martedì 30 settembre 2008

Le parole però/2

Tanti contributi e tutti di ottimo livello al primo post sulle parole che fanno ridere da sole. Non sto a segnalare quali delle parole proposte mi fanno ridere di più e quali meno. Alcune tantissimo, ma non è questo il punto. Il fatto è che ormai è chiaro che con queste parole, se vogliamo che facciano un effetto ancora migliore, dobbiamo passare qualche secondo da soli guardandole negli occhi, abbandonandoci al quel misto tra suono e senso, tra significato e significante, da cui traggono quella magica essenza che ci spinge all'ilarità. Bergamotto, psicopompo canapé, chiurlo, tutta roba buona.
Tecnicamente anche un'altra cosa è chiara: che molta della magia sta nei suffissi. Prendiamo spocchia, citato da pozzanghera. Spocchia fa ridere soprattutto per quell' -occhia che qui credo sia nella radice, ma è suffisso in Sandrocchia (il celebre soprannome di Sandra Milo) che fa ridere da qualsiasi parte lo si guardi e al maschile è l'-occhio di Pinocchio. E di pastrocchio citato da Mag. Ma l'occhio da solo non fa affatto ridere, non è vero?
Però -cchio risuona, guarda caso, anche nel mucchio, citato da elena. Ti sbaciucchio... fa ridere, come anche pelucco. Pelucco fa molto ridere.
Anche se è -ucco e non -ucchio. Ucco: conoscevo un signor Trabucco che portava il kerosene in una casetta a S.Andrea di Rovereto sul Levante ligure quando avevo quattro anni. Il suo bel cognome mi ha sempre colpito, già da allora.
Così, sempre per rimanere al primo contributo, sberla fa ridere, ma mai come sberleffo, che ha in più quell' -effo che poi, al femminile troviamo anche in Genoveffa (che ha sempre fatto ridere, specie se si pensa che è la traduzione di Geneviève) o nel già citato bizzeffe.
Ricettacolo, certo, pinnacolo, ancora la magia dei suffissi.
Franchigia, bingo mazzo! Vorrei averlo detto io. Qui ancora la magia del suffisso c'è, ma alterigia e la stessa cupidigia fanno ridere un po' meno. Franchigia deve avere qualcosa di suo, forse perché sembra anche un po' il nome di una persona, un misto tra Franca e Gigia. Stanto sull'-igia bisogna ammettere però che il pigia-pigia (nella valigia di Minghi e Mietta) spacca. Già che ci siamo... PIGIAMA! Com'è che nessuno l'ha detto? Raga, qui si dorme, magari proprio in Pigiama.
Dall'-igia all'-agia della bambagia citata da Mag il passo è breve. E nella bamb-agia, dove si allevano i bamb-ini viziati, si dorme ancora meglio!

Le parole che no

Mentre è ancora aperta l'urna per la segnalazione di parole che fanno ridere da sole possiamo anche pensare a un ulteriore passo avanti verso le parole che fanno venire l'orticaria all'istante.
Per me non c'è gara: su tutti i vocaboli si staglia, immenso, l'aggettivo "solare". Ne parlavo giusto stamattina con la mia amica Giada con la quale orgogliosamente condivido una scarsa solarità. Certo, anche l'aggettivo "mitico" (segnalato persino da una canzone di De Gregori) non scherza affatto, specie quando pronunciato con due tì, ma vuoi mettere "solare"?
Insopportabile specialmente quando applicato a se stesso (più spesso a se stessa) magari in un curriculum vitae un po' informale per un posto da figurante o da soubrette: "gli amici mi considerano un tipo solare". Si tratta della stessa tipa a cui quando viene chiesto di citare un proprio difetto, durante il successivo provino o, più genericamente, durante il successivo colloquio di lavoro (ma perché è stata convocata se aveva scritto "solare" sul cv?) immancabilmente e credendo di essere immensamente furba, risponde: "sono molto testarda", sapendo perfettamente che essere testarde è un "falso difetto", ma ignorando assolutamente che nove su dieci di quelle che l'hanno preceduta hanno risposto allo stesso modo, povera imbecille solare.
Solare. Vediamo chi lo batte. Astenersi mitici e altri tormentoni televisivi: la parola deve fare venire l'orticaria da sola, non perché un comico di quart'ordine l'ha ripetuta alla nausea.

sabato 20 settembre 2008

Il concetto di strage

Se non mi sbaglio sei morti ammazzati nello stesso posto in Italia non c'erano stati dal 19 luglio 1992, il giorno in cui ci sembrò crollare tutto, il giorno di via D'Amelio. Quella di Castelvolturno dell'altro ieri è stata decisamente una strage, ma ha fatto molta fatica a trovare il suo posto nelle prime pagine dei giornali di ieri (e spesso non l'ha nemmeno trovato). Taglio basso o pagine interne per tutti. Chi per lasciare posto ad Alitalia, chi per non fare ombra all'esecutivo (del resto non dobbiamo dimenticare il ruolo che il fattore-sicurezza ha giocato in campagna elettorale, assieme ad Alitalia e alla spazzatura di Napoli, e adesso il governo di destra si ritrova per strada la peggiore strage da 16 anni a questa parte) chi, infine - e sono la maggior parte - perché, "dai, sicuramente, insomma, troppo perbene e troppo italiani questi sei non dovevano essere...".

Le parole però

Ci sono parole che fanno ridere da sole. Begonia è sicuramente una di queste. Da anni mi pongo l'obiettivo di stilarne l'elenco ma, dimenticandomi di trascriverle, tutte le volte che mi ci sono provato, mi sono fermato quasi sempre alla sola Begonia.
Però stamattina Mag, di Maglobe, mi segnala che anche Rogito ha una sua insita propensione a suscitare ilarità. E in effetti... E allora cerchiamo di trovarne un po' di queste parole, senza affastellarle, però. Per lasciarci ipnotizzare da loro fino alle convulsioni dobbiamo rimanere da soli con ognuna di loro, per qualche tempo, senza pensare alle altre.
Rimaniamo in ambito legale: Peculato. Mica male, no?
Ora Abigeato. Funziona? No?
Allora proviamo con Usucapione.
Se non fa presa l'ambito legale concentriamoci su Capriola.
Bene. Ci sono poi tutta una serie di parole che utilizzano suffissi strani tipo Pozzanghera. Ok c'è una piccola pozza d'acqua, ma perché non si chiama pozzetta o pozzina? Quell'-anghera non fa ridere immediatamente? Un mio amico ci ha fatto anche un blog non da ridere, però.
E che dire di Paciugo? Chi non ride con Paciugo non ride con nulla.
C'è poi una parola triste che fa molto ridere ed è Mogio. E anche qui è tutto merito di quell' - ogio finale.
Anche il finale -gna è ricco. Chiudo gli occhi e resto solo con Sugna, con Prugna, con Magagna o, perché no?, con Fregna.

Ci sono poi le parole che non significano nulla se non sono inserite in locuzioni: Iosa, Bizzeffe. Iosa non fa ridere, ma Bizzeffe... mamma mia!
Che poi come ce le immaginiamo le Bizzeffe? E la Iosa? Per me le Bizzeffe sono come delle erbacce con delle piccole spighe sparse in un campo sterminato. La Iosa invece, che comunque non fa ridere, per me è una specie di bisaccia in cuoio. Ah beh, Bisaccia, che ghignate, la Bisaccia.
E Ghignare, non fa ridere anche lei? Più che l'infinito fa ridere la terza persona singolare dell'indicativo presente: Ghigna, Lui Ghigna. Mmmm, pensavo meglio.
E il Dimenticatoio, che pure non fa ridere, come ce lo immaginiamo? Quando qualcosa va "nel Dimenticatoio", questo dimenticatoio com'è? Certamente in legno, una specie di leggio con un cassetto dotato di una fessura, dove entrano dei fogli per non uscirne più. Questo per dire un'altra parola che non ha un corrispettivo reale, come Iosa e Bizzeffe. Però Dimenticatoio non fa ridere. Cacciucco fa ridere.

E poi l'insospettabile: Dentifricio. Amici, con Dentifricio sono risate vere, devo anche dirvi perché?

lunedì 8 settembre 2008

Il cinese e il ragazzo

Milano Cronaca de "il Giornale" di oggi, 8 settembre 2008, pagina 44:

Cinese alla guida travolge ragazzo
Non si ferma ma perde la targa per strada


"Sabato notte un 27enne salvadoregno è stato investito e ferito in modo grave da un'auto il cui conducente, un cinese di 22 anni, si è dileguato senza soccorrerlo per poi costituirsi alla polizia. (...)"


Allora, qui ci sono un cinese e un salvadoregno. Un ventiduenne e un ventisettenne. Un investitore e una vittima.


Ma perché l'investitore (di 22 anni) nel titolo viene definito come un CINESE mentre la vittima (di 27 anni), invece di essere descritto come un salvadoregno, è semplicemente un RAGAZZO?


Amico de il Giornale: perché non titoli (seguo la tua logica di etichettare per nazionalità): "Cinese alla guida travolge salvadoregno?" oppure (seguo sempre la tua logica di avere un occhio anche alla carta di identità) perché non: "Ragazzo alla guida travolge salvadoregno?" (in fondo il cinese ha cinque anni di meno e ha molto più diritto del salvadoregno di essere chiamato ragazzo) o, casomai, (ma qui occorreva un colpo di genio che difficilmente ti sarebbe potuto venire): "Ragazzo alla guida travolge ragazzo"? (che poi, tutto sommato, questo è successo: un ragazzo, un giovane uomo, ne ha investito un altro, chi se ne frega da dove vengono l'uno e l'altro).


Sono io che sono paranoico o sei tu che scrivi il titolo a essere un'immensa testa di minchia che cerca di fare passare ogni straniero residente in questo paese come un "colpevole"? Un colpevole che quando poi, per puro caso, si trasforma in "vittima", allora perde il suo status di straniero e diventa "uno di noi", un ragazzo appunto.

Uno che sarei potuto essere io, oppure uno che - forse ancora meglio - saresti potuto essere tu, con tutti i cinesi che ci sono in giro pronti a investire noi, che in fondo ci sentiamo sempre un po' ragazzi, indipendemente dal fatto che abbiamo 14, 22, 27 oppure 50 anni.