Il mio
precedente intervento si chiudeva invitando il professor Ponti a spiegare meglio un suo tweet in cui, parlando di ricerca e sviluppo, diceva testualmente:
il privato pretende un ROI di mercato (magari a tre mesi), il pubblico no (se è sovrano). A questo tweet io avevo risposto ricordandogli che (
dati del 2011) la Finlandia, che non ha più una propria politica monetaria sovrana, ha speso in ricerca e sviluppo il 3.1% del PIL contro un misero 1,6% della Norvegia la quale, essendo fuori dall'Eurozona (e fuori dalla UE) ha una propria banca centrale e una politica monetaria autonoma.
Ecco, in rosso, la risposta di Ponti (si trova anche nei commenti al precedente post, mi sono permesso di correggere qualche piccolo refuso) ed alcuni miei commenti (in nero). Fate attenzione al colore: in rosso è sempre Ponti anche se all'inizio mi cita (tra virgolette).
Sono sinceramente lusingato da tanta attenzione, troppo onore. Lasciamo perdere "adepto",e "fare il grosso", che pure meriterebbero...
Ammetto che i due virgolettati (miei) erano un po' irrispettosi e guasconi, ma venivano in risposta ad affermazioni che avevo trovato vagamente indisponenti. Sono comunque d'accordo a chiudere qui questo aspetto, che non ci fa fare passi avanti nel merito. (Nella foto a lato la festa di inaugurazione dell'Eurovision Song Contest 2014 a Copenhagen),
Concentriamoci sulla domanda finale: "Se Ponti, che sul suo profilo twitter dice di fare il professore di diritto amministrativo e non il picchiatore o l'usciere (con il massimo rispetto per gli uscieri) mi legge qui, provi innanzitutto a spiegarmi perché ritiene che soltanto se "è sovrano" il pubblico potrebbe investire nella ricerca e nello sviluppo"
A me la risposta appare di una banalità disarmante, ma va comunque data. Grazie. Per sovranità monetaria si intende la possibilità, per lo stato, di fissare (più o meno direttamente, ma comunque controllando l'esito) i tassi di interesse ai quali lo Stato medesimo remunera i titoli del debito che emette (in modo inesatto e fuorviante si dice "stampare moneta"). Nel nostro paese funzionava così prima del "divorzio" tra Banca d'Italia e Tesoro. Bene, lo sapevamo già, ma mi può star bene come definizione: del resto l'onere della definizione spettava a chi ha introdotto il tema della sovranità.
Ora, se io (stato) posso finanziarmi a queste condizioni, dispongo di consistenti margini di manovra nel finanziare gli investimenti, e potrò più agevolmente (e con maggiori mezzi) dedicarmi a finanziare tutte quelle forme di investimento cui il privato invece NON si dedica perché NON garantiscono un ritorno certo, o significativo. I casi sono molteplici (ricerca curiosity oriented, beni comuni, infrastrutture), in cui o manca il profitto (perché lo stato non intende guadagnare) oppure il profitto non è certo (non lo so chi e quando scoprirà che cosa, e che profitti ciò potrà generare).
Qui per me si fa un po' di confusione mescolando due argomenti. 1) Il primo argomento è attinente al quesito: chi finanzia quella parte di ricerca che non ha un ritorno immediato? Lo farà il sig. X (imprenditore privato) o lo Stato Y?. Non c'è dubbio, neanche da parte mia, che sia più facile che sia lo Stato. Il caso più tipico è quello della ricerca sulle malattie rare. L'industria farmaceutica ha ovvie difficoltà a investire milioni per tentare (senza garanzie di successo) di creare farmaci per curare una malattia che ha poche decine di pazienti. Le istituzioni pubbliche, che giustamente hanno come missione quella di tentare di non lasciare indietro nessuno, possono contribuire, magari sostenendo economicamente la ricerca della società del sig. X (ora però non dimentichiamoci che in moltissimi paesi esistono fondazioni tipo la Fondazione Telethon, che supportano la ricerca sulle malattie rare grazie al sostegno dei privati cittadini e questo avviene sia in Stati con sovranità monetaria sia in stati senza sovranità monetaria). In ogni caso, ripeto, non ho nessuna difficoltà ad ammettere che è più facile che sia il pubblico che non il privato a finanziare quella parte della ricerca che non ha un ritorno immediato. Non accetto invece l'affermazione che gli stati "sovrani" abbiano meno difficoltà a finanziarla rispetto agli stati non sovrani. E il caso Finlandia-Norvegia è lì a dimostrarlo: la Finlandia, non sovrana, spende il doppio del proprio PIL in ricerca e sviluppo rispetto alla confinante Norvegia. Insomma: Stato Y batte Sig. X, ma non necessariamente batte Stato W. 2) il secondo argomento è attinente a un'altra domanda: io, Stato, in generale, (indipendentemente da come poi spendo) come mi finanzio? Ma questo piano va tenuto ben distinto dal primo.
Ora, se invece lo Stato decide di finanziarsi SUL MERCATO FINANZIARIO, cioè rinuncia alla sovranità monetaria, cioè si fa prestare i soldi sul mercato ed alle condizioni di mercato, ecco che i margini di manovra si riducono notevolmente. perché i capitali privati vogliono essere remunerati.
perché il tasso lo stabilisce il mercato (e non più lo Stato).
Qui siamo ancora in pieno "argomento 2". L'investitore che deve prendere titoli di Stato finlandesi, difficilmente sarà spaventato dal fatto che siano al sesto posto nel mondo per ricerca e sviluppo. Comprerà titoli di Stato finlandesi (stato non monetariamente sovrano), indipendentemente da come spendono i soldi gli amici di Helsinki, facendo una valutazione sul tasso proposto e sul rischio che il debito non venga onorato. La stessa cosa verrà fatta quando valuterà l'acquisto di titoli norvegesi (stato con sovranità monetaria).
Ora ci troviamo di fronte a una situazione particolare: la Finlandia, che A) non è stato monetariamente sovrano, e che B) spende quasi il doppio della Norvegia in ricerca e sviluppo, ha - oggi - uno spread
molto più basso della Norvegia.
Cioè oggi, 11 giugno 2014, paga il proprio debito a un tasso medio di 1,607% (spread vs. Bund a 19,7) contro il 2,654% dei norvegesi (spread vs. Bund a 124,4, ovvero un livello - adesso possiamo dirlo - quasi italiano).
Evidentemente gli investitori non si stanno preoccupando molto del fatto che i finlandesi non abbiano sovranità monetaria e spendono un sacco in ricerca e sviluppo. Anzi: permettendo ai finlandesi di approvvigionarsi a tassi così bassi, i mercati non scoraggiano i finlandesi a proseguire nella loro opera di finanziamento della ricerca.
Questo sembrerebbe contraddire in modo significativo le affermazioni di Ponti. Ma siamo qui ad attendere le sue eventuali controdeduzioni.
Si noti, per altro, che date queste condizioni, quando capita che la necessità di ricorrere alla spesa pubblica si fa più impellente (nei cicli economici avversi), come leva per rilanciare la crescita, è allora che il denaro (sui mercati) finisce per costare di più, perché il ciclo è negativo, l'economia non tira, e gli investimenti sono più rischiosi. Cioè, la rinuncia alla sovranità monetaria (via indipendenza banca centrale) rende più costosa la spesa pubblica proprio quando ce ne è più bisogno (forte, no?)
Su questo posso concordare: la mancata sovranità, in quei momenti tosti, ti toglie un'arma (la svalutazione) il che può avere messo noi, e magari anche la Finlandia, in difficoltà nei momenti peggiori della crisi finanziaria (quando il nostro spread era sopra i 500 punti), ma A) da allora le istituzioni europee hanno studiato migliori misure di salvaguardia, e altre sono in fase di realizzazione B) una volta finita la fase acuta, il fare parte dell'Eurozona, è tornato, come prima della crisi, a dare il vantaggio di permettere noi (e la Finlandia) di finanziare il debito a tassi ragionevoli.
Se a questo ci aggiungiamo:
1) la rinuncia alla sovranità di cambio, ciò che rende impossibile rilanciare l'economia mediante le esportazioni via svalutazione (quindi, meno probabile la ripresa, quindi più rischioso l'investimento in attività produttive, quindi più costoso il denaro anche per lo stato);
2) la rinuncia alla sovranità fiscale (perché il fiscal compact, che noi ci siamo addirittura autoimposti in costituzione, tagliandoci le palle quando a Bruxelles ci avevano chiesto solo di strizzarle molto forte), con il che - quand'anche lo stato volesse spendere più di quanto incassa, indebitandosi a prezzi di mercato pur di rilanciare l'economia (e fidando sull'effetto del moltiplicatore fiscale, appunto) - non lo si può fare; percui se vuoi spendere di più devi incassare di più in tasse, ma se alzi le tassi deprimi ulteriormente l'economia (austerity, hai presente? citofonare Monti), ergo il denaro costa ancora di più, spirale del debito e via andare...
... ecco che i margini per fare spesa pubblica si sono AZZERATI.
Falso: il caso della Finlandia è lì a dimostrarlo. Sia ben inteso: non sto qui dicendo che la Finlandia sia il paradiso in terra. L'unico punto qui è il livello di spesa pubblica in ricerca e sviluppo/PIL in uno stato dell'Eurozona.
Se lo stato si mette in mano ai mercati per procurarsi le risorse di cui abbisogna (e che gli abbisognano di più quando c'è crisi, cioè quando è più rischioso investire, ed il denaro costa fatalmente di più...) disporrà di minore (o, al limite, di nessuna) capacità di spesa. In particolare, per quella spesa che lui solo (lo stato) sarebbe in grado di fare (perché il privato non la fa).
Nei momenti acuti è vero, ma valgono le considerazioni di cui poco sopra.
Chi è dentro l'euro:
1) o è la Germania (che si finanzia a tassi negativi ormai da 4 anni), ed è quindi sostanzialmente sovrano (visto che la BCE fa gli interessi della Germania)
2) oppure non è più sovrano, e quindi non ha più margini di politica economica, e quindi è nella merda fino al collo.
Falso: il caso della Finlandia è lì a dimostrarlo.
Benedetto Ponti
PS:(basta andare sul sito della mia università, unipg.it, per trasformare rapidamente un "dice di fare il professore" in un "fa il professore")
Qui non c'era nemmeno l'intento irriverente e un po' guascone da parte mia (vedi primo commento in alto: intendevo semplicemente dire che Ponti, nel suo profilo twitter "ci segnala che fa il professore").
Postilla importante: Perché non sembri che io sono l'unico fissato nel confrontare Svezia e/o Norvegia vs. Finlandia (ma, come dicevo, le comparazioni così "comode" sono poche) prendete questo
articolo di fine novembre 2011. Il buon Joe Weisenthal, un
anti-eurista convinto, commentando gli spread crescenti (allora) della Finlandia e calanti (allora) della Svezia sottolineava che
The only obvious difference between the two: Finland is part of the Eurozone, meaning it can't print its own money. Sweden has no such risk.
Oggi, 11 giugno 2014, non solo le dinamiche si sono invertite, ma anche i valori assoluti degli spread sono diversi: la Finlandia, che è nell'eurozona, sorpresa, ha uno
spread più basso della Svezia.
Non sono così folle da dimenticare che ha una sua razionalità l'idea di valutare un fattore nel momento di massimo stress e, oggettivamente, in quel momento, novembre 2011, l'Euro, anche in Finlandia, stava performando male, sotto lo stress dei mercati. Questo è stato confermato anche da
Paul De Grauwe, a Trento, all'ultima edizione di Festival Economia di Trento. Dopo aver sottolineato l'importanza di avere una propria Banca Centrale, ad una mia specifica domanda: "Da investitore allora io dovrei essere più preoccupato di investire in Bond finlandesi rispetto a Bond svedesi?", lui ha risposto che in tempi normali non fa molta differenza: la differenza emerge in situazioni di crisi (
domanda a 1:20:30 e risposta a 1:27:30) come ad esempio nel 2010-11.
Ora se è certamente razionale valutare l'effetto Euro sotto stress, e non oggi che le cose vanno meglio e lo spread della Finlandia è più basso rispetto a quello della Svezia, dall'altro lato questo è anche ingeneroso per due motivi A) la vita normale è fatta principalmente di tempi normali e meno di tempi di crisi B) va ricordato che per i tempi di crisi le istituzioni europee nel 2011 non si erano ancora attrezzate adeguatamente. Non c'era ancora stato il "Whatever it takes" di Mario Draghi e tutte le misure poste in essere e pianificate successivamente. Certo l'eurozona, come dice De Grauwe concludendo, è ancora molto fragile, ma meno fragile del 2011 e più fragile di quanto lo sarà nel 2020.