mercoledì 26 marzo 2008

Liste

Non è così vero che io ami compilare liste, come afferma Matteo Bordone. O meglio: amavo farlo un tempo, prima di scoprire le tabelle. Le liste sono belle, ma mono-dimensionali, cioè hanno solo le righe. Le tabelle invece oltre alle righe hanno anche magiche colonne che ti consentono di allargarti alla seconda dimensione.
Non c'è il minimo dubbio che questo sia un tratto ossessivo, ma costruire liste e tabelle è rilassante e in qualche caso pure utile.
Ma per stare all'aspetto strettamente ossessivo, costruire una lista o una tabella ti dà l'idea di ordinare la realtà e in qualche modo di controllarla, di renderla inerte o comunque prevedibile e quindi in ultima analisi, morta o perlomeno incapace di nuocerti.
Le prime liste che ricordo di avere compilato alle scuole elementari o medie erano liste di città o nazioni. Lo strumento principe di questo gioco era il fantastico Calendario Atlante De Agostini che usciva tutti gli anni nella sua impeccabile rilegatura bordeaux. Le città italiane andavano cercate nel sommario (che le divideva per regione) e poi ordinate sul mio foglio per numero di abitanti. Bisognava fare attenzione, perché alcune città non erano capoluogo di provincia e andavano reperite in un elenco successivo.
Oltre alle città c'erano poi le nazioni: sapere che le nazioni sono meno di 200 è in fondo molto rassicurante, come tutte le quantità finite. Ed è molto brutto quando, per dispute o conflitti, questo elenco non è condiviso dalla comunità nazionale.
A quell'età l'esistenza di uno stato non riconosciuto da tutti gli altri paesi mi metteva in grandi ambasce.
Altre liste che compilai più avanti e tenni aggiornate per diversi anni furono le partite viste allo stadio (con data e risultato) e i film visti al cinema (con data e luogo).
In effetti ripensandoci ora anche quelle prime liste contenevano altre colonne (quella delle città il numero di abitanti, quella del cinema data e luogo ecc.) quindi erano di fatto già delle tabelle ma ancora non lo sapevo. Ma ancora non conoscevo l'esistenza dei fogli elettronici anche perché, semplicemente non ce n'erano.
Fu intorno ai vent'anni che il gioco delle città si trasformò nel gioco delle province: invece di limitarmi a elencare le province, provai a contare quelle dove ero stato. Bello, ma subito si presentò un problema: in alcune province ero solo passato, in altre c'ero stato in giornata, in altre ci avevo almeno passato una notte. E poi in alcune avevo visitato la città capoluogo, in altre non l'avevo nemmeno vista. Così elaborai questo sistema di punteggi:
alle province dove non ero stato: 0 punti
alle province dove ero passato:
1 punto se non ero nemmeno passato nel capoluogo;
2 punti se ero passato anche nel capoluogo;
alle province dove ero stato (ma non avevo passato la notte)
3 punti se non ero nemmeno passato nel capoluogo;
4 punti se ero passato nel capoluogo;
5 punti se ero stato anche nel capoluogo;
alle province dove avevo passato la notte:
6 punti se non ero nemmeno passato nel capoluogo;
7 punti se ero passato nel capoluogo;
8 punti se ero stato nel capoluogo;
9 punti se avevo passato la notte nel capoluogo.
All'epoca le province, se non ricordo male, erano solo 94, comunque meno delle attuali 107, che diventeranno presto 110 (se qualcuno, saggiamente, non le abolisce). Ma il gioco delle province è proseguito negli anni. Ancora oggi ne tengo traccia. L'obiettivo è di fare 9 punti in ognuna delle 107 province e quindi arrivare a 107 x 9 = 963 punti.
Il sistema sembra oggettivo, ma subito nascono problemi:
1 Ci sono un paio di città in cui non ricordo se sono stato o ci ho dormito da ragazzino? In questo caso cerco di attenermi alla memoria più probabile;
2 Bastano passaggi autostradali, magari alla periferia, per dire di essere passati dalla città? Mi regolo caso per caso;
3 Misto fra i due precedenti: non ricordo se sono entrato in città e comunque casomai in periferia. Anche qui mi regolo caso per caso;
4 Altrove il "passaggio" cittadino è certo e non solo periferico. Ma vale anche come "stato"? Qual è il minimo per poter dire di essere stato e non solo passato? I primi tempi ammettevo il semplice "piede a terra" dall'auto o dal treno, oggi non sono più così largo di manica;
5 Ci sono un paio di città in cui ho passato non tutta la notte, come mi regolo? Per ora i punti non li assegno;
6 Valgono i punti ex-post raccolti in una città che poi è stata nominata nuova provincia? Sì;
7 Basta una sosta all'autogrill per dire di essere "stato"? Per ora calcolo di no.
Con tutte queste premesse attualmente sono arrivato a 643 punti sui 963 disponibili.

mercoledì 19 marzo 2008

Patria

Quando lavoravo per la IBM mi è capitato di collaborare con colleghi inglesi, venezuelani, turchi, americani, giapponesi, israeliani, argentini. E più di una volta mi è capitato di pensare che se fosse scoppiata una guerra magari ci saremmo potuti trovare su due lati opposti, come ad esempio era capitato a inglesi e argentini nel 1982, e magari, in quel caso, io avrei dovuto sparare a un mio collega, con cui condividevo molte cose, e combattare al fianco, che so, di un affiliato di Cosa Nostra, da cui invece mi divide tutto (almeno spero).
Davanti a semplici considerazioni come queste il concetto di "Patria" vacilla, almeno dentro di me. E non cito i casi più estremi in cui il potere nel tuo paese viene preso da forze lontanissime dalla tua sensibilità. Non è questione di rileggere l'internazionalismo alla luce dell'organizzazione delle risorse umane nelle multinazionali, ma mi piacerebbe tanto sentire qualcuno che ancora crede nella utilità del concetto di Patria, come si regolerebbe in casi come questo.
Cosa mi rappresenta la Patria? Perché dovrebbe rassicurarmi il TG quando mi segnala "nessun italiano tra le vittime" se metà dei miei amici sono stranieri o vivono all'estero? Non è che Patria è un concetto che mantiene un senso ormai soltanto per chi viaggia poco?
No, forse c'è davvero qualcosa che ci unisce, che ci accomuna: cioè che paghiamo le tasse allo stesso ufficio delle entrate.
E quelli che hanno il conto a Montecarlo o a Vaduz?

mercoledì 12 marzo 2008

Ritorno

Non vorrei che questo blog diventasse troppo calcistico, ma è già tanto se diventa qualcosa (qualsiasi cosa), così aderisco volentieri all'invito di mazzo (forum di Catersport) di commentare il match di ieri sera.
Prima di tutto vorrei dire che voglio bene a Cambiasso. Il Cuchu mi piace come gioca, come lotta, come parla e ce l'ho pure al fantacalcio. Il suo arrivo ha invertito la rotta dell'arrivo di pippe costosissime. Oggi su Repubblica (o sulla Gazza?) hanno scritto che ha parlato "da dirigente" a proposito di Mancini ed è quello che ho pensato anche io vedendolo in diretta. Ma mi è piaciuto ancora di più quando, subito dopo, non ha abboccato alla polemica e ha risposto che è inutile parlare degli arbitri quando perdi due volte.
Del capitano è già stato detto tutto: grande anche ieri e poi assieme a Julio Cesar e a Vargas (Catania) mi ha fatto fare 6 punti di modificatore difesa al fantacalcio, che altro dire? Il gol alla Roma... ok, basta!
Certo l'Inter ha avuto anche sfortuna: direi soprattutto per l'infortunio a Cordoba all'andata sullo 0-0 (e proprio nel reparto dove si era rotto già Samuel e dove c'era stato l'espulso), per aver resistito in dieci solo per il 95% del tempo e non il 100% all'andata, per il tiro di Gerrard che passa in una selva di gambe si appoggia sul palo e va dentro al 90', per le due-tre occasioni d'oro ciccate ieri.
Certo l'Inter ha avuto qualche fischio contro di troppo: ad esempio nella prima ammonizione di Materazzi, Torres si sgambetta palesemente da solo.
Certo, certo... ma l'Inter meritava di uscire anche solo per i 30 inguardabili minuti dell'andata in cui non è mai riuscita a superare la metà campo (in undici contro undici).
C'erano due uomini in palese difficoltà nelle ultime giornate: Vieira e Stankovic. Si poteva tranquillamente evitare di schierarli. Vieira certamente, e forse anche Stankovic. Erano loro a preoccuparmi di più e la performance è stata in linea con le attese. Facile dirlo ora ma io avrei messo Jimenez e tenuto Stankovic (o Pelé) più indietro.
Che manchi il killer-instict a Ibra è l'ultima cosa che diresti guardandolo in faccia e invece nelle partite importanti non lo trova quasi mai (esclusa forse la partita contro l'Italia agli Europei 2004, mannaggia!).
Burdisso è stato imperdonabile come Materazzi all'andata.
Eppure nonostante queste difficoltà, un terreno che faceva scivolare tutti, la sfortuna di occasioni mancate di pochissimo, per un attimo dopo la espulsione di Burdisso ho pensato: "Finisce 0-0 però con il pubblico in piedi ad applaudire la prova d'orgoglio". Invece hanno preso il gol, si sono smollati ed è finita che il pubblico ha fischiato i peggiori. Costava tanto applaudire lo stesso almeno per l'impegno e magari anche un po' per sorprendermi?
Mancini? Non lo so, davvero non lo so. Io per gli allenatori dell'Inter da tempo la penso così: prendete uno dei primi venti allenatori d'Europa a caso, dategli in mano la squadra e lasciatelo lavorare per almeno tre anni senza rompergli i maroni. Finalmente con Mancini si è fatto questo. Bisogna ammettere che, finalmente, da quando c'è Mancini l'Inter non si fa quasi mai schiacciare dagli avversari. Qualche volta gioca peggio degli avversari, ma di farsi schiacciare quest'anno le è successo solo a Istanbul e a Liverpool.
Per ora basta così. Anzi, no: è stata una grandissima Roma a Madrid.

sabato 8 marzo 2008

Lo cerco e non lo trovo

La ipotesi di partenza è questa: i "disordinati" si dividono in due categorie: quelli che non ripongono gli oggetti nel posto giusto dopo averli usati e quelli che non si ricordano qual era il posto giusto o comunque non vanno a cercare l'oggetto smarrito nel posto corretto. Nel primo caso si tratta di scarsa attitudine da "archivista", nel secondo caso di scarsa attitidine da "ricercatore".
Ovviamente conosco il problema molto da vicino. Io appartengo più alla prima categoria, ma qualche volta ricado anche nella seconda, cioè talvolta mi capita, dopo lunga ricerca, di trovare alla fine l'oggetto smarrito proprio nel posto dove "sarebbe dovuto essere", ma non l'avevo cercato lì perché, conoscendo le mie scarse doti da archivista, al momento di cercarlo avevo escluso la possibilità che l'avessi riposto proprio dove dovevo. Quindi le due categorie a volte si mescolano, ma da un punto di vista teorico conviene tenerle separate.
Torniamo alla prima categoria: perché non riponiamo gli oggetti al posto giusto? E' un misto tra scarsa attenzione (cioè non siamo pienamente concentrati sull'utilizzo dell'oggetto, tendiamo a fare più cose assieme: es. mi tolgo l'i-pod mentre sto leggendo il giornale, poi non trovo più l'i-pod) pigrizia-stanchezza (stiamo utilizzando gli oggetti in momenti di scarsa concentrazione, in cui vogliamo rilassarci e ci rifiutiamo di spendere energie per sistemare gli oggetti) ed eccesso di fiducia (self-confidence): "lo sistemo dopo" (quante volte dopo avere pagato col bancomat il benzinaio ho messo il portafogli sul sedile di fianco al mio con l'idea di sistemarlo successivamente, per trovarlo il giorno dopo incastrato tra sedile e portiera di destra).
Tutto questo non ci impedisce, ogni tanto, di sostenere grandi e faticosissime sessioni di riordinamento "totale", tipo quando svuoto un cassetto riponendo tutta la corrispondenza della banca nel faldone "banca", quella delle assicurazioni auto nel faldone "auto" ecc. (ho un'insana passione per i raccoglitori con gli anelli e le relative buste di plastica con gli anelli). Ma queste faticosissime sessioni purtroppo non bastano: a parte che restano sempre fogli, foglietti e cianfrusaglie che non sappiamo dove riporre (perché spesso il difetto si accompagna anche col difetto di non sapere buttare niente), ma soprattutto queste sessioni non possono sostituire l'attenzione quotidiana nella gestione di carte e oggetti che è l'unica soluzione alla missione di ritrovare, poi, gli oggetti in tempi ragionevoli.
A meno che non siamo affetti dal problema numero due (quello dei "cattivi ricercatori").
Il problema è vasto e sarei quasi tentato dall'aprire un altro blog dove confrontare e affrontare le traversie di noi disordinati, ma faccio già così fatica a star dietro a questo! Però, però...