venerdì 31 gennaio 2014

Bankitalia, armate sponde

In questi giorni (di fatto da alcune settimane) sono decisamente andato in fissa con la storia di Banca d'Italia, come racconto in versi la mattina a Caterpillar AM. Mi piacerebbe però che molti condividessero con me quest'ossessione (fissa comune mezzo gaudio). E allora per chi volesse farsi un'idea sulla reale portata (a mio avviso assolutamente negativa) della rivalutazione delle quote di partecipazione di Banca d'Italia, portata a compimento con il decreto IMU-Bankitalia, approvato ieri alla Camera (grazie alla "tagliola" utilizzata dal Presidente della Camera Laura Boldrin), ecco una serie di link utili che coprono abbastanza bene lo spettro delle informazioni e delle opinioni disponibili in natura. 
Il porto di Ponza

Prima l'elenco, poi alcuni consigli per una lettura più proficua.

1) Cos'è Banca d'Italia viene spiegato tutto sommato bene nella voce di Wikipedia;

2) Questa è la legge che istituisce Banca d'Italia nell'agosto del 1893;

3) Questo è un estratto della legge che nel 1936 dichiara la Banca d'Italia in un Istituto di diritto pubblico, (tra l'altro rimborsando ai vecchi proprietari le quote di partecipazione, mentre le nuove quote verranno assunte, sempre nel 1936, da un nuovo consorzio formato da casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale, istituti di previdenza e istituti di assicurazione);

4) Questa è l'ultima relazione annuale di Bankitalia (del 2012) e già che ci siamo linkiamo anche il nuovo statuto;

5) Sulla natura di Banca d'Italia e sul concetto di signoraggio si veda questo bell'articolo di Francesco Lippi comparso su noisefromamerika.org il 20 dicembre 2013;

6) Questi sono tre articoli, molto chiari, apparsi su lavoce.info di Marcello Esposito, Giovanni Siciliano e Tito Boeri (usciti tra ottobre e novembre 2013). Questi articoli sono contrari alla rivalutazione, proprio mentre Banca d'Italia (con l’ausilio di un comitato di esperti) su richiesta del ministro dell'Economia e delle Finanze Saccomanni stendeva un rapporto sull'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d’Italia;

7) E questa è appunto la relazione degli esperti di Banca d'Italia che ha delineato l'impostazione poi seguita da Saccomanni per la stesura del decreto. Come si potrà notare nella prima pagina, simpaticamente, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, dopo aver ricevuto il documento riservato dalla Banca d'Italia, lo ha pubblicato mantenendo la dicitura "riservato"!. Lo stesso documento si può trovare, leggibile più chiaramente, sul sito della Banca d'Italia (che a quel punto lo ha pubblicato pure lei) qui.

8) Dal Fatto Quotidiano del 24 gennaio 2014, Dl Imu-Bankitalia, ecco perché il decreto del governo è un regalo alle banche, un articolo divulgativo, ma piuttosto chiaro, contrario alla rivalutazione delle quote è apparso a firma C. Iotti, G.Scacciavillani, A questo articolo è linkato anche quest'altro, ben fatto, di un blogger del Fatto Quotidiano, e redattore de lavoce.info Angelo Baglioni. 

9) Ancora più risolutamente contrario al decreto c'è è uscito il 30 gennaio su noisefromamerika a firma Alberto Bisin, Michele Boldrin e Andrea Moro un chiarissimo pezzo dall'esplicito titolo Le quote di Bankitalia: la solita porcata (lì ho provato anche a rispondere a un paio di commenti di due lettori: speriamo di non aver scritto troppe stupidaggini, finora nessuno ha avuto da dire). Lo stesso Francesco Lippi (autore, sullo stesso sito, dell'articolo di cui al punto 5, solleva alcune osservazioni tra i commenti).

10) Cercando articoli più possibilisti sulla bontà del decreto c'è un articolo senza firma (quindi di Luca Sofri) del Post che tende un po' a minimizzare gli effetti negativi del decreto. Il titolo (e soprattutto il sottotitolo) sono piuttosto irritanti: La questione Banca d’Italia, spiegata bene - Il decreto approvato mercoledì è davvero "un regalo alle banche", come dice il M5S? (non lo dicono solo loro, come si può notare anche solo scorrendo questo elenco), ma poi l'autore viene incalzato efficacemente dal commento di tautology (il secondo dall'alto);

11) Una posizione autoassolutoria del PD la si può leggere sulla pagina Facebook di Emanuele Fiano;

12) Ancora su Europa si parla in termini positivi del decreto, e talvolta in termini ancora più propagandistici: l'obiettivo è sempre Grillo, troppo facile.

13) E qui l'on. Causi, relatore del provvedimento ne spiega i razionali in una breve intervista.

14) Pippo Civati si sofferma su un aspetto apparentemente marginale, ma condivisibile: no ai decreti "omnibus" (quelli che mettono assieme IMU e Bankitalia) ad esempio;

15) Last but not least, torniamo ai contrari, con questo bell'articolo di Mario Seminerio, che mi era sfuggito (con relativo aggiornamento del 30 gennaio) ma che ho trovato linkato sul pezzo del Post (meno contrario di Seminerio al decreto).

La verità, secondo me, è che il decreto è davvero una porcata, come ben spiega l'articolo di noisefromamerika (inumero 9). Forse per farsene un'idea conviene dare un'occhiata prima ai tre articoli della lavoce.info (numero 6) quasi altrettanto critici. E se non si sa nulla di nulla di Banca d'Italia meglio partire dalla voce wikipedia su  Banca d'Italia (numero 1). update dell'8/2/14: suggerisco la lettura anche dei nuovi articoli di noisefromamerika (al numero 21 e 22), meno severi sul provvedimento, ma molto perplessi sulla politica di distribuzione dei dividendi inaugurata nella seconda parte degli anni '90.

Insomma: contrari al decreto, oltre alle opposizioni in parlamento (da SEL, a M5S a Fratelli d'Italia), sono altresì un gran numero di economisti dei più disparati orientamenti (per dire non solo Tito Boeri, Michele Boldrin, Luigi Zingales, Mario Seminerio, ma anche Loretta Napoleoni, che non linko perché non mi piace, ma che pure ha degli estimatori). Personalmente riesco ad accogliere con favore nessuna delle argomentazioni degli amici del PD a favore di questo decreto. Boh, sarà un limite mio. Per me è regalone.

16) Segnalo un sedicesimo documento, che per me taglia la testa al toro. Pur con i limiti imposti dal ruolo e dalla competenza limitata sulla materia, lo stesso Mario Draghi, in un breve documento della BCE Parere della Banca Centrale Europea del 27 dicembre relativa all'aumento di capitale della Banca d'Italia, chiude commentando "La BCE prende atto che la possibilità, per Banca d’Italia, di effettuare tali operazioni, può comportare un trasferimento di risorse finanziarie agli azionisti." e aggiunge, con un tono che ci fa confidare in una futura vigilanza particolarmente attiva, "Le modalità di tali operazioni non sono definite nel decreto legge, tuttavia esse, per quanto di carattere temporaneo, dovranno essere conformi a tutte le pertinenti normative dell'Unione."

17) Via, via, i lettori mi mandano nuovi documenti. Ce n'è un altro interessante di Michele di Salvo, tra i meno negativi sul provvedimento (che comunque lo giudica borderline) che ci segnala, tra le altre cose, una cosa che non sapevo è che le riserve della Banca centrale italiana (Bankitalia, insomma) sono le terze al mondo per consistenza. L'errore che fa è di assumere Grillo (Le balle di Grillo su Bankitalia) come benchmark di chi si oppone al provvedimento. Lo si può fare, e qui ne ho dato ampia nota, con ben altri argomenti.

18) Concludo con uno dei miei preferiti, scritto da Luigi Zingales, sul Sole 24 ore del 20/12/2013 che confuta due presupposti dei "saggi" di Banca d'Italia (vedi punto 7). I saggi dicono che la legge, inattuata, del 2005 che prevedeva la nazionalizzazione di Bankitalia, avrebbe avuto effetti negativi. Per Zingales invece sarebbe stata "la soluzione logica" (seguita non dagli USA, ma da Germania, UK, Spagna e Francia). E poi perché i saggi sarebbero partiti dal presupposto "altamente discutibile" che i dividendi distribuiti da Bankitalia aumenterebbero del 5% a partire da oggi per ogni anno (come hanno fatto negli ultimi 10 anni) per ulteriori 20-30 anni? L'articolo è pagamento sul sito del Sole 24 Ore, ma li si trova a pagina 63 di questa rassegna stampa.

19) update del 4/2/2014: infine ieri è uscito un documento ufficiale della Banca d'Italia che dovrebbe chiarire tutti i punti dubbi, ma ne lascia alcuni aperti che cercherò di trattare in un prossimo post.

20) sul comunicato di Bankitalia (19) questo è il commento di Mario Seminerio su phastidio.net. Al suo interno è linkato un suo più vecchio (del 2007) post su Bankitalia a cui hanno attinto in molti, ma che purtroppo ignora la vera magagna di tutto il discorso: la quintuplicazione dei dividendi di Bankitalia ai propri "partecipanti" tra il 1996 e il 2000.

21) update dell'8/2/2014: sono usciti due nuovi fondamentali post su noisefromamerika.org il primo, del 6 febbraio di Giovanni Federico: Il capitale della Banca d'Italia. Una breve storia

22) il secondo articolo comparso sempre su noisefromamerika.org è a cura di Francesco Lippi (lo stesso dell'articolo di cui al numero 5 di questa lista) e Brighella dal titolo Le quote di bankitalia: un approfondimento che è forse tra tutti gli articoli quello con cui concordo maggiormente anche per essermi confrontato sul sito e personalmente con entrambi gli autori. Le due figure allegate sono molto significative. Perché alla fine degli '90 Banca d'Italia ha iniziato a distribuire dividendi molto significativi ai partecipanti delle proprie quote (leggi: banche appena privatizzate) portando la componente sulle riserve dallo 0,1% (1982-1996) allo 0,5% (dal 1999 a oggi, con due anni addirittura allo 0,55%)?

23) concludo con un articolo storicamente interessante di Massimo Mucchetti (allora commentatore del Corriere della Sera, ora senatore (eletto nelle liste del PD) scritto il 10 dicembre 2006, quando Banca d'Italia, banche che ne possiedono il capitale e lo stesso governo di centrosinistra decidono di evitare la nazionalizzazione di Banca d'Italia imposta (entro tre anni) dalla legge 262/2005 voluta da Tremonti.

sabato 25 gennaio 2014

Test mania! - Sei un tipo da città o da campagna?


Si adatta più alle tue esigenze la stimolante frenesia metropolitana o il rigenerante ritmo rurale?

La vita o le circostanze, possono averti portato lontano da quelle che sarebbero le tue reali esigenze.

Ora puoi scoprire quali sono le tue naturali attitudini grazie a questo affascinante test esclusivo, messo a punto per te da anything goes.

venerdì 24 gennaio 2014

Test mania! - Scopri la tua età


Ultimamente in rete è tutto un gran fiorire di test dal tasso tautologico alto, ma non assoluto.

Per raggiungere il grado zero (tendente a infinito) ho messo a punto questo accattivante test.

Provalo e sappimi dire. PS: perché il test funzioni correttamente occorre rispondere con la massima sincerità e precisione.

Silvio non esiste

Di Silvio Berlusconi è già stato detto praticamente tutto e il contrario di tutto, da parte dei suoi estimatori, dei suoi detrattori e dei suoi così-così. Però forse c'è ancora un aspetto che è rimasto escluso, o comunque piuttosto trascurato, dalle analisi. Mi riferisco al fatto che, a differenza degli altri uomini politici, Silvio Berlusconi resta fondamentalmente al riparo da ogni critica sulle proprie azioni politiche, da parte dei suoi potenziali elettori, almeno per tutto il periodo lontano dalle elezioni. I suoi potenziali elettori sembrano non pretendere mai nulla di particolare da lui per quattro anni e mezzo, come se non esistesse, tornando ad occuparsi di Berlusconi e del suo partito solo in prossimità del voto.
 
Prendiamo ad esempio la nuova proposta di legge elettorale, il cosiddetto Italicum. La proposta di legge depositata due giorni fa alla Camera, per il momento non prevede le preferenze. Ora, le preferenze piacciono a quasi tutti gli altri partiti e alla stragrande maggioranza dei cittadini, ma non a Silvio Berlusconi e a Forza Italia, che invece dalla trattativa con Renzi hanno ottenuto che l'Italicum si basasse su listini chiusi.

Cioè, in altri termini, Silvio Berlusconi sta facendo passare una scelta che non piace quasi a nessuno, tantomeno ai propri potenziali elettori, ma in questi giorni nessuno se la prende con lui, ma stanno mettendo in croce i suo interlocutori politici che di base non vogliono i listini.

Perché mai nessun commentatore o elettore chiede conto direttamente a Silvio di questa scelta?

Ad esempio molti elettori del PD, e diversi esponenti della minoranza PD, in questi giorni se la prendono con Renzi 1) per aver incontrato un pregiudicato, 2) per aver fatto passare un testo che non prevede le preferenze, 3) per non accettare modifiche alla proposta di legge, se non condivise con Berlusconi.

Alfano e il NCD, hanno firmato il testo alla fine, ma hanno fatto capire a più riprese di non essere d'accordo con l'assenza delle preferenze. Scelta Civica è stata ancora più radicale, non firmando il documento.
Insomma questo aspetto del testo, la mancanza delle preferenze, sembra piacere solo a Silvio Berlusconi. Eppure non c'è nessun potenziale elettore di Berlusconi che alzi il dito e chieda conto al Cavaliere di avere fatto approvare, praticamente da solo, un testo così poco "liberale" da permettere ai partiti di controllare quasi totalmente l'accesso dei candidati in Parlamento. Al punto che il prossimo Parlamento sarebbe composto da una percentuale ancora più alta di "nominati", che non il Parlamento eletto con il Porcellum, come è stato bene spiegato qui.

Perché mai gli elettori PD valutano l'operato dei propri segretari ad ogni piè sospinto, mentre gli elettori di Berlusconi lo ritengono sostanzialmente irresponsabile per quattro anni e mezzo, appassionandosi solo alle sue 2-3 mosse degli ultimi giorni, tipicamente l'abolizione di tasse che ha introdotto lui stesso?

Perché in questi giorni nessuno dei cosiddetti liberali incalza Berlusconi e gli chiede direttamente conto di una scelta tanto illiberale sulla legge elettorale?

Molti non lo incalzano perché lo danno per perso alla democrazia: Silvio è condannato, ha il conflitto d'interessi, eccetera. E invece lui, approfittando di questa carenza di critiche politiche puntuali, vive intoccato (fatti salvi i procedimenti giudiziari) in una sorta di limbo mitico per quattro anni e mezzo, poi tipicamente si inventa un paio di mosse a sorpresa nelle ultime settimane e alla fine ottiene sempre un risultato al di sopra delle aspettative. Vediamo se ci riuscirà anche questa volta in condizioni oggettivamente molto difficili.

domenica 12 gennaio 2014

Parmigiana di melanzane à la de Girolamo


Quanto è rilevante il caso che vede protagonista il ministro delle Politiche Agricole, l'on. Nunzia de Girolamo? La domanda se la pone oggi Luca Sofri sul Post, dopo il titolo di prima pagina di Repubblica.

La vicenda, per giorni, sembrava appassionare soltanto il Fatto Quotidiano che già dal 4 gennaio l'aveva portata all'attenzione dei propri lettori, pubblicando anche le trascrizioni di alcuni dialoghi di una riunione del 30 luglio 2012, registrate dall'allora direttore amministrativo della ASL di Benevento, Felice Pisapia, a insaputa della stessa de Girolamo. E poi seguendo il caso con frequenza quotidiana (pubblicando anche i verbali di Pisapia).
Crostino alla melanzana
da 3ricettesulcomo.it

Ultimamente, è vero, quando una testata scopre un caso, (evitiamo di dire scoop, ma insomma il concetto è quello) i quotidiani concorrenti tendono a non saltare subito sull'argomento, non si sa se per una forma rispetto (ne dubito) o piuttosto per evitare di sembrare quelli che arrivano in seconda battuta. Si preferisce prendere un buco, sperando che il caso magari si sgonfi da solo, piuttosto che rincorrere il capofila. 

Un caso simile è il cosiddetto scandalo dei Camilliani che per diverse giornate, potrei sbagliarmi, sembrava interessare quasi solo La Stampa. Cioè gli altri ne parlavano, ma meno, non lo sbattevano in prima pagina. (Sono sicuro che adesso qualcuno mi manderà i link con titoloni che mi sono sfuggiti). 

Il fatto è che per la gran parte del mondo dell'informazione, finché non se ne occupano seriamente il Corriere e Repubblica questi casi restano molto sotto tono (escludendo che questa funzione venga svolta da altri). E, spiace dirlo, ma difficilmente la Repubblica parte lancia in resta, specialmente in questo momento, senza una sorta di avallo da parte del PD, ad attaccare uno dei leader del partito che puntella questo governo (e che tra l'altro è moglie dell'autorevole esponente del PD, e presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia).

Oggi Repubblica, 8 giorni dopo il Fatto, sbatte la Di Girolamo in prima pagina, riportando che il PD chiede chiarimenti. Come se Repubblica avesse finalmente ricevuto una sorta di luce verde.

Ora, Luca Sofri innanzitutto sottolinea che all'origine di tutto ci sono casomai registrazioni, non intercettazioni, come erroneamente riportava nel primo pezzo del 4 gennaio il Fatto Quotidiano. E poi ricorda che colui che registra, Pisapia, è indagato mentre la de Girolamo no (ma questo li diceva anche il Fatto). E poi smentisce in qualche modo la Repubblica perché di fatto, nello stesso pezzo di Repubblica non c'è il nome di un solo deputato del PD che chieda esplicitamente il chiarimento alla de Girolamo (solo Ginefra chiede una verifica) così Sofri ha vita facile a dire che "il caso politico sembra però meno consistente di quanto potrebbe apparire".

Tutto vero, ma se non è un caso politico è un vero peccato. 

Tra la politica e il disastro della funzione pubblica (col suo pessimo rapporto "prezzo/qualità" specie al Sud) esistono una serie di strati seminascosti, come nella parmigiana di melanzane (per rimanere in area campana) che sospettiamo esistere, ma che non conosciamo quasi mai direttamente, se non grazie a indagini giudiziarie e inchieste giornalistiche.

Aldilà della sua rilevanza penale, l'episodio della de Girolamo, se confermato, illuminerebbe alla perfezione uno di questi strati seminascosti di interazione perversa tra politica e funzione pubblica, con il politico nazionale (ricordiamo che la de Girolamo non ricopriva nessuna funzione formalmente rilevante nella gestione della ASL campane) nella funzione di colui che muove i fili delle decisioni sulla sanità locale seguendo, a quanto pare, logiche di famiglia (c'è anche questo nella vicende) e di clan politico, utilizzando il proprio potere per incoraggiare azioni, magari anche legali, come i controlli formali, ma mirate sugli avversari. Speriamo che sia tutto un equivoco, ma, se fosse confermato quanto sembra, la logica sarebbe quella illustrata: l'eccesso di burocrazia e controlli, che già di per sé ci affossa, usato come clava contro gli oppositori.

Non è certamente il turpiloquio che ci turba, ma l'apparente totale assenza di cultura del bene pubblico, del merito e della concorrenza che traspare dalle intercettazioni che spaventa. Con politici così non andiamo da nessuna parte. Ma attaccare la de Girolamo mina la stabilità, quindi a chiederne le dimissioni sono solo quelle teste calde dei 5 stelle, come ci fa notare Luca Sofri. E non è chiaro se per lui questa sia una buona notizia (parrebbe di sì). Per me no.

lunedì 6 gennaio 2014

Cesare deve partire

Per rimanere su temi di strettissima attualità, negli ultimi giorni riflettevo sul fatto che Giulio Cesare, alla fin fine, ha potuto girare per la città Roma, bullandosi della propria leadership, per pochissimo tempo, non siamo molto lontani da poco di più di un anno complessivamente. L'immagine di Cesare che guarda Roma come "cosa propria" è uno spettacolo a cui si è potuto assistere per poco più di un istante.
Non sto tentando di sminuirne la figura, che non sarà mai sopravvalutata: di fatto con le sue dittature ha introdotto una svolta radicale nella storia delle istituzioni romane, senza dimenticare la sua grandezza come generale, come scrittore, e considerando anche la traccia che ha lasciato, direttamente o indirettamente, nella nostra vita di tutti i giorni: dalla riforma del calendario, con il mese di luglio che porta ancora il suo nome, alle varie denominazioni di monarchi che a lui si riferiscono (zar, kaiser e, a quanto pare, anche scià).


Dico solo, che nei circa quattro anni della propria leadership Giulietto non era a Roma praticamente quasi mai. Appena arrivava a Roma, Cesare doveva sempre partire (per combattere, ovviamente).

Qui ci vorrebbe un esperto di storia romana (se qualcuno legge, si palesi) per fare il calcolo esatto dei giorni in cui Giulio è rimasto in città come capo supremo, considerando anche il fatto che la durata degli anni prima del 45 a.C. (anno in cui lo stesso Giulio introduce il calendario "giuliano") era ballerina, perché in alcuni anni, a discrezione del pontefice massimo (che decideva anche in base al fatto che gli stessero simpatici o meno i consoli di quell'anno) veniva introdotto un mese interstiziale, detto anche mercedonio, di ventidue giorni, dopo il 23 o il 24 febbraio e quindi alcuni anni duravano 355 giorni mentre altri 377 o 378 giorni. Una procedura questa che, negli anni, aveva portato a spostare le date di equinozi e solstizi. Per riportare tutto in pari Giulio Cesare decise di prolungare proprio uno dei quattro anni che ci riguardano: il 46 a.C. (che si aggiudica così la palma di anno più lungo della storia) fino a farlo durare 445 o 446 giorni (non c'è accordo neanche su questo tra gli storici) introducendo, oltre allo stesso mercedonio, anche un paio di mesi interstiziali di 33 e 34 giorni, tra novembre e dicembre.

Detto questo cerchiamo di fare un calcolo di quanti giorni Cesare sia restato a Roma da leader. Qui, mi scuso con i puristi, ma mi baso sulla voce di Wikipedia (alla quale, peraltro, ho contribuito, cercando qua e là in rete testi autorevoli).

Il Rubicone, traendo il dado, viene varcato da Cesare il 10 gennaio del 49 a.C., ma lui arriva a Roma solo il primo di aprile sempre del 49 a.C. e se ne riparte solo una settimana dopo. Qui, se non sbaglio, non è più, formalmente, proconsole delle Gallie, né console (lo era già stato, lo sarà di nuovo) e non ancora dittatore. Ma ha sufficiente autorità di fatto per incamerarsi le ricchezze dell'erario. Quindi, se vogliamo possiamo anche conteggiare questa settimana. 

Cesare parte per la Spagna a caccia di pompeiani, vince, e poi ai primi di dicembre, sempre del 49 a.C. torna a Roma, dove diventa dittatore, ma resta solo per undici giorni, poi parte per i Balcani, via Brindisi, stavolta a caccia del capo dei pompeiani: Pompeo, per l'appunto. Il 9 agosto del 48 a.C. Cesare vince a Farsalo, ma poi insegue ulteriormente il suo ex-alleato Pompeo in Egitto, dove però viene preceduto dal faraone: perché il 29 settembre del 48 a.C. Pompeo è ucciso da Tolomeo XIII.

A questo punto entra in scena la bella Cleopatra VII, sorella di Tolomeo, che irretisce il sopraggiunto Cesare (o viceversa, oppure si irretirono entrambi, ma poco importa) il quale la ingravida (nascerà Cesarione) e poi la favorisce nella successione al trono. I due amanti vengono allora assediati nel palazzo dove restano per mesi, finché non riescono a fuggire con l'arrivo di rinforzi. 

Qui non mi risulta nessun rientro a Roma (e siamo fermi a 7+11=18 giorni), perché Cesare va direttamente nel Ponto a combattere contro Farnace II, che sconfigge a Zela (siamo nell'attuale nord della Turchia) il 9 agosto del 47 a.C. Il conto è ancora fermo a 18 giorni passati a Roma e le idi di marzo del 44 a.C. sono dietro l'angolo. Vabbè che il 46 a.C. sarà lunghissimo, ma Cesare quanto governa su Roma, da Roma?

Qui finalmente il nostro torna a Roma, la data non la so, stiamo larghi e immaginiamo che sia arrivato a fine agosto. E allora calcoliamo al massimo quattro mesi (quasi tutti da verificare). Sì perché il 28 dicembre, sempre del 47 a.C. l'irrequieto è già in Africa, dove alcuni irriducibili pompeiani, alleati con il re di Numidia, vogliono essere sbaragliati a Tapso il 6 aprile del 46 a.C. E ci riescono. 

Cesare torna a Roma il 25 luglio e dà il via ai trionfi (quattro diversi: per le vittorie in Gallia, Egitto, Ponto e Africa) tra luglio e settembre "e già sul finire del 46 a.C. Cesare fu costretto a recarsi in Spagna". Così dice wikipedia. Ora il 46 a.C. è quell'anno bastardo che dura 445 giorni con i due mesi interstiziali, dopo novembre. E poi cosa vuol dire "sul finire?". Volendo considerare tutti i giorni residui (considerando che è tornato il 25 luglio, che luglio e ottobre duravano 31 giorni e gli altri mesi 29, che, solo per quell'anno c'erano i due mesi interstiziali di 33 e 34 giorni dopo novembre) il totale sono 220 giorni. Vogliamo toglierne almeno 10 giorni per il viaggio e poi perché la voce dice "sul finire" del 46 e non "all'inizio" del 45 a.C.? A essere larghi sono sette mesi (anche questi quasi tutti da verificare). In totale siamo ancora a meno di un anno totale.

In Spagna Cesare vince, a Munda, nell'attuale Andalusia, il 17 marzo 45 a.C., ma torna a Roma solo "nell'ottobre" (del 45 a.C.). Cito sempre Wikipedia. Anche a voler essere buoni e ammettere che sia tornato il 1° di ottobre, restano 5 mesi e mezzo alle fatali idi di Marzo del 44 a.C. (il calendario è ormai "quasi" quello attuale). Quindi, siamo buoni, diamo altri cinque mesi e mezzo, in cui succede di tutto, compresa l'assunzione della dittatura perpetua.

Tiriamo le somme: pur essendo stati larghissimi abbiamo calcolato 17 mesi e 3 giorni. Insomma Cesare è stato "da Cesare" a Roma per meno di un anno e mezzo. 

I fenomeni brevi con grandissimo impatto (nel bene e nel male) mi avevano sempre affascinato: gli 8 anni dei Beatles (dal primo disco), i 12 anni del nazismo, lo stesso anno e mezzo di occupazione tedesca in Italia nel 1943-45). Ora ne ho scoperto uno in più.