venerdì 27 aprile 2012

Se tanto mi dà Santa.

Dare consigli, da ateo, alla Chiesa Cattolica (e in generale alle chiese cristiane) su come fare proseliti, è peggio che tentare di vendere caloriferi agli eschimesi, è peggio della pioggia sul bagnato, è peggio che tirarsi un boomerang addosso per mostrare al mondo quanto si è precisi nel farlo tornare indietro.
Il mio però non è esattamente un consiglio su come conquistare nuovi fedeli, ma più precisamente un consiglio su come NON perderne in tenera età.
È nozione comune che nella vita di ogni piccolo cattolico moderno, almeno nella stragrande maggioranza dei paesi occidentali, l'insorgere della seconda dentizione si associa con il verificarsi di una delle più grandi disillusioni della vita, un evento che spesso coincide con la perdita dell'innocenza e il definitivo smarrimento nella fiducia nel prossimo: la presa di coscienza che non è Babbo Natale (o, ai miei tempi, Gesù Bambino, Santa Lucia o la Befana) a portare i regali la notte di Natale.
Dal momento stesso in cui ha luogo la sconvolgente scoperta, viene improvvisamente valorizzata quella strana diffidenza che si era già fatta strada nella mente del giovane soggetto nel corso delle settimane precedenti (il disvelamento non arriva quasi mai inaspettato, alcune domande "tecniche" riguardanti la pervietà del camino, la tabella di marcia delle renne, l'apparente ubiquità del vecchio, eccetera, si affastellano tumultuose), mentre la fiducia riposta nei genitori (e in generale negli adulti) viene scossa alle radici. "Avevo fatto bene a diffidare di loro negli ultimi tempi, avevo fatto male a fidarmi, quando ero piccolo".
Insomma: la diffidenza assume rapidamente il ruolo di valore fondante della propria identità adulta.
Passano gli anni, magari quattro, magari otto, e c'è un'altra storia che non torna: la storia di questo giovane uomo nato da una ragazza vergine in Palestina, il quale dice cose molto giuste, ma riesce anche a trasformare l'acqua in vino, a moltiplicare i pani e i pesci, a resuscitare il suo amico Lazzaro e in conclusione perfino se stesso (senza peraltro farsi poi rivedere, una volta resuscitato, dalla folla in piazza a Gerusalemme, ma soltanto ai suoi scarsi discepoli). Una storia che, beh, suona davvero strana. E chi l'ha raccontata al piccolo? Ancora una volta i genitori e altri adulti. Gli stessi che volevano fargli credere che i regali li porta Babbo Natale o persino lo stesso Gesù Bambino! Ma se Gesù, come ora il ragazzetto sa, non è nemmeno capace di portare due giocattolini, perché dovrebbe essere capace di resuscitare dai morti e ascendere al cielo? "Ci sono caduto l'altra volta, perché ero piccolo, ma stavolta non mi fregano più!". Certo, tesoro.
Sembra molto legittimo che nella prima adolescenza molti ragazzi perdano la fede, se sono stati già gabbati, a loro tempo, con la panzana di Babbo Natale e Gesù Bambino.
Concludendo: se la Chiesa Cattolica vuole evitare che molti adolescenti perdano la fede nella prima adolescenza deve combattere come la peste tutte queste manfrine sui regali di Natale e istruire le famiglie più fedeli a dismettere tali pratiche fondando la comunicazione con i bambini sulla verità e la fiducia reciproca: i regali li portano i genitori, ma Gesù è risorto davvero.
Per dire.