e porte chiuse.
Appunto.
ps: Bocche e porte chiuse.
mercoledì 8 aprile 2009
Abruzzo - I dubbi dell'8 aprile
Nel migliore dei mondi possibili non ci sono terremoti, né case costruite male. Ma se ci fossero anche lì, nel migliore dei mondi possibili la Protezione Civile sarebbe l'unico ente, autorità assoluta, efficientissima ed infallibile, a fornire (o quanto meno a coordinare) assistenza e soccorsi. Sulla carta è già così. Ma noi italiani non ci fidiamo mai. Forse facciamo bene, perché conosciamo le debolezze e le inefficienze delle nostre macchine (carrozzoni?) ufficiali. Ma allo stesso tempo, non fidandoci, indeboliamo costantemente le nostre macchine ufficiali.
Stamattina, a Radio Popolare, un responsabile di Rifondazione Comunista ha raccontato che, già dieci ore dopo il sisma, un gruppo di militanti aveva allestito a Tempera, una delle località colpite, una cucina da campo che distribuiva alimenti, colmando, in quella specifica località, la lacuna di intervento della Protezione Civile il cui funzionario, una volta sul posto, si era limitato a fare le pulci sulle certificazioni sanitarie della cucina da campo. In ogni caso il gruppo di Rifondazione aveva proseguito nella distribuzione del cibo. Solo in un secondo tempo anche questo gruppo si era coordinato meglio con la Protezione Civile, nel frattempo organizzatasi a Tempera, i funzionari della quale avevano indicato al gruppo di Rifondazione Comunista di raggiungere una seconda località ancora sguarnita di cucina da campo (spero di avere riassunto bene il contenuto della telefonata tra Bacchetta di Radio Popolare e il rappresentante di Rifondazione, ma penso proprio di sì, avevo già preso un paio di caffè).
Ho una grande ammirazione per chi realizza questi interventi: testimoniano la celebre elasticità italiana che ci permette, con un enorme cuore e con una certa diffidenza nei confronti delle autorità preposte, di sopperire alle carenze strutturali del paese. Ma questa continua (e spessissimo legittima) diffidenza forse contribuisce a indebolire le autorità preposte innescando un circolo vizioso da cui uscire sembra impossibile. Azzardo una domanda: questo agire sempre "all'italiana", non è addirittura partecipe di quella stessa cultura che ci fa costruire case meno sicure, perché tanto poi ci arrangiamo col geometra e con il tecnico del comune, che poi magari sono generosissimi (cuore grande all'italiana) quando c'è da partecipare ai soccorsi, ma molto laschi e poco rigorosi quando devono fare il noioso lavoro di controllo ufficiale cui sono preposti?
Anche le raccolte di fondi... dovrebbe esserci un unico numero in tutto il paese dove mandare i soldi, coordinato dalla Protezione Civile. E infatti il numero c'è: con un sms al 48580 si dona un euro. Sapranno ben loro a chi dare i soldi.
E invece perché non c'è un quotidiano, un partito, una associazione, un ente religioso, un gruppo di tifosi che non stia organizzando, ognuno per conto proprio, un'altra raccolta fondi? A chi mandano questi soldi? Immagino che ognuno di questi enti si creda più accorto della Protezione Civile nel selezionare i beneficiari della colletta. Nel migliore dei mondi possibili dovrebbe essere un unico centro a raccogliere i soldi e poi valutare le esigenze della comunità e dei soccorsi.
E ci dovremmo fidare? Forse per ora no, ma continuando a fare ognuno di testa propria dove crediamo di andare? Ma forse sto sbagliando tutto io e dovremmo solo portare rispetto per chi sta facendo qualcosa, in qualsiasi modo.
Stamattina, a Radio Popolare, un responsabile di Rifondazione Comunista ha raccontato che, già dieci ore dopo il sisma, un gruppo di militanti aveva allestito a Tempera, una delle località colpite, una cucina da campo che distribuiva alimenti, colmando, in quella specifica località, la lacuna di intervento della Protezione Civile il cui funzionario, una volta sul posto, si era limitato a fare le pulci sulle certificazioni sanitarie della cucina da campo. In ogni caso il gruppo di Rifondazione aveva proseguito nella distribuzione del cibo. Solo in un secondo tempo anche questo gruppo si era coordinato meglio con la Protezione Civile, nel frattempo organizzatasi a Tempera, i funzionari della quale avevano indicato al gruppo di Rifondazione Comunista di raggiungere una seconda località ancora sguarnita di cucina da campo (spero di avere riassunto bene il contenuto della telefonata tra Bacchetta di Radio Popolare e il rappresentante di Rifondazione, ma penso proprio di sì, avevo già preso un paio di caffè).
Ho una grande ammirazione per chi realizza questi interventi: testimoniano la celebre elasticità italiana che ci permette, con un enorme cuore e con una certa diffidenza nei confronti delle autorità preposte, di sopperire alle carenze strutturali del paese. Ma questa continua (e spessissimo legittima) diffidenza forse contribuisce a indebolire le autorità preposte innescando un circolo vizioso da cui uscire sembra impossibile. Azzardo una domanda: questo agire sempre "all'italiana", non è addirittura partecipe di quella stessa cultura che ci fa costruire case meno sicure, perché tanto poi ci arrangiamo col geometra e con il tecnico del comune, che poi magari sono generosissimi (cuore grande all'italiana) quando c'è da partecipare ai soccorsi, ma molto laschi e poco rigorosi quando devono fare il noioso lavoro di controllo ufficiale cui sono preposti?
Anche le raccolte di fondi... dovrebbe esserci un unico numero in tutto il paese dove mandare i soldi, coordinato dalla Protezione Civile. E infatti il numero c'è: con un sms al 48580 si dona un euro. Sapranno ben loro a chi dare i soldi.
E invece perché non c'è un quotidiano, un partito, una associazione, un ente religioso, un gruppo di tifosi che non stia organizzando, ognuno per conto proprio, un'altra raccolta fondi? A chi mandano questi soldi? Immagino che ognuno di questi enti si creda più accorto della Protezione Civile nel selezionare i beneficiari della colletta. Nel migliore dei mondi possibili dovrebbe essere un unico centro a raccogliere i soldi e poi valutare le esigenze della comunità e dei soccorsi.
E ci dovremmo fidare? Forse per ora no, ma continuando a fare ognuno di testa propria dove crediamo di andare? Ma forse sto sbagliando tutto io e dovremmo solo portare rispetto per chi sta facendo qualcosa, in qualsiasi modo.
venerdì 3 aprile 2009
Il triangolo di Piacenza Sud 2
Per chi avesse mancato la prima puntata, di quando mi sono perso nella falla spazio-temporale della A21, il link è qui.
Com'è, come non è, il giorno successivo mi reco al Punto Blu. Scelgo, ovviamente, quello più comodo, quello al km 4 del tratto urbano milanese della A4, che si trova sul tragitto da casa mia alla Sede Rai di corso Sempione.
Tutti gli addetti sono occupati, ma non c'è nessuno in coda, io sarò il prossimo a essere servito. Prendo il numerino e mentre attendo una signorina mi fa segno di avvicinarmi e mi spiega che Telepass è anche un gestore telefonico ed essendo io proprietario di un telepass potrei utilizzare una tariffa a 10 centesimi verso tutti. Le dico che ci penso.
Dopo cinque minuti è il mio turno. Ma all'addetto bastano pochi secondi di spiegazione dell'accaduto per decidere che quel Punto Blu non fa al caso mio perché la A4 è gestita da Autostrade per l'Italia mentre la A21 dove è successo l'inconveniente è gestita Autostrade Centro Padane SPA o da Centropadane SPA (in Internet si trovano entrambe le denominazioni). Faccio presente all'addetto che la sera prima la signorina dell'interfono mi aveva detto di recarmi a un "Punto Blu", non a un "Punto Blu Centropadane" e io mi trovo per l'appunto in un "Punto Blu". Ma l'addetto mi risponde che non sono la stessa cosa. All'obiezione: "Perché non vi date dei colori diversi così la gente non si confonde" non ottengo risposta. Anche fare notare che, nel giro a vuoto che ho effettuato, è compreso un tratto di A1 gestita da Autostrade per l'Italia, non smuove né commuove l'addetto. Anche l'ultima obiezione: "Se persino un aggeggino come il telepass riesce a vedere tutte le Autostrade come un'unica rete, perché non potete farlo anche voi?" viene respinta con la seguente motivazione: "Il telepass è un servizio".
L'addetto comunque mi consegna un post-it con scritto a penna il numero del Punto Blu delle Centropadane. Risalgo in macchina e chiamo. Mi risponde, da Brescia, un cortese signore che mi spiega che il problema è arcinoto. Ma è colpa di Autostrade per l'Italia (hai capito? gli stessi che mi avevano rimandato alle Centropadane) che avrebbe progettato i nuovi svincoli (dalla A21 alla A1) nei pressi di Piacenza Sud in modo tale che sia possibile riportarsi sulla A21 senza passare da alcun casello. E adesso, chiedo, come posso regolarizzare la mia posizione? Sulle prime mi suggerisce di passare dal Punto Blu Centropadane di Cremona, ma gli faccio notare che dovrei fare due ore di strada per un errore di altri. Poi inizia a dettarmi un numero di contocorrente postale dove effettuare un versamento con il pedaggio dovuto. Ma non ho una biro, rimaniamo d'accordo che lo richiamo dopo un quarto d'ora.
Un quarto d'ora dopo richiamo, ma non risponde nessuno, faccio un po' di ricerche in Internet e raggiungo ancora il Punto Blu Centropadane, questa volta però quello di Cremona. Qui lo scenario cambia completamente. L'addetto mi conferma che sì, gli svincoli permettono questo tipo di problema, ma mai e poi mai dovrei fare un versamento postale. Devo invece compilare un modulo che dovrei ritirare a Cremona e che poi loro invieranno a Firenze a una sorta di centrale del telepass. Ottengo di farmi inviare il modulo via fax e di rispedirglielo sempre via fax.
Sul modulo mi viene richiesto di indicare il numero di telepass e il codice cliente telepass che riesco a ottenere in pochi minuti al centralino (a pagamento) del Telepass e rispedisco il fax. Ne approfitto per ottenere utenza e password del sito Telepass (ultimamente non mandano più i resoconti cartacei).
Ed eccoci qua. Il secondo addetto della Centropadane mi esorta a monitorare nei prossimi mesi che non mi siano stati addebitati quaranta e passa euro per l'intera tratta, ma solo i pochi euro da Castelvetro a Piacenza Sud e ritorno.
La verità è che è il problema è conosciutissimo dagli addetti ai lavori.
Ed è ormai acclarato che se uno vuole può percorrere venti volte un triangolo di autostrada tra Castelvetro, Piacenza Sud e svincolo, e alla fine del giro uscire, che so, a Caorso e pagare solo una tratta da Castelvetro a Caorso.
Sì ma perché farlo poi? Per dadaismo, no?
Com'è, come non è, il giorno successivo mi reco al Punto Blu. Scelgo, ovviamente, quello più comodo, quello al km 4 del tratto urbano milanese della A4, che si trova sul tragitto da casa mia alla Sede Rai di corso Sempione.
Tutti gli addetti sono occupati, ma non c'è nessuno in coda, io sarò il prossimo a essere servito. Prendo il numerino e mentre attendo una signorina mi fa segno di avvicinarmi e mi spiega che Telepass è anche un gestore telefonico ed essendo io proprietario di un telepass potrei utilizzare una tariffa a 10 centesimi verso tutti. Le dico che ci penso.
Dopo cinque minuti è il mio turno. Ma all'addetto bastano pochi secondi di spiegazione dell'accaduto per decidere che quel Punto Blu non fa al caso mio perché la A4 è gestita da Autostrade per l'Italia mentre la A21 dove è successo l'inconveniente è gestita Autostrade Centro Padane SPA o da Centropadane SPA (in Internet si trovano entrambe le denominazioni). Faccio presente all'addetto che la sera prima la signorina dell'interfono mi aveva detto di recarmi a un "Punto Blu", non a un "Punto Blu Centropadane" e io mi trovo per l'appunto in un "Punto Blu". Ma l'addetto mi risponde che non sono la stessa cosa. All'obiezione: "Perché non vi date dei colori diversi così la gente non si confonde" non ottengo risposta. Anche fare notare che, nel giro a vuoto che ho effettuato, è compreso un tratto di A1 gestita da Autostrade per l'Italia, non smuove né commuove l'addetto. Anche l'ultima obiezione: "Se persino un aggeggino come il telepass riesce a vedere tutte le Autostrade come un'unica rete, perché non potete farlo anche voi?" viene respinta con la seguente motivazione: "Il telepass è un servizio".
L'addetto comunque mi consegna un post-it con scritto a penna il numero del Punto Blu delle Centropadane. Risalgo in macchina e chiamo. Mi risponde, da Brescia, un cortese signore che mi spiega che il problema è arcinoto. Ma è colpa di Autostrade per l'Italia (hai capito? gli stessi che mi avevano rimandato alle Centropadane) che avrebbe progettato i nuovi svincoli (dalla A21 alla A1) nei pressi di Piacenza Sud in modo tale che sia possibile riportarsi sulla A21 senza passare da alcun casello. E adesso, chiedo, come posso regolarizzare la mia posizione? Sulle prime mi suggerisce di passare dal Punto Blu Centropadane di Cremona, ma gli faccio notare che dovrei fare due ore di strada per un errore di altri. Poi inizia a dettarmi un numero di contocorrente postale dove effettuare un versamento con il pedaggio dovuto. Ma non ho una biro, rimaniamo d'accordo che lo richiamo dopo un quarto d'ora.
Un quarto d'ora dopo richiamo, ma non risponde nessuno, faccio un po' di ricerche in Internet e raggiungo ancora il Punto Blu Centropadane, questa volta però quello di Cremona. Qui lo scenario cambia completamente. L'addetto mi conferma che sì, gli svincoli permettono questo tipo di problema, ma mai e poi mai dovrei fare un versamento postale. Devo invece compilare un modulo che dovrei ritirare a Cremona e che poi loro invieranno a Firenze a una sorta di centrale del telepass. Ottengo di farmi inviare il modulo via fax e di rispedirglielo sempre via fax.
Sul modulo mi viene richiesto di indicare il numero di telepass e il codice cliente telepass che riesco a ottenere in pochi minuti al centralino (a pagamento) del Telepass e rispedisco il fax. Ne approfitto per ottenere utenza e password del sito Telepass (ultimamente non mandano più i resoconti cartacei).
Ed eccoci qua. Il secondo addetto della Centropadane mi esorta a monitorare nei prossimi mesi che non mi siano stati addebitati quaranta e passa euro per l'intera tratta, ma solo i pochi euro da Castelvetro a Piacenza Sud e ritorno.
La verità è che è il problema è conosciutissimo dagli addetti ai lavori.
Ed è ormai acclarato che se uno vuole può percorrere venti volte un triangolo di autostrada tra Castelvetro, Piacenza Sud e svincolo, e alla fine del giro uscire, che so, a Caorso e pagare solo una tratta da Castelvetro a Caorso.
Sì ma perché farlo poi? Per dadaismo, no?
mercoledì 1 aprile 2009
Il triangolo di Piacenza Sud
Questa sera ho scoperto una falla spazio-temporale del sistema autostradale italiano. In premio, invece del Nobel, ho ricevuto un invito a presentarmi a un Punto Blu a "regolarizzare la mia posizione". Ma andiamo con ordine.
Al termine di una corrispondenza dalla prefettura di Cremona per Caterpillar(Radio2) verso le 19.50 saluto il prefetto e i suoi gentili ospiti e salgo sulla mia Multipla a metano, diretto verso la mia residenza brianzola. Seguendo le indicazioni del Garmin, percorro qualche chilometro e imbocco la A21 Torino-Brescia a Castelvetro Piacentino, direzione Torino, passando, ovviamente, dall'entrata del telepass, visto che ne ho uno in dotazione.
Percorro una decina di chilometri, supero una sola uscita: quella di Caorso, ma una volta giunto nei pressi dell'area di servizio "Nure" mi ricordo di aver lasciato un cellulare sulla scrivania del prefetto. Chiamo subito il centralino della prefettura dove due cortesi piantoni di servizio si premurano di recuperare il cellulare.
Devo tornare indietro. La soluzione classica prevede di abbandonare l'autostrada alla successiva uscita e di rientrare nella direzione opposta.
E così decido di fare: procedo ma l'uscita successiva è, di fatto, un doppio raccordo con la A1: a distanza di pochi metri c'è prima l'uscita di raccordo per la A1 direzione nord, verso Milano per intenderci, e subito dopo l'uscita di raccordo per la A1 direzione sud, verso Piacenza Sud-Bologna.
Tirando a indovinare e seguendo un po' il Garmin, che però si perde, snobbo l'uscita verso Milano e imbocco il raccordo verso sud. Temo di aver sbagliato, quando circa un chilometro dopo, forse meno, sempre procedendo ancora sulla corsia del raccordo, trovo la freccia a destra per Brescia che mi rimanda sulla A21 nella direzione giusta, quella che mi permette di tornare a Castelvetro Piacentino, dove ero entrato.
Una volta giunto a Castelvetro, la sbarra del telepass non si apre. Un cartello mi intima di non abbandonare il veicolo. Attendo istruzioni. Dopo un paio di minuti una voce femminile mi chiede da un interfono dove sono entrato in autostrada. Cerco di spiegare il giro, ma lei mi segnala che essendo entrato e uscito dallo stesso casello le risulta un'inversione in autostrada e mi consiglia di recarmi, nei prossimi giorni, a un Punto Blu a "regolarizzare la mia posizione".
Non era previsto che qualcuno dimenticasse il telefono sulla scrivania del prefetto.
Non era previsto che qualcuno percorresse il triangolo di Piacenza Sud.
Quello che succede quando poi tento di "regolarizzare la mia posizione" è un'altra piccola odissea che racconto qui.
martedì 10 marzo 2009
I've Seen the Old Trafford in My Dreams
Si dice che sia inelegante raccontare i propri sogni (se non al proprio analista). Ricordo in proposito, ad esempio, una battuta in un film di Wim Wenders, "Falso movimento", tratto dal Wilhelm Meister di Goethe (chissà la battuta se c'è anche nel libro). Ma questo sogno devo raccontarlo.
Non è stato un sogno notturno però: stamattina, erano quasi le otto, sono stato svegliato dal cane, ma pochi minuti dopo sono tornato a letto e ho dormito fino a dopo le nove, arrivando dieci minuti in ritardo alla lezione di cinese su skype.
In quella mezzora abbondante ho sognato Manchester vs. Inter, il ritorno di Champions League che si gioca domani sera, ma che fino a pochi minuti fa pensavo fosse oggi (cioè pensavo che oggi fosse già l'11). Però ho sognato di vederla da bordo campo, come mi sarebbe tanto piaciuto (poi i casi della vita e gli impegni quotidiani hanno deciso diversamente).
Era un Old Trafford molto più sgarrupato e spartano di quello che si vede in TV, quasi uno stadio di campagna, pur sempre molto inglese.
Sì, ma la partita come è andata? Nel primo tempo attaccano di più i Red Devils senza segnare. Poi nel secondo tempo l'Inter ha due occasioni per passare, la prima su un erroraccio della difesa, poi una specie di rigore in movimento in bello stile di Balotelli, fuori di qualche centimetro. Poco dopo, palla lunga nell'area dell'Inter, difesa colta quasi in contropiede, fallo di mano, rigore di Cristiano Ronaldo e gol, siamo circa al ventesimo della ripresa. L'Inter cerca di ribaltare il risultato, con l'1-1 ci qualifichiamo, ma non c'è niente da fare. Quando mancano pochi minuti alla fine mi allontano per la tensione, e cammino con un signore che poi scopro essere il mio povero babbo, il quale mi dice che non si riconosce più in questo calcio che lascia fuori i talentuosi per mettere gente tosta, ma senza abilità e mi cita il caso di Acquafresca lasciato fuori nel Cagliari (e io aggiungo anche Matri e Jeda) per un giocatore straniero che non esiste in natura (qualcosa non esiste, tipo Tomas... no, no, non era Larrivey). Strana questa citazione per Acquafresca.
Quando torniamo a bordocampo la partita è finita ma ci sono i giocatori del Manchester che stanno firmando autografi verso un po' dei propri tifosi. Uno dei giocatori, che mi sembra abbastanza giovane (forse Carrick) mi dice in italiano: " "Complimenti Inter!" (in fondo abbiamo perso solo 1-0 su rigore). Gli chiedo come sa l'italiano, mi racconta qualcosa che non ricordo. Gli chiedo come ha visto la partita. Interviene anche un altro giocatore più anziano, uno grosso biondastro che non esiste nel Manchester e dice: "Bene se non fosse per i troppi falli stupidi, specie di Martins". Gli faccio notare che Martins non gioca più nell'Inter e allora si mettono d'accordo che forse era Muntari. Una tifosa del Manchester mi chiede il cambio della felpa: ho una felpa blu della Rai, niente di che, anche perché usata, lei ha una giubbotto sportivo non male, ma anche questo usato e forse un po' femminile. Con un po' di titubanza, accetto lo scambio. C'è un bel clima tutto sommato, ma porca pupazza siamo fuori.
Non è stato un sogno notturno però: stamattina, erano quasi le otto, sono stato svegliato dal cane, ma pochi minuti dopo sono tornato a letto e ho dormito fino a dopo le nove, arrivando dieci minuti in ritardo alla lezione di cinese su skype.
In quella mezzora abbondante ho sognato Manchester vs. Inter, il ritorno di Champions League che si gioca domani sera, ma che fino a pochi minuti fa pensavo fosse oggi (cioè pensavo che oggi fosse già l'11). Però ho sognato di vederla da bordo campo, come mi sarebbe tanto piaciuto (poi i casi della vita e gli impegni quotidiani hanno deciso diversamente).
Era un Old Trafford molto più sgarrupato e spartano di quello che si vede in TV, quasi uno stadio di campagna, pur sempre molto inglese.
Sì, ma la partita come è andata? Nel primo tempo attaccano di più i Red Devils senza segnare. Poi nel secondo tempo l'Inter ha due occasioni per passare, la prima su un erroraccio della difesa, poi una specie di rigore in movimento in bello stile di Balotelli, fuori di qualche centimetro. Poco dopo, palla lunga nell'area dell'Inter, difesa colta quasi in contropiede, fallo di mano, rigore di Cristiano Ronaldo e gol, siamo circa al ventesimo della ripresa. L'Inter cerca di ribaltare il risultato, con l'1-1 ci qualifichiamo, ma non c'è niente da fare. Quando mancano pochi minuti alla fine mi allontano per la tensione, e cammino con un signore che poi scopro essere il mio povero babbo, il quale mi dice che non si riconosce più in questo calcio che lascia fuori i talentuosi per mettere gente tosta, ma senza abilità e mi cita il caso di Acquafresca lasciato fuori nel Cagliari (e io aggiungo anche Matri e Jeda) per un giocatore straniero che non esiste in natura (qualcosa non esiste, tipo Tomas... no, no, non era Larrivey). Strana questa citazione per Acquafresca.
Quando torniamo a bordocampo la partita è finita ma ci sono i giocatori del Manchester che stanno firmando autografi verso un po' dei propri tifosi. Uno dei giocatori, che mi sembra abbastanza giovane (forse Carrick) mi dice in italiano: " "Complimenti Inter!" (in fondo abbiamo perso solo 1-0 su rigore). Gli chiedo come sa l'italiano, mi racconta qualcosa che non ricordo. Gli chiedo come ha visto la partita. Interviene anche un altro giocatore più anziano, uno grosso biondastro che non esiste nel Manchester e dice: "Bene se non fosse per i troppi falli stupidi, specie di Martins". Gli faccio notare che Martins non gioca più nell'Inter e allora si mettono d'accordo che forse era Muntari. Una tifosa del Manchester mi chiede il cambio della felpa: ho una felpa blu della Rai, niente di che, anche perché usata, lei ha una giubbotto sportivo non male, ma anche questo usato e forse un po' femminile. Con un po' di titubanza, accetto lo scambio. C'è un bel clima tutto sommato, ma porca pupazza siamo fuori.
martedì 3 marzo 2009
Ci vediamo domani!
Anche se girava una bottiglia di spumante, questo pomeriggio alle quattro erano ancora tese le addette del Benetton di Corso Vercelli a Milano.
Dovevo fare un servizio per Caterpillar e raccontare di come, da sabato scorso, avessero occupato il negozio, dopo che la società che aveva il negozio in franchising aveva avviato per tutte loro la procedura di licenziamento, come raccontava oggi il Giornale.
Dico "dovevo" fare un servizio perché nella mattinata il problema si è risolto: la nuova proprietà ha acquisito il ramo d'azienda e, come si deve fare in questi casi, ha confermato tutte nel proprio posto di lavoro. Il negozio, mi dicono, riaprirà lunedì.
Scendevano le scale dopo quattro giorni di occupazione, coi visi ancora tirati, come di chi ha saputo da un medico del pronto soccorso che il proprio amico ha rischiato ma ce la farà. Ma certamente nessuna di loro crederà più all'illusione del "posto sicuro".
Portavano giù dalle scale borsoni pesanti, monitor, forni a microonde: si erano portate di tutto per sostenere una lunga occupazione.
Raggiunto il marciapiede davanti al negozio una di loro ha proposto di andare a bere qualcosa, ma la maggior parte aveva forse solo voglia di andare a casa.
Improvvisamente dall'altra parte della strada (una via piuttosto larga, dove passano anche i tram) una commessa del negozio di fronte si sono messe a chiamarle: "Ce l'avete fatta?" "Sì, è fatta, abbiamo vinto".
Altre tre o quattro commesse si sono unite alle prima e si sono messe ad applaudire le ragazze della Benetton, come quando una squadra vincente applaude un avversario valoroso. "Brave!"
Quando dalla parte della strada dove mi trovavo, dalla parte di Benetton, una ha gridato: "Ci vediamo domani!", non sono riuscito a trattenermi e sono scoppiato a piangere.
Dovevo fare un servizio per Caterpillar e raccontare di come, da sabato scorso, avessero occupato il negozio, dopo che la società che aveva il negozio in franchising aveva avviato per tutte loro la procedura di licenziamento, come raccontava oggi il Giornale.
Dico "dovevo" fare un servizio perché nella mattinata il problema si è risolto: la nuova proprietà ha acquisito il ramo d'azienda e, come si deve fare in questi casi, ha confermato tutte nel proprio posto di lavoro. Il negozio, mi dicono, riaprirà lunedì.
Scendevano le scale dopo quattro giorni di occupazione, coi visi ancora tirati, come di chi ha saputo da un medico del pronto soccorso che il proprio amico ha rischiato ma ce la farà. Ma certamente nessuna di loro crederà più all'illusione del "posto sicuro".
Portavano giù dalle scale borsoni pesanti, monitor, forni a microonde: si erano portate di tutto per sostenere una lunga occupazione.
Raggiunto il marciapiede davanti al negozio una di loro ha proposto di andare a bere qualcosa, ma la maggior parte aveva forse solo voglia di andare a casa.
Improvvisamente dall'altra parte della strada (una via piuttosto larga, dove passano anche i tram) una commessa del negozio di fronte si sono messe a chiamarle: "Ce l'avete fatta?" "Sì, è fatta, abbiamo vinto".
Altre tre o quattro commesse si sono unite alle prima e si sono messe ad applaudire le ragazze della Benetton, come quando una squadra vincente applaude un avversario valoroso. "Brave!"
Quando dalla parte della strada dove mi trovavo, dalla parte di Benetton, una ha gridato: "Ci vediamo domani!", non sono riuscito a trattenermi e sono scoppiato a piangere.
mercoledì 11 febbraio 2009
Butta giù un asso!
La mia ipotesi sulla rumba presa ieri dal Brasile è brutalmente questa: i nostri assi sono finiti. Non abbiamo più campioni.
Gli undici titolari della nazionale italiana campione del mondo 2006 erano tutti signori sulla trentina: il più anziano, Marco Materazzi, non aveva ancora compiuto 33 anni, il più giovane, Andrea Pirlo, ne aveva già compiuti 27. Tutta gente nata tra la seconda metà del 1973 e la prima del 1979. Un periodo d'oro per gli azzurri: Buffon, Cannavaro, Totti, Del Piero, Pirlo, Nesta, Inzaghi, Materazzi, Gattuso, Toni, Zambrotta sono nati tutti in quegli anni.
La vena si va asciugando fino al 1982, anno comunque di Cassano, Gilardino, Borriello, con un ultimo guizzo nel 1983 (Daniele De Rossi). Dopodiché iniziano gli anni bui (o semibui) dove forse l'unico giocatore per cui una grandissima squadra potrebbe fare un'offerta è Giuseppe Rossi (1987). Anni tanto bui che anche moltissimi dei nomi successivamente inseriti da Donadoni e poi di nuovo da Lippi dopo il mondiale sono ancora frutti della leva precedente (1973-1983): Di Natale (1977), Quagliarella (1983), Dossena (1981), Legrottaglie (1976), Pepe (1983), Bonera (1981), Gamberini (1981).
Possibile che i cinque anni dal 1984 al 1988, tolto Giuseppe Rossi, ci abbiano dato solo Chiellini (1984) Aquilani (1984) e Montolivo (1985)? Sì del 1987 abbiamo in prospettiva, forse, Giovinco (che però ancora fa la riserva nella Juventus) e Acquafresca (ancora in prestito al Cagliari) che sono altri due 1987. Vogliamo metterci anche Criscito (1984)? Comunque poca roba.
Ci aspetteranno cinque-sei anni bui, salvo raccordare gli elementi più giovani della generazione precedente con i nuovi che stanno emergendo: tipo Ariaudo 1989, Balotelli 1990, Santon 1991 (forse ancora giovani ma, per dire, Bergomi ha vinto un mondiale a 18 anni e mezzo).
Insomma per fare anche solo benino ai mondiali del 2010, ci sarà da Sudafrica.
Gli undici titolari della nazionale italiana campione del mondo 2006 erano tutti signori sulla trentina: il più anziano, Marco Materazzi, non aveva ancora compiuto 33 anni, il più giovane, Andrea Pirlo, ne aveva già compiuti 27. Tutta gente nata tra la seconda metà del 1973 e la prima del 1979. Un periodo d'oro per gli azzurri: Buffon, Cannavaro, Totti, Del Piero, Pirlo, Nesta, Inzaghi, Materazzi, Gattuso, Toni, Zambrotta sono nati tutti in quegli anni.
La vena si va asciugando fino al 1982, anno comunque di Cassano, Gilardino, Borriello, con un ultimo guizzo nel 1983 (Daniele De Rossi). Dopodiché iniziano gli anni bui (o semibui) dove forse l'unico giocatore per cui una grandissima squadra potrebbe fare un'offerta è Giuseppe Rossi (1987). Anni tanto bui che anche moltissimi dei nomi successivamente inseriti da Donadoni e poi di nuovo da Lippi dopo il mondiale sono ancora frutti della leva precedente (1973-1983): Di Natale (1977), Quagliarella (1983), Dossena (1981), Legrottaglie (1976), Pepe (1983), Bonera (1981), Gamberini (1981).
Possibile che i cinque anni dal 1984 al 1988, tolto Giuseppe Rossi, ci abbiano dato solo Chiellini (1984) Aquilani (1984) e Montolivo (1985)? Sì del 1987 abbiamo in prospettiva, forse, Giovinco (che però ancora fa la riserva nella Juventus) e Acquafresca (ancora in prestito al Cagliari) che sono altri due 1987. Vogliamo metterci anche Criscito (1984)? Comunque poca roba.
Ci aspetteranno cinque-sei anni bui, salvo raccordare gli elementi più giovani della generazione precedente con i nuovi che stanno emergendo: tipo Ariaudo 1989, Balotelli 1990, Santon 1991 (forse ancora giovani ma, per dire, Bergomi ha vinto un mondiale a 18 anni e mezzo).
Insomma per fare anche solo benino ai mondiali del 2010, ci sarà da Sudafrica.
martedì 27 gennaio 2009
Se ragione misteriosa a gioir ciascuno appella
In questi giorni cupi una delle poche cose che riesco a guardare in tv senza irritarmi all'istante è la pubblicità del Campari Soda. Per fortuna lo spot viene proposto molto di frequente, con vari tagli, sia sui canali pubblici, sia su quelli privati e persino dalla tv del magnate australiano. Se fosse per me, lo manderei ancora più spesso. Per sedare la scimmia ogni tanto me lo riguardo anche su youtube.
Perché è bello? Intanto per la canzone, che io credevo fosse una falsa canzone degli Anni Trenta scritta ai giorni nostri e che invece, come Sergio Ferrentino mi ha fatto notare, non solo è una canzone originale dell'epoca (L'ora del Campari di Crivel, che si può trovare qui in versione integrale, comprensiva di testo), ma è un pezzo che addirittura avevamo mandato più volte in onda in un programma di Radio Popolare tanti anni fa.
Oltre alla canzone ci sono altre due fotogrammi che mi piacciono molto, due immagini illuminate da due mezzi sorrisi: quello sornione della ragazza che solleva il bicchiere (a 00:48 su youtube) e quello rassegnato del ragazzo sconfitto che entra nel bar (a 00:53 su youtube).
Riassumiamo brevemente la trama sollevando alcuni interrogativi.
Il concept è che un gruppo di amici si danno appuntamento verso le sette al bar per prendere l'aperitivo e... "l'ultimo che arriva paga da bere".
1. Il primo a scattare alle sette meno due minuti è A, il ragazzo con la tracolla, che chiude il negozio (prima domanda: che negozio è? sembra un negozio di articoli regalo o una cartoleria...) e si precipita in un taxi. (00:00-00:07)
2. Il taxi è guidato da un altro amico, B, riccio con la camicia a quadri, che riconosce al volo il trasportato come un possibile competitor, lo chiude dentro al taxi e si mette a correre verso il bar. (00:07-00:13)
3. Il ragazzo con la tracolla A riesce a uscire dal taxi passando dal tetto e insegue il tassista B. (00:13-00:17)
4. Nel frattempo l'impiegata C con la camicetta bianca e lo chignon nero, ostentando indifferenza, ma con frenesia crescente, passa tra i tavoli dell'open space, lancia la cartelletta alla segretaria e lascia l'ufficio, nervosa per il ritardo dell'ascensore. (00:17-00:22)
5. Un altro amico, D, anche lui vestito da "impiegatino" (camicia mezzemaniche beige e cravatta scura) e verosimilmente - ma non necessariamente - proveniente dallo stesso ufficio, scende vorticosamente una scala anti-incendio esterna a chiocciola. (00:22-00:23)
6. Sotto la scala, per la via, E, una bella ragazza con la camicia e i capelli scuri sciolti, corre a perdifiato verso il bar. (00:23-00:24)
7. Anche l'impiegata C, col suo chignon corre. (00:24-00:25)
8. Corre anche B il tassista (siamo sicuri che sia ancora lui?), che vediamo prima di fronte, e poi anche dall'alto questa volta assieme con il "trasportato" A il quale corre con la tracolla ormai alle calcagna (ma sono davvero loro? Sembra proprio di sì). (00:25-00:27)
9. Nel frattempo il barista coi baffi Z prepara un certo numero (un numero decisamente troppo alto per l'esigua quantità di corridori che stanno arrivando) di Campari Soda sul bancone: sembrano una quindicina sul lato lungo e cinque sul lato corto. Poi controlla l'orologio. (00:27-00:30)
10. Una ragazza F (siamo sicuri che non sia ancora E? Non del tutto, ma questa F sembra avere i capelli raccolti e quelli di E sembrano sciolti) e G, un ragazzo con i capelli molto corti che porta la giacca verde militare, corrono su una scala mobile. G con la giacca militare sembra attardato dalla folla, la ragazza F si volta verso di lui e fa un'espressione come a dire "non è colpa mia". Lui in bella acrobazia supera la gente sulla scala mobile. (00:30-00:35)
11.Piccola sequenza a montaggio incrociato: l'impiegatino D corre tra la folla (00:35) (ma è proprio lui?) mentre il tassista B corre tra la folla (00:35-00:36) (siamo sicuri che sia proprio lui?).
12. In campo lungo, in controluce, si intravvede correre quello che sembra essere ancora il tassista B. (00:37-00:38)
13. A, il ragazzo del negozio con la tracolla, arriva al bar trafelato, pare timoroso di essersi fatto superare, ma di fatto sembra essere arrivato proprio primo. (00:38-00:41)
14. L'impiegatino D viene attardato, su una piazza, da uno stormo di piccioni che si leva davanti a lui, mentre colei che lui inseguiva all'inizio, cioè la bella ragazza E (siamo sicuri che sia lei?) pochi metri più avanti corre senza problemi, si volta verso di lui, poi riprende a correre sorridente per la consapevolezza di averlo distanziato, mentre D è ancora alle prese coi piccioni. (00:41-00:45)
15. Al bar c'è, come sappiamo già, il ragazzo del negozio A, ma ora si intravvedono anche quelli che sembrano essere G (il ragazzo con i capelli corti e la giacca militare) e forse anche F (la ragazza che lo precedeva sulla scale mobili). Nell'inquadratura si nota anche un braccio con camicetta che potrebbe essere anche quello dell'impiegata C. (00:46-00:47)
16. Sempre al bar, il ragazzo del negozio A brinda con la bella ragazza E (la quale ci regala una splendida espressione sollevando il bicchiere) come a dire "eh, non sono affatto male come atleta!". (00:47-00:48)
17. Finalmente arriva al bar l'impiegatino D: è lui l'ultimo, è lui che paga da bere! Non si capisce come la bella ragazza E gli abbia preso tanti secondi di vantaggio solo per un volo di piccioni, ma tant'è... Ad accoglierlo trova il gruppo degli amici diviso in due: da un parte vediamo da sinistra l'impiegata C, il tassista B, la ragazza E (qui, diversamente da prima fa un'espressione che risulta un po' antipatica quasi piegando la schiena all'indietro) e un misterioso uomo che si intravvede alle spalle di E che non abbiamo ancora visto. (00:48-00:51)
18. Dall'altra parte troviamo il ragazzo del negozio A (è proprio lui?) e i due delle scale mobili, F e G. (00:51-00:52) Tutti ridono dell'impiegatino D.
19. Mentre il barista stappa il suo Campari D fa un bellissimo mezzo sorriso ciondolando un po' le braccia, come ad ammettere la sconfitta, procedendo dall'ingresso verso gli amici. (00:52-00:55)
20. La bella ragazza E gli toglie una piuma di piccione dalla testa e poi la soffia via tra i sorrisi degli altri. (00:55-00:57)
21. Mentre la speaker prende a dire: "Campari, l'ultimo che arriva paga da bere" il barista coi baffi Z porge finalmente il Campari Soda all'impiegatino D (si intravvedono anche A, F, G e C). (00:57-00:58)
22. Alla fine compaiono in chiave la bottiglia del Campari Soda, il logo e il sito internet, proprio sulle immagini dell'ultimo brindisi con ancora due bei sorrisi dell'impiegatino D che sembra persino pronunciare una mezza parola (Cheers? Cin Cin? Prosit?) e della bella E. Non si riesce a contare quante siano le mani del brindisi finale, ma sono verosimilmente sette (da A a G).
Detto questo, il Campari Soda a me non piace.
Perché è bello? Intanto per la canzone, che io credevo fosse una falsa canzone degli Anni Trenta scritta ai giorni nostri e che invece, come Sergio Ferrentino mi ha fatto notare, non solo è una canzone originale dell'epoca (L'ora del Campari di Crivel, che si può trovare qui in versione integrale, comprensiva di testo), ma è un pezzo che addirittura avevamo mandato più volte in onda in un programma di Radio Popolare tanti anni fa.
Oltre alla canzone ci sono altre due fotogrammi che mi piacciono molto, due immagini illuminate da due mezzi sorrisi: quello sornione della ragazza che solleva il bicchiere (a 00:48 su youtube) e quello rassegnato del ragazzo sconfitto che entra nel bar (a 00:53 su youtube).
Riassumiamo brevemente la trama sollevando alcuni interrogativi.
Il concept è che un gruppo di amici si danno appuntamento verso le sette al bar per prendere l'aperitivo e... "l'ultimo che arriva paga da bere".
1. Il primo a scattare alle sette meno due minuti è A, il ragazzo con la tracolla, che chiude il negozio (prima domanda: che negozio è? sembra un negozio di articoli regalo o una cartoleria...) e si precipita in un taxi. (00:00-00:07)
2. Il taxi è guidato da un altro amico, B, riccio con la camicia a quadri, che riconosce al volo il trasportato come un possibile competitor, lo chiude dentro al taxi e si mette a correre verso il bar. (00:07-00:13)
3. Il ragazzo con la tracolla A riesce a uscire dal taxi passando dal tetto e insegue il tassista B. (00:13-00:17)
4. Nel frattempo l'impiegata C con la camicetta bianca e lo chignon nero, ostentando indifferenza, ma con frenesia crescente, passa tra i tavoli dell'open space, lancia la cartelletta alla segretaria e lascia l'ufficio, nervosa per il ritardo dell'ascensore. (00:17-00:22)
5. Un altro amico, D, anche lui vestito da "impiegatino" (camicia mezzemaniche beige e cravatta scura) e verosimilmente - ma non necessariamente - proveniente dallo stesso ufficio, scende vorticosamente una scala anti-incendio esterna a chiocciola. (00:22-00:23)
6. Sotto la scala, per la via, E, una bella ragazza con la camicia e i capelli scuri sciolti, corre a perdifiato verso il bar. (00:23-00:24)
7. Anche l'impiegata C, col suo chignon corre. (00:24-00:25)
8. Corre anche B il tassista (siamo sicuri che sia ancora lui?), che vediamo prima di fronte, e poi anche dall'alto questa volta assieme con il "trasportato" A il quale corre con la tracolla ormai alle calcagna (ma sono davvero loro? Sembra proprio di sì). (00:25-00:27)
9. Nel frattempo il barista coi baffi Z prepara un certo numero (un numero decisamente troppo alto per l'esigua quantità di corridori che stanno arrivando) di Campari Soda sul bancone: sembrano una quindicina sul lato lungo e cinque sul lato corto. Poi controlla l'orologio. (00:27-00:30)
10. Una ragazza F (siamo sicuri che non sia ancora E? Non del tutto, ma questa F sembra avere i capelli raccolti e quelli di E sembrano sciolti) e G, un ragazzo con i capelli molto corti che porta la giacca verde militare, corrono su una scala mobile. G con la giacca militare sembra attardato dalla folla, la ragazza F si volta verso di lui e fa un'espressione come a dire "non è colpa mia". Lui in bella acrobazia supera la gente sulla scala mobile. (00:30-00:35)
11.Piccola sequenza a montaggio incrociato: l'impiegatino D corre tra la folla (00:35) (ma è proprio lui?) mentre il tassista B corre tra la folla (00:35-00:36) (siamo sicuri che sia proprio lui?).
12. In campo lungo, in controluce, si intravvede correre quello che sembra essere ancora il tassista B. (00:37-00:38)
13. A, il ragazzo del negozio con la tracolla, arriva al bar trafelato, pare timoroso di essersi fatto superare, ma di fatto sembra essere arrivato proprio primo. (00:38-00:41)
14. L'impiegatino D viene attardato, su una piazza, da uno stormo di piccioni che si leva davanti a lui, mentre colei che lui inseguiva all'inizio, cioè la bella ragazza E (siamo sicuri che sia lei?) pochi metri più avanti corre senza problemi, si volta verso di lui, poi riprende a correre sorridente per la consapevolezza di averlo distanziato, mentre D è ancora alle prese coi piccioni. (00:41-00:45)
15. Al bar c'è, come sappiamo già, il ragazzo del negozio A, ma ora si intravvedono anche quelli che sembrano essere G (il ragazzo con i capelli corti e la giacca militare) e forse anche F (la ragazza che lo precedeva sulla scale mobili). Nell'inquadratura si nota anche un braccio con camicetta che potrebbe essere anche quello dell'impiegata C. (00:46-00:47)
16. Sempre al bar, il ragazzo del negozio A brinda con la bella ragazza E (la quale ci regala una splendida espressione sollevando il bicchiere) come a dire "eh, non sono affatto male come atleta!". (00:47-00:48)
17. Finalmente arriva al bar l'impiegatino D: è lui l'ultimo, è lui che paga da bere! Non si capisce come la bella ragazza E gli abbia preso tanti secondi di vantaggio solo per un volo di piccioni, ma tant'è... Ad accoglierlo trova il gruppo degli amici diviso in due: da un parte vediamo da sinistra l'impiegata C, il tassista B, la ragazza E (qui, diversamente da prima fa un'espressione che risulta un po' antipatica quasi piegando la schiena all'indietro) e un misterioso uomo che si intravvede alle spalle di E che non abbiamo ancora visto. (00:48-00:51)
18. Dall'altra parte troviamo il ragazzo del negozio A (è proprio lui?) e i due delle scale mobili, F e G. (00:51-00:52) Tutti ridono dell'impiegatino D.
19. Mentre il barista stappa il suo Campari D fa un bellissimo mezzo sorriso ciondolando un po' le braccia, come ad ammettere la sconfitta, procedendo dall'ingresso verso gli amici. (00:52-00:55)
20. La bella ragazza E gli toglie una piuma di piccione dalla testa e poi la soffia via tra i sorrisi degli altri. (00:55-00:57)
21. Mentre la speaker prende a dire: "Campari, l'ultimo che arriva paga da bere" il barista coi baffi Z porge finalmente il Campari Soda all'impiegatino D (si intravvedono anche A, F, G e C). (00:57-00:58)
22. Alla fine compaiono in chiave la bottiglia del Campari Soda, il logo e il sito internet, proprio sulle immagini dell'ultimo brindisi con ancora due bei sorrisi dell'impiegatino D che sembra persino pronunciare una mezza parola (Cheers? Cin Cin? Prosit?) e della bella E. Non si riesce a contare quante siano le mani del brindisi finale, ma sono verosimilmente sette (da A a G).
Detto questo, il Campari Soda a me non piace.
sabato 24 gennaio 2009
Analisi di processo
Il processo per insider trading agli ex-vertici di Unipol Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti (condannati nell'ottobre 2006 a sei mesi di reclusione e circa 100mila euro come pena pecuniaria) andrà rifatto.
Da La Repubblica di ieri: "La Cassazione ha giudicato incompetente la procura di Milano e ha spedito a Bologna gli atti del processo". La Cassazione avrebbe accolto la tesi della difesa per la quale "l'acquisto delle obbligazioni (oggi dematerializzate) è avvenuto a Bologna, quando i titoli sono stati depositati sul dossier titoli di Unipol, nella filiale di Unipol banca".
Premetto che ho la cultura giuridica di un criceto, ma i conflitti di competenza non potrebbero essero risolti, magari con un pizzico di arbitrarietà, prima dei processi e non dopo? Anche perché, in fondo, tutto questo marchingegno poi lo pago anche io.
Amici che lavorate nella giustizia, avete buttato tempo (e già siete lenti) e denaro (e già ne avete poco).
Decidete prima. Che ci vuole?
Il caso di specie, per quanto di lana caprina (la Borsa dove è avvenuta la transazione è milanese, ma il deposito dei titoli bolognese) l'ho capito persino io: la Cassazione lo può dirimere in un'ora, applicandovi un unico uomo. Se poi sbaglia, amen: il caso andrà pur sempre in mano a dei giudici. I giudici di Milano, anche se magari non i più indicati, sono pur sempre dei giudici, non dei mobilieri o degli astrofisici. Se per una partita è più indicato l'arbitro Rizzoli, ma poi la dirige Rocchi, chi se ne frega, è pur sempre un arbitro. E comunque decidete prima. Non voglio pagarvi due volte perché il secondo giudice era leggermente più adatto.
Non vorrei scivolare nel populismo, ma il sospetto ovviamente è che questi conflitti di competenza territoriale vengano, statisticamente, sollevati solo da studi legali di un certo livello, per clienti di un certo livello, che, tipicamente, hanno maggiori margini di manovra.
E manovrando, manovrando finisce che... (cito sempre da La Repubblica) "Difficilmente il processo ora potrà arrivare alla conclusione, la prescrizione subentrerà nel 2010". Bingo!
Tre considerazioni finali:
1. Riforma della giustizia: questi gioiellini qui non potrebbero essere messi al primo posto tra le cose che non devono più succedere?
2. A proposito di analisi di processo: se anche l'informatica lavorasse così efficientemente probabilmente non avrei potuto nemmeno pubblicare questo post (non una gran perdita, lo so, ma per dire...).
3. Però forse sono un po' ingenuo io, forse ho semplificato troppo la materia. Qualche addetto ai lavori mi spiega dove sto sbagliando?
Da La Repubblica di ieri: "La Cassazione ha giudicato incompetente la procura di Milano e ha spedito a Bologna gli atti del processo". La Cassazione avrebbe accolto la tesi della difesa per la quale "l'acquisto delle obbligazioni (oggi dematerializzate) è avvenuto a Bologna, quando i titoli sono stati depositati sul dossier titoli di Unipol, nella filiale di Unipol banca".
Premetto che ho la cultura giuridica di un criceto, ma i conflitti di competenza non potrebbero essero risolti, magari con un pizzico di arbitrarietà, prima dei processi e non dopo? Anche perché, in fondo, tutto questo marchingegno poi lo pago anche io.
Amici che lavorate nella giustizia, avete buttato tempo (e già siete lenti) e denaro (e già ne avete poco).
Decidete prima. Che ci vuole?
Il caso di specie, per quanto di lana caprina (la Borsa dove è avvenuta la transazione è milanese, ma il deposito dei titoli bolognese) l'ho capito persino io: la Cassazione lo può dirimere in un'ora, applicandovi un unico uomo. Se poi sbaglia, amen: il caso andrà pur sempre in mano a dei giudici. I giudici di Milano, anche se magari non i più indicati, sono pur sempre dei giudici, non dei mobilieri o degli astrofisici. Se per una partita è più indicato l'arbitro Rizzoli, ma poi la dirige Rocchi, chi se ne frega, è pur sempre un arbitro. E comunque decidete prima. Non voglio pagarvi due volte perché il secondo giudice era leggermente più adatto.
Non vorrei scivolare nel populismo, ma il sospetto ovviamente è che questi conflitti di competenza territoriale vengano, statisticamente, sollevati solo da studi legali di un certo livello, per clienti di un certo livello, che, tipicamente, hanno maggiori margini di manovra.
E manovrando, manovrando finisce che... (cito sempre da La Repubblica) "Difficilmente il processo ora potrà arrivare alla conclusione, la prescrizione subentrerà nel 2010". Bingo!
Tre considerazioni finali:
1. Riforma della giustizia: questi gioiellini qui non potrebbero essere messi al primo posto tra le cose che non devono più succedere?
2. A proposito di analisi di processo: se anche l'informatica lavorasse così efficientemente probabilmente non avrei potuto nemmeno pubblicare questo post (non una gran perdita, lo so, ma per dire...).
3. Però forse sono un po' ingenuo io, forse ho semplificato troppo la materia. Qualche addetto ai lavori mi spiega dove sto sbagliando?
venerdì 16 gennaio 2009
Citizen K.
E comunque, nel caso, i 115 milioni di euro non devono andare a Berlusconi. Perché Ricardo belongs to Jesus.
mercoledì 7 gennaio 2009
77 giorni
Ma per un paese che rules the world non sono un po' troppi settantasette giorni tra un'elezione e un insediamento? Magari qualcuno pensa di sfuttare la vacanza. Magari qualcuno ne approfitta per fare le pulizie di Gaza.
domenica 4 gennaio 2009
Monopoli, che passione!
In queste vacanze di Natale ho potuto constatare con mano che anche i ragazzetti fanatici di Wii e Ds non disdegnano una partita al buon vecchio Monopoli. Io ci gioco dai tempi delle scuole medie: con i miei amici Alberto e Roberto ne avevamo anche inventato una versione "evoluta" che prevedeva un complessissimo sistema di prestiti alla banca con relativi interessi e investimenti azionari. Ma rimanendo alla versione classica, ho maturato negli anni una discreta pratica che si basa fondamentalmente su 8 punti: due promemoria, cinque suggerimenti per la vittoria e una proposta di variante.
1. Promemoria #1: ricordarsi sempre di far pagare ai concorrenti, come da regolamento, il valore dei contratti d'acquisto ottenuti in partenza (quando giocavamo da ragazzini omettevamo quasi sempre di farlo).
2. Promemoria #2: ricordarsi di applicare sempre la regola "Non si possono costruire alberghi finché non si abbiano 4 case su ogni lotto del gruppo". In altri termini: non posso passare nell'ambito dello stesso turno di gioco da 0, 1, 2 o 3 case all'albergo. Prima devo fare almeno un tiro di dadi avendo tutte le case del gruppo con 4 case. Solo in seguito posso costruire uno o più alberghi. Questa norma è fondamentale anche ai fini della "penuria di case", vedi suggerimento #2 al punto 4.
2. Promemoria #2: ricordarsi di applicare sempre la regola "Non si possono costruire alberghi finché non si abbiano 4 case su ogni lotto del gruppo". In altri termini: non posso passare nell'ambito dello stesso turno di gioco da 0, 1, 2 o 3 case all'albergo. Prima devo fare almeno un tiro di dadi avendo tutte le case del gruppo con 4 case. Solo in seguito posso costruire uno o più alberghi. Questa norma è fondamentale anche ai fini della "penuria di case", vedi suggerimento #2 al punto 4.
3. Suggerimento #1: Se non si ha la possibilità di ottenere i contratti dei "colori" più vantaggiosi (tipicamente i viola e - in parte - i gialli e i rossi) si può, anzi si deve, puntare a condurre una "partita chiusa" bloccando in ogni modo qualsiasi tentativo da parte dei giocatori "messi meglio" di completare l'acquisto di un colore, idealmente acquistando un contratto per ogni colore o solidarizzando con altri giocatori "messi male" per bloccare acquisti finalizzati e trattative.
4. Suggerimento #2: Sempre nel caso di non essere riusciti a ottenere i contratti dei colori più "remunerativi" e volendo attuare la tecnica della "partita chiusa", sarà bene sfruttare la "penuria di case", esplicitamente prevista dal regolamento. Nella scatola di gioco le case sono soltanto 32. Se non si è riusciti ad può essere utile cercare di portare a casa un po' di contratti a basso costo, costruendo molte case su questi terreni. Teoricamente lasciando 4 case senza fare mai gli alberghi su tutti i rosa (2), su tutti gli azzurri (3) e su tutti gli arancioni (3) teniamo occupate le 32 case (4x8=32) con esborsi ragionevoli: con la modica somma di 5.500 euro (220.000 lire nella vecchia versione) si blocca qualsiasi tentativo di costruire case sugli altri colori.
5. Suggerimento #3: Non puntare mai a "fare" i verdi. Fare le case sui verdi è estremamente costoso e relativamente poco remunerativo rispetto ai viola, ma anche rispetto a gialli e rossi. Non è che i verdi (Via Roma, Corso Impero e Largo Augusto) portino sfiga, ma in qualche modo finiscono con il danneggiare il proprietario.
6. Suggerimento #4: Non lasciare mai e poi mai che qualcun altro si porti a casa i due viola (Viale dei Giardini e Parco della Vittoria). Se questo succede, salvo casi miracolosi, la partita è matematicamente persa. Se avete uno dei due contratti viola cercate di accaparrarvi l'altro, ma se non vi riuscite, tenetelo anche in cambio di offerte faraoniche (specialmente se provenienti dal proprietario dell'altro contratto viola).
7. Suggerimento #5: In condizioni normali, non lasciare MAI due sole case su una proprietà, ma cercare sempre di passare a tre case: tra due e tre c'è sempre un vero e proprio salto nel costo dell'affitto da pagare nel caso che qualcuno ci cada.
Veduta di Monopoli |
8. Proposta di variante: C'è un metodo alternativo a quello suggerito dal regolamento (cioè fissare un tempo) per abbreviare la durata di una partita. Consiste nel decidere (a priori o nel corso della gara, se tutti sono d'accordo) di smettere di prelevare soldi dalla banca, lasciando solo la possibilità di pagare. In pratica dal momento stabilito se si passa dal via non si prendono più i 500 euro (o le 20.000 lire della vecchia versione); oppure se una carta "imprevisti" comporta la "vincita" di 10 euro, non si preleverà alcunché dalla banca, mentre se c'è da pagarne 10 questi verranno versati regolarmente alla banca. In questo modo il capitale circolante andrà rapidamente (ma non troppo) a diminuire provocando fallimenti a catena, fino alla determinazione del vincitore. Teoricamente questa norma si può applicare prestissimo nel corso della partita, per arrivare a una versione di Monopoli-flash.