Si dice che sia inelegante raccontare i propri sogni (se non al proprio analista). Ricordo in proposito, ad esempio, una battuta in un film di Wim Wenders, "Falso movimento", tratto dal Wilhelm Meister di Goethe (chissà la battuta se c'è anche nel libro). Ma questo sogno devo raccontarlo.
Non è stato un sogno notturno però: stamattina, erano quasi le otto, sono stato svegliato dal cane, ma pochi minuti dopo sono tornato a letto e ho dormito fino a dopo le nove, arrivando dieci minuti in ritardo alla lezione di cinese su skype.
In quella mezzora abbondante ho sognato Manchester vs. Inter, il ritorno di Champions League che si gioca domani sera, ma che fino a pochi minuti fa pensavo fosse oggi (cioè pensavo che oggi fosse già l'11). Però ho sognato di vederla da bordo campo, come mi sarebbe tanto piaciuto (poi i casi della vita e gli impegni quotidiani hanno deciso diversamente).
Era un Old Trafford molto più sgarrupato e spartano di quello che si vede in TV, quasi uno stadio di campagna, pur sempre molto inglese.
Sì, ma la partita come è andata? Nel primo tempo attaccano di più i Red Devils senza segnare. Poi nel secondo tempo l'Inter ha due occasioni per passare, la prima su un erroraccio della difesa, poi una specie di rigore in movimento in bello stile di Balotelli, fuori di qualche centimetro. Poco dopo, palla lunga nell'area dell'Inter, difesa colta quasi in contropiede, fallo di mano, rigore di Cristiano Ronaldo e gol, siamo circa al ventesimo della ripresa. L'Inter cerca di ribaltare il risultato, con l'1-1 ci qualifichiamo, ma non c'è niente da fare. Quando mancano pochi minuti alla fine mi allontano per la tensione, e cammino con un signore che poi scopro essere il mio povero babbo, il quale mi dice che non si riconosce più in questo calcio che lascia fuori i talentuosi per mettere gente tosta, ma senza abilità e mi cita il caso di Acquafresca lasciato fuori nel Cagliari (e io aggiungo anche Matri e Jeda) per un giocatore straniero che non esiste in natura (qualcosa non esiste, tipo Tomas... no, no, non era Larrivey). Strana questa citazione per Acquafresca.
Quando torniamo a bordocampo la partita è finita ma ci sono i giocatori del Manchester che stanno firmando autografi verso un po' dei propri tifosi. Uno dei giocatori, che mi sembra abbastanza giovane (forse Carrick) mi dice in italiano: " "Complimenti Inter!" (in fondo abbiamo perso solo 1-0 su rigore). Gli chiedo come sa l'italiano, mi racconta qualcosa che non ricordo. Gli chiedo come ha visto la partita. Interviene anche un altro giocatore più anziano, uno grosso biondastro che non esiste nel Manchester e dice: "Bene se non fosse per i troppi falli stupidi, specie di Martins". Gli faccio notare che Martins non gioca più nell'Inter e allora si mettono d'accordo che forse era Muntari. Una tifosa del Manchester mi chiede il cambio della felpa: ho una felpa blu della Rai, niente di che, anche perché usata, lei ha una giubbotto sportivo non male, ma anche questo usato e forse un po' femminile. Con un po' di titubanza, accetto lo scambio. C'è un bel clima tutto sommato, ma porca pupazza siamo fuori.
martedì 10 marzo 2009
martedì 3 marzo 2009
Ci vediamo domani!
Anche se girava una bottiglia di spumante, questo pomeriggio alle quattro erano ancora tese le addette del Benetton di Corso Vercelli a Milano.
Dovevo fare un servizio per Caterpillar e raccontare di come, da sabato scorso, avessero occupato il negozio, dopo che la società che aveva il negozio in franchising aveva avviato per tutte loro la procedura di licenziamento, come raccontava oggi il Giornale.
Dico "dovevo" fare un servizio perché nella mattinata il problema si è risolto: la nuova proprietà ha acquisito il ramo d'azienda e, come si deve fare in questi casi, ha confermato tutte nel proprio posto di lavoro. Il negozio, mi dicono, riaprirà lunedì.
Scendevano le scale dopo quattro giorni di occupazione, coi visi ancora tirati, come di chi ha saputo da un medico del pronto soccorso che il proprio amico ha rischiato ma ce la farà. Ma certamente nessuna di loro crederà più all'illusione del "posto sicuro".
Portavano giù dalle scale borsoni pesanti, monitor, forni a microonde: si erano portate di tutto per sostenere una lunga occupazione.
Raggiunto il marciapiede davanti al negozio una di loro ha proposto di andare a bere qualcosa, ma la maggior parte aveva forse solo voglia di andare a casa.
Improvvisamente dall'altra parte della strada (una via piuttosto larga, dove passano anche i tram) una commessa del negozio di fronte si sono messe a chiamarle: "Ce l'avete fatta?" "Sì, è fatta, abbiamo vinto".
Altre tre o quattro commesse si sono unite alle prima e si sono messe ad applaudire le ragazze della Benetton, come quando una squadra vincente applaude un avversario valoroso. "Brave!"
Quando dalla parte della strada dove mi trovavo, dalla parte di Benetton, una ha gridato: "Ci vediamo domani!", non sono riuscito a trattenermi e sono scoppiato a piangere.
Dovevo fare un servizio per Caterpillar e raccontare di come, da sabato scorso, avessero occupato il negozio, dopo che la società che aveva il negozio in franchising aveva avviato per tutte loro la procedura di licenziamento, come raccontava oggi il Giornale.
Dico "dovevo" fare un servizio perché nella mattinata il problema si è risolto: la nuova proprietà ha acquisito il ramo d'azienda e, come si deve fare in questi casi, ha confermato tutte nel proprio posto di lavoro. Il negozio, mi dicono, riaprirà lunedì.
Scendevano le scale dopo quattro giorni di occupazione, coi visi ancora tirati, come di chi ha saputo da un medico del pronto soccorso che il proprio amico ha rischiato ma ce la farà. Ma certamente nessuna di loro crederà più all'illusione del "posto sicuro".
Portavano giù dalle scale borsoni pesanti, monitor, forni a microonde: si erano portate di tutto per sostenere una lunga occupazione.
Raggiunto il marciapiede davanti al negozio una di loro ha proposto di andare a bere qualcosa, ma la maggior parte aveva forse solo voglia di andare a casa.
Improvvisamente dall'altra parte della strada (una via piuttosto larga, dove passano anche i tram) una commessa del negozio di fronte si sono messe a chiamarle: "Ce l'avete fatta?" "Sì, è fatta, abbiamo vinto".
Altre tre o quattro commesse si sono unite alle prima e si sono messe ad applaudire le ragazze della Benetton, come quando una squadra vincente applaude un avversario valoroso. "Brave!"
Quando dalla parte della strada dove mi trovavo, dalla parte di Benetton, una ha gridato: "Ci vediamo domani!", non sono riuscito a trattenermi e sono scoppiato a piangere.
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