Due anni fa, nel 2013, il CIAI aveva lanciato la campagna di raccolta fondi: "Non ha voce. Ma ha fame" per finanziare un progetto a sostegno di un gruppo di bambini malnutriti e di donne in gravidanza in Costa d'Avorio. In quell'occasione avevamo realizzato una intervista con la coordinatrice del progetto, Marina Palombaro, una conversazione ancora molto attuale, che si può trovare qui.
A distanza di due anni, il CIAI
rilancia la campagna. È cambiato il numero verde (ora è il 45505)
per inviare gli SMS a sostegno, è cambiato l'hashtag da utilizzare
su twitter: #dicoNOallafame, è cambiata anche la coordinatrice del
progetto, ma l'obiettivo di fondo è rimasto lo stesso: lottare
contro la malnutrizione.
Ho chiesto quali sono le novità
direttamente a Camilla D'Alessandro, responsabile del CIAI per la
Costa d'Avorio. Ma prima di procedere mi piacerebbe che tutti i
lettori inviassero (entro il 4 marzo 2015) almeno un SMS del valore
di 2 euro a sostegno di questa campagna del CIAI al 45505.
Camilla D'Alessandro, molte cose le
abbiamo spiegate nella precedente intervista, ma alcuni dati, ancora
oggi sono impressionanti.
Sì, il tasso di mortalità infantile
dei bambini della Costa d'Avorio sotto i 5 anni è del 127 per mille, uno dei più alti al mondo.
La malnutrizione cronica infantile raggiunge il 20,2% (di cui il 15%
in forma severa) mentre il 50% dei piccoli in età prescolare soffre
di anemia.
Cosa è cambiato in questi due anni
in Costa d'Avorio, la situazione politica è migliorata? È più
facile per voi operare?
È un paese che ha vissuto la guerra
civile. Nessuna guerra è meno grave di un'altra, ma quella civile
all'interno di uno stato, lo danneggia alle radici ed è provocata
dall'odio e dall'incomprensione con la tua stessa gente, le persone
con le quali frequenti la stessa scuola, condividi la stessa città;
“purtroppo” la diversità di religione, etnia e origini spesso è
vista come un fattore di rischio.
Ora la Costa d'Avorio non è più in
guerra e la gente riesce a muoversi e circolare abbastanza
tranquillamente, paura dell'Ebola permettendo.
Lo Stato sta
investendo molto per il reinserimento sociale degli ex-combattenti
che rischiano di votarsi alla delinquenza, ma sta altrettanto
richiamando gli operatori economici che avevano lasciato la Costa
d'Avorio per rilanciare l'economia. Il paese sta chiedendo aiuto alle
Organizzazioni internazionali per ricostruire le strade, le scuole e
gli ospedali mitragliate e distrutte nel conflitto. Luoghi che spesso
davano da rifugio a questa e quella truppa. La Costa d'Avorio vuole
da un lato ricostruirsi materialmente dall'altro ripartire con basi
forti di coesione sociale per la democrazia e la pace.
Il cambiamento è un processo
medio-lungo, ma crediamo che le donne e i bambini siano l'elemento
chiave per crescere una generazione più consapevole dei propri
diritti e dei propri doveri: ecco perché la strategia di questo
progetto punta tutto sulle mamme!
Mi spieghi nel dettaglio cosa
andremo a finanziare con i nostri SMS oggi nel 2015?
Costruiremo un Centro di nutrizione
presso l'ospedale di Alépé: significa mettere a disposizione dei
bambini di un intero distretto una struttura di riferimento per i
casi di malnutrizione grave che non possono essere prese in carico e
fronteggiate nei villaggi sparsi sul territorio.
Per un bambino malnutrito e per la sua
famiglia significa trovare un centro attrezzato con personale
specializzato e formato per la cura della malnutrizione; operatori in
grado di riconoscere i sintomi della malattia, curarla e dare
indicazioni alla famiglia su cosa sta succedendo al loro bambino e
cosa dovranno fare a casa per un suo pieno recupero.
Inoltre le famiglie troveranno un posto
autogestito da altre mamme che, formate dal personale di progetto,
alleveranno polli e conigli e coltiveranno ortaggi per il proprio
sostentamento famigliare e quello del centro stesso. In questo modo,
al di là del costo iniziale per la costruzione sostenuto dal
Progetto, le attività del centro nutrizionale saranno sostenibili
economicamente in futuro.
Rispetto ad altre ONG, il CIAI ha un
modus operandi particolarmente orientato al supporto di referenti
locali. È un modello funzionale?
Il CIAI supporta e cerca di rafforzare
le competenze locali degli attori sul territorio - realtà della
società civile, associazioni e ONG locali – ma anche le
istituzioni (ministeri, dipartimenti).
Questo lo fa rispondendo al loro
bisogno di formazione specifica in tema di tutela dei diritti dei
minori, di gestione di un'associazione (scrittura progetti, programma
attività, rendiconti, ecc.) o ancora per migliorare una legge o
mettere in pratica delle buone prassi in materia di protezione dell'infanzia.
Abbiamo dato molto spazio innanzitutto
ai nostri dipendenti locali: anni fa, agli inizi, dei nostri
interventi in Africa, CIAI inviava responsabili di sede e
coordinatori di progetto dall'Italia, poi nel
tempo, i colleghi locali sono stati
formati e, come si suol dire, “hanno fatto carriera”. Oggi infatti a distanza di anni
entrambi i rappresentanti di CIAI in loco sono africani.
Siamo convinti che gli operatori locali
possano essere una grande risorsa attiva per il cambiamento all'interno del loro stesso Paese.
Come abbiamo imparato due anni fa,
molte difficoltà sono culturali. Ad esempio la diffidenza contro il
consumo di uova. Cosa viene fatto in questo senso?
Mi ricordo che mia nonna mi raccontava
di quanto fosse importante fasciare le gambe dei bambini per non farle crescere storte o
incerottare le orecchie per non farle venire a sventola. Credo che se avessi avuto l'opportunità di dire a
mia nonna, quando era giovane madre, che mia madre avrebbe comunque avuto o non avuto le gambe
dritte e le orecchie a sventola, mi avrebbe dato della folle!
Qui siamo un po' nello stesso “campo
di gioco”: se arrivassimo in Costa d'Avorio e dicessimo “le
uova non fanno diventare i bambini
ladri, diamogliele”, faremmo arroccare la gente sulle proprie
posizioni e non produrremmo alcun
risultato, verremmo catalogati come i “bianchi che vogliono
sapere tutto e non sanno nulla”.
Immediatamente gli ivoriani citerebbero decine di casi di persone
a cui sono state date uova da piccoli e
sono diventati ladri. Quello che dobbiamo fare invece è agire promuovendo l'educazione.
L'educazione fa sì che siano le
persone singolarmente e la comunità stessa a maturare la
consapevolezza di ciò che è bene e di ciò che è male. In questo
senso gli animatori di CIAI del
progetto parleranno delle proprietà
nutritive di tutti gli alimenti senza mettere l'accento su questo o
quell'alimento.
Se spieghiamo loro le proprietà della
carne, dei fagioli e anche delle uova, ad esempio, sarà la mamma
stessa ad un certo punto - non avendo a disposizione i primi due
alimenti - a provare a dare al proprio figlio le uova per guarirlo
dalla malnutrizione.
Ci dici due o tre cose che non
conosciamo della Costa d'Avorio? A parte la recente vittoria nella
Coppa d'Africa e il fatto di essere il primo paese produttore di
cacao al mondo...
Ricordo che una volta una collega mi
disse che ci sono tante streghe che si nascondono tra la gente normale. Io le chiesi se lei le avesse
mai viste di persona. Mi rispose di no, ma che sua nonna le ha
raccontato di averne vista una volta mentre si lavava al fiume. Ho
fatto una faccia perplessa
dicendole che le streghe non esistono!
E lei si è offesa dicendomi se insinuavo che sua nonna
mentiva!!! La credenza in streghe e
stregoni è largamente diffusa.
Ad oggi, nelle zone rurali esiste
ancora il matrimonio forzato e purtroppo ancora oggi molte
ragazzine vengono date in spose a
uomini vecchi. Le famiglie pagano infatti così la riconoscenza
verso un'altra famiglia nei casi in cui
abbiano ricevuto aiuti in momenti di difficoltà : “Per dimostrarti
la mia riconoscenza ti darò una donna della mia famiglia per tuo
figlio”. Alla drammaticità di questa scelta si
aggiunge dell'altro: dato che è il capo famiglia a decidere all'interno di una famiglia, questi può
decidere di tenersela per sé invece di “darla” al figlio. E quindi la ragazzina si ritrova sposata
ad un anziano.
La famiglia infatti è un concetto
molto importante nella comunità africana e si è parenti sino ad un
lontanissimo grado. La famiglia è una
specie di clan e le decisioni relative a qualsiasi membro sono
prese dal consiglio di famiglia. Il
consiglio di famiglia è composto da tutti gli anziani della famiglia
e da alcuni rappresentanti di giovani e
delle donne.
Il consiglio di famiglia prende le
decisioni importanti sui propri membri: studi, salute, spostamenti
e sostiene sia burocraticamente che
economicamente le spese. Ad esempio, nel caso di una malattia
grave di uno dei membri, è il
consiglio di famiglia a decidere se curarlo in città, spostarlo in
un'altra
città o all'esterno del paese (in base
alle possibilità economiche della famiglia).
Cosa rappresenta il braccialetto
tricolore che avete scelto come simbolo di questa campagna?
Il braccialetto riproduce
simbolicamente il braccialetto che viene utilizzato dagli infermieri
CIAI nei villaggi per determinare se un bambino è malnutrito oppure
no e se sì a che livello.
Il braccialetto ha una parte rossa, una
gialla e una verde.
Alla visita, l'infermiere stringe il
braccialetto a metà del braccio del bambino e lo allaccia. Se il
braccialetto si allaccia sul verde, il
bambino non è malnutrito; se si allaccia sul giallo, il bambino è malnutrito in modo moderato e può
essere curato all'interno del villaggio; se è rosso, il bambino è malnutrito grave e deve essere
trasferito in un ospedale.
Con il primo progetto abbiamo potuto
prendere in carico i bambini malnutriti moderati, ma i bambini “rossi” devono essere
ricoverati in ospedale e spesso i genitori non hanno i soldi
necessari.
Con questo secondo progetto vogliamo
costruire pertanto un Centro nutrizionale – una sorta di
Il braccialetto, inoltre, è un modo
semplice per determinare il tipo di malnutrizione : i genitori, anche se analfabeti, possono vedere con
i loro occhi cosa i colori rappresentano.
Mentre l'infermiere allaccia il
braccialetto è bello vedere che compare finalmente il verde dopo settimane di cure: la speranza negli
occhi delle mamme pian piano si trasforma in una gioia incontenibile, con tanto di applausi!
Non posso descrivervelo.
Quanto tempo passi fuori dall'Italia
ogni anno e come è la tua giornata tipo quando sei in Costa
d'Avorio?
Non c'è un tempo determinato, dipende
dalla mole delle attività all'interno di un Paese. Io seguo anche altri paesi e diciamo che c'è un
periodo in cui mi muovo di più, quello autunnale e quello primaverile, quello insomma che
favorisce gli spostamenti in loco in maniera più agevole.
In genere le attività sono gestite
tutte a livello locale tramite i capi progetto e i rappresentanti
paese e sono solo coordinate a livello di
definizione di strategie dall'Italia. Tuttavia quando mi sposto in missione è per fare una valutazione di
un determinato progetto, stringere nuovi accordi, definire nuovi obiettivi con delle direzioni dei
Ministeri o con dei partner locali o ancora valutare un nuovo intervento in un'altra area del paese.
Quindi le mie giornate sono variegate e
possono passare da un incontro con un direttore o un
Ministro oppure in mezzo ad un campo a
vedere degli ortaggi o a parlare con i capofamiglia su
come è cambiato la loro vita dopo
l'introduzione di una latrina famigliare costruita secondo un progetto CIAI.
Tornando alla campagna, quali altre
iniziative sono previste qui in Italia? Questo è anche l'anno di
EXPO il cui tema è proprio il cibo.
Da anni il CIAI propone percorsi di
educazione alla cittadinanza mondiale in scuole di vario ordine e
grado per parlare di diritti e comportamenti consapevoli del vivere
quotidiano. In questo anno scolastico e all'interno di questo
progetto il tema del cibo, complice l'imminente EXPO, è sicuramente
al centro.
Da mesi risuonano in televisione, alla
radio e su qualsiasi giornale notizie e approfondimenti sulla
prossima esposizione universale “Nutrire il pianeta. Energia per la
vita” che, per quanto ci riguarda, vogliamo vedere come opportunità
per affrontare temi e questioni fondamentali a livello globale.
Vogliamo cogliere l'opportunità offerta da questo grande evento per
portare a scuola questioni con cui dobbiamo confrontarci all'interno
dei progetti di cooperazione e trasformali in occasione di
apprendimento critico.
Queste le domande chiave da porre ai
bambini: Come sono suddivise le risorse nel
mondo? C'è cibo per tutti? Mangiamo tutti nello stesso modo e nelle
stesse quantità?
I percorsi di educazione alla
cittadinanza mondiale accompagnano bambini e ragazzi a rispondere a
queste domande. È infatti un'opportunità educativa per stimolare il
pensiero critico su temi di vita quotidiana e per stimolare azioni
consapevoli. Le conoscenze acquisite in questi percorsi non sono
saperi diversi da quanto viene insegnato a scuola, ma possibilità
che quello che si conosce diventi azione, si trasformi in un
comportamento quotidiano, in qualcosa che si fa, che tutti possiamo
fare.
Le giovani generazioni non sempre
conoscono il significato di cibo stagionale o a km zero e spesso
vengono educati ad uno stile alimentare poco consapevole. Fanno
propri stili alimentari caratterizzati da cibi economici e veloci da
preparare, assecondando dettami commerciali che inducono a scelte
alimentari poco responsabili. Questi atteggiamenti non solo
comportano delle conseguenze per la nostra salute, ma incrementano i
disequilibri a livello internazionale.
CIAI attraverso percorsi di educazione
alla sovranità alimentare in 10 scuole e l'organizzazione di cinque eventi di sensibilizzazione sul
territorio milanese, vuole creare consapevolezza tra i bambini, i
ragazzi e la cittadinanza sui temi legati alla sovranità alimentare
e sulla possibilità reale di attivarsi a favore di scelte più
consapevoli e responsabili attraverso lo scambio e la diffusione di
buone prassi.