lunedì 28 aprile 2014

La strana reticenza di Google Maps

Perché Google Maps mostra i nomi della maggior parte delle vie, ma non quelli di alcune di esse che pure "riconosce"? Si prenda ad esempio Milano, via Case Rotte (nella figura): viene localizzata correttamente, ma, per quanto si usi lo zoom, non viene fornita l'indicazione del nome. Ci sono vari altri esempi simili.

O sono io che sbaglio qualche settaggio?

lunedì 14 aprile 2014

Una difficile prova


Pur troppo, la democrazia italiana attraversa una difficile prova. Le profonde delusioni, che i ministeri di Sinistra in quattro soli anni di governo ci hanno procurato, - se non riuscirono  a scuotere ne' forti la fede nel trionfo della libertà, furono peraltro bastevoli, a illanguidire nell'animo di quelli che, poco esperti della vita reale, s'erano abbandonati alle più rosee  e sconfinate speranze.

Mantova - Piazza Guglielmo Marconi
Ma questo che importa? Se gli uomini non hanno corrisposto alle nostre grandi aspettazioni, concette in un momento di improvviso entusiasmo; se invece di por mano alle riforme, che, non il partito, ma l'immensa maggioranza degli italiani da tant'anni reclama, si sono suicidati sull'eculeo di misere gare personali; se invece di salire al potere presidiati da convinzioni mature e da maschi propositi, han dubitato di se stessi e si sono arrestati alle prime difficoltà; è forse alla bontà delle dottrine, che quegli uomini erano in debito di rappresentare, che si può attribuirne la colpa? Chi, se non è acciecato da furore di parte, oserà far risalire a tutta la democrazia, la responsabilità degli errori, che uomini appartenenti a una frazione di essa, pervenuta al governo, han potuto commettere? di errori consumati appunto, perchè si vollero ricalcare quelle stesse orme, da cui era dovere rifuggire? di errori che, osiamo dire, furono la conseguenza necessaria di quelli in cui la Destra era caduta, e che essa aveva lasciato in triste retaggio a suoi successori?

(dal primo numero de La voce di Belfiore - Giornale della Democrazia Mantovana. Mantova, giovedì 1 gennaio 1880)   

giovedì 10 aprile 2014

Siamo informatici o caporali?

Claudio, un imprenditore del settore informatico, mi ha contattato per segnalarmi un problema. Nonostante i miei 13 anni di IBM, gli ultimi dei quali passati in HR (le Risorse Umane) e in particolare (anche) nel recruitment (la Selezione del Personale) di questa storia conoscevo poco o nulla. E non sono ancora riuscito a farmi un'opinione. La sottopongo al giudizio dei miei lettori. Ma per farmi spiegare bene la vicenda ho deciso di intervistare Claudio. Nella prime parti dell'intervista ho aggiunto un po' di link utili per i riferimenti legge.

Ardemagni: Se ho capito bene il problema è che da qualche tempo è entrata in vigore una legge, nata per contrastare il fenomeno del caporalato, ma che sta avendo un indesiderato impatto nel settore della consulenza informatica. È corretto?
Claudio: Sì: mi riferisco all'articolo 12 del Decreto Legge del 13 agosto 2011, n° 138, convertito poi in legge nella manovra aggiuntiva il 14 settembre 2011 che introduce il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Volto a combattere le sinistre figure del “caporale” nel settore agricolo e del “capo-cottimo” in quello edile, questa legge rischia di mettere in crisi l’intero settore della consulenza informatica, che offre spesso servizi in outsourcing.

Un DL voluto dal governo Berlusconi, ma che ha raccolto pochi emendamenti nel dibattito parlamentare. Ho visto che anche il PD aveva presentato un disegno di legge sullo stesso tema poche settimane prima. Ma andiamo per gradi. Cosa succede nel dettaglio nella pratica di tutti i giorni?
Oggi nel settore informatico sono poche le aziende che partecipano a gare e seguono progetti e le poche danno spesso in subappalto gran parte delle attività di sviluppo software.

Cerchiamo di descrivere meglio chi sono gli attori principali di questa prassi. 
È fondamentale comprendere questo passaggio. Ci sono quattro attori principali: 
1) c'è il committente, ovvero la società appaltante, che può operare in qualsiasi settore, ad esempio la Bibite Rossignoli, che indice, appunto, una gara d'appalto per dei servizi di cui ha bisogno; 2) il secondo attore è proprio il vincitore della gara d'appalto: tipicamente si tratta una grande società di consulenza direzionale e strategica di progettazione di sistemi informatici “chiavi in mano”, chiamiamola Consul 2014; 3) il terzo attore invece è la cosiddetta software house che riceve una commessa dalla Consul 2014 in subappalto,  in alcuni casi dichiarato (lo si rende evidente al committente) ed in altri no (sempre che le regole della gara non lo vietano esplicitamente). La mia azienda è una di queste, chiamiamola Claudio Software House. 4) E infine c'è il quarto attore, che è il collaboratore della software house: può essere un sistemista, un programmatore, un tecnico-informatico. Il committente, la Bibite Rossignoli, seleziona e sceglie i singoli collaboratori che la software house gli propone sulla base di un curriculum vitae ed una tariffa giornaliera da concordare e che spesso andranno a lavorare direttamente nella sede del committente.

Riesci a descrivermi meglio il terzo attore, le software house?
Si tratta quasi sempre di imprese di piccole dimensioni: società che si occupano dello sviluppo e personalizzazione di software applicativo, società di gestione banche dati e portali web, società che erogano servizi di outsourcing informatico (gestione del parco informatico del cliente, noleggio hardware, gestione delle configurazioni del software e attività sistemistiche in genere).

E perché non si prendono direttamente l'intero subappalto? 
Spesso una di queste piccole imprese, in teoria, sarebbe perfettamente in grado di erogare direttamente tutti i servizi professionali tipicamente forniti dalla grande società di consulenza, ma non ha la forza commerciale ed i requisiti (in termini di fatturato degli ultimi anni, numero minimo di addetti impegnati, sufficienti referenze, eccetera) per partecipare alle grandi gare di appalto.

Ma, visto che mandano dei propri collaboratori a lavorare presso il committente, possiamo definirle ancora software house, o piccole società di consulenza informatica oppure operano di fatto come società di ricerca del personale? In che cosa si differenziano dalle società di lavoro interinale?

Stiamo sempre parlando di servizi dati in subappalto dalla grossa società di consulenza alla piccola azienda (ovvero alla software house), ma già qui si incontra il primo problema: in quanto il piccolo imprenditore, ad esempio io, per non incappare nelle sanzioni, devo essere in grado di dimostrare di essere io a dirigere i miei collaboratori senza che il committente, nel nostro esempio la Bibite Rossignoli, possa interferire nelle modalità concrete di svolgimento del lavoro stesso. Ma nella prassi della vita reale una software house spesso impegna le proprie risorse umane presso la sede del committente, e queste si troveranno poi naturalmente a dover interagire con il committente sui progetti in corso. 

In molti casi, specie nei progetti informatici, immagino che sia difficile stabilire un confine.

Esatto. Se facesse lavorare un proprio collaboratore direttamente nella linea di imbottigliamento della Bevande Rossignoli la software house sarebbe chiaramente in fallo. Ma nel caso dell'informatica è molto difficile stabilire se si è in errore.
Considera che spesso i collaboratori delle software house debbono per forza di cose non solo operare presso il committente, ma persino ad utilizzare computer del committente, perché altri dispositivi, per ragioni di sicurezza, non sono autorizzati a collegarsi alla rete aziendale.

Quindi queste piccole società, le software house sono più agili e flessibili nel selezionare e assumere questi collaboratori rispetto alle grandi società di consulenza. Corretto?
È corretto, hanno un processo di recruiting molto efficiente perché sanno di cosa hanno bisogno, sono in grado di valutare i candidati ed hanno progetti su cui inserirli per erogare formazione On the Job. Questo significa offrire opportunità anche ai neolaureati e a coloro che si avvicinano al mondo del lavoro senza una professionalità ben definita. Queste società investono sulle risorse, le affiancano a colleghi più esperti, completano il loro curriculum di esperienze e le formano, assorbendo i costi anche quando non c’è lavoro pur di non perdere un collaboratore affidabile e competente. Questo anche per sottolineare che non sono affatto società che si limitano a “passare il personale”.

Perché le grandi società non riescono a muoversi con altrettanta agilità con i propri reparti di recruitment? È perché non si fidano ad utilizzare contratti atipici (e allora perché le piccole società lo fanno)? Oppure hanno semplicemente minori capacità di selezione del personale? Oppure ancora perché le grandi società sono rallentate da tutta una serie di procedure interne di controllo?
La risposta è semplice ed è all’origine del fenomeno dell'outsourcing; le grandi società con l’esternalizzazione scaricano tutti i rischi sull'imprenditore/subappaltatore: nel nostro esempio gli amministratori della Claudio Software House. Quelli che fanno il mio mestiere.

Quindi, riepilogando?
Quelli che fanno il mio lavoro vengono ultimamente accusati dall'INPS di “appalto non genuino” il che configura un’ipotesi di intermediazione abusiva ovvero illecita di manodopera, con tutte le conseguenze a questo connesse. Non siamo caporali.

Perché l'INPS sbaglia, secondo te, nel considerare questa attività sovrapponibile a quella dei caporali e a perseguire questi casi in virtù di quella? In cosa si differenzia il tuo lavoro da quello di un caporale.

Perché in questo caso non vi è sfruttamento e non si approfitta di uno stato di bisogno.
E poi perché non valuta che non ci limitiamo a “passare” il nostro collaboratore al committente. Ci sono da considerare tutti gli aspetti di selezione, di formazione successiva e di coordinamento che svolgiamo. Inoltre i nostri collaboratori, per quanto dislocati presso la sede del committente e pur lavorando con mezzi messi a disposizione dal committenti, non sono soggetti al potere direttivo e di controllo del Committente o di un suo dipendente e non possono quindi essere allontanati né sanzionati dal Committente. È questo fatto che siamo noi a svolgere l’esercizio del potere direttivo e organizzativo sui nostri collaboratori, nonché il fatto che i lavoratori siano riconoscibili come nostri lavoratori (della software house subappaltatrice) che costituiscono due degli elementi più qualificanti per identificare contratti di appalto leciti, contratti di appalto genuini. Il contratto di appalto è infatti un contratto di risultato, disciplinato principalmente dal combinato disposto degli artt. 1655 e ss del codice civile e dall’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 e si presenta primariamente secondo due macro-modelli: a) l’appalto d’opera e b) l’appalto di servizi. Nei casi in oggetto facciamo riferimento all’appalto di servizi extra-aziendali, ovvero quei servizi che vengono espletati nella sede propria del committente.

Nella foto: veduta di Mantova

mercoledì 9 aprile 2014

Quotidiani e periodici storici online - aggiornamento 2016

Già nel 2008 e nel 2010 avevo pubblicato in questo blog l'elenco di tutti i siti di mia conoscenza dove è possibile consultare online periodici storici italiani (dai quotidiani a quelli con cadenza più ampia) che avevo iniziato a visitare lavorando al blog del Diario di Angioletta.  

Ora è tempo di aggiornamenti. Tutto sommato la situazione nel 2014 non è cambiata di molto, ma ci sono alcuni aggiornamenti da fare, due defezioni (una delle quali fortunatamente rientrata), alcuni ampliamenti, un ritorno e la scoperta di una nuova fonte molto ricca. Qui sotto riproduco l'elenco com'era nel 2010, con gli aggiornamenti al 9 aprile 2014 e alcune preziose aggiunte di dicembre 2014.

Aggiornamento 2016: finalmente! L'archivio digitale del Corriere della Sera è online. La funzione di ricerca nel testo non è comodissima, ma alla fine funziona. Rispetto all'archivio della Stampa, che è gratuito, c'è da pagare un piccolo contributo, ma ne vale pena.

1. La Stampa: Dal sito: L’Archivio Storico La Stampa contiene la copia digitale dell’intera collezione di tutte le edizioni del quotidiano, dal primo numero del 9 febbraio 1867, quando si chiamava Gazzetta Piemontese fino al 2005. Tutte le pagine pubblicate durante questi 138 anni sono disponibili in formato immagine e testo digitale, così come i principali articoli (oltre 12 milioni) con la possibilità di cercare ed evidenziare tutte le parole che contengono. Una risorsa preziosa dove, a differenza di (quasi) tutti i siti sottoelencati è possibile compiere ricerche testuali per ritrovare ad esempio tutti i giornali in cui è contenuto, ad es, il nome di Mazzini, dal 1867 al 1869. I più viziosi potranno ad esempio verificare la prima volta in cui compare il nome di Silvio Berlusconi: è martedì 2 gennaio 1962, a pagina 8 (Figura 1). Il giovane Silvio ha 25 anni e vince un premio con la sua tesi di laurea. La seconda volta sarà più di dieci anni dopo, per tutt'altra vicenda (ma di questo parleremo in un altro post). (Controllato il 9 aprile 2014: funziona perfettamente).

2. L'Unità: (grazie alla segnalazione di Vincenzo Pace). Tutto l'archivio dal 1924 a oggi, anche questo, come per la Stampa, ricercabile per testo: utilissimo. (Controllato il 9 aprile 2014: funziona perfettamente).

3. Emeroteca braidense: la bellezza di 885 testate storiche (prevalentemente lombarde), non mi sembra però ci siano quotidiani. Il mio preferito resta senza dubbio L'interprete milanese. Guida per l'anno... e le pubblicazioni successive (anche con titolo diverso) dal 1823 al 1837. Si tratta di qualcosa di simile alle pagine gialle di allora, con la differenza che tutti gli impiegati pubblici, dal capo dell'Imperial Regio Governo all'ultimo degli uscieri del tribunale, sono indicati per nome e cognome (i nobili con tutti i titoli previsti) e indirizzo di casa (alla faccia della privacy) come si può notare nella Figura 2. (Controllato il 9 aprile 2014: funziona perfettamente e le testate sono diventate 960). 

4. Emeroteca virtuale toscana: (ulteriore aggiornamento 11 luglio 2014) dopo qualche mese di fermo il sito è ritornato attivo con un diverso indirizzo e con più materiali: 51 periodici, il più appetibile dei quali è la gloriosa testata de La Nazione dal 1859 al 1912, poi 14 periodici e 2 monografie, tutti di area toscana. Un ringraziamento alla Regione Toscana che ha gestito con la massima professionalità la segnalazione. Un solo consiglio: il sito sembra funzionare al meglio con il browser Safari (e un po' con Mozilla Firefox) meno con Internet Explorer o Google Chrome.

5. Emeroteca Digitale della Biblioteca Augusta di Perugia: qui 86 testate prevalentemente umbre dal 1708 al 1958 con la presenza di qualche quotidiano; (Controllato il 9 aprile 2014: funziona perfettamente, ma ho aggiornato il link che puntava a una pagina protetta

6. Biblioteca digitale della Biblioteca teresiana di Mantova: qui ci sono 35 periodici storici mantovani con la presenza di diversi quotidiani, a partire addirittura dal XVII secolo (vedi Figura 3)! (Controllato il 9 aprile 2014: il sito, con un link modificato, è tornato online da poco, con la riapertura della biblioteca stessa, il 30 marzo 2014. Nel frattempo le testate sono diventate 38).

7. Diverso materiale utile lo si può trovare nel sito della Emeroteca italiana (marchio registrato). Il sito non è però di facilissima consultazione: un testo scorrevole annuncia che (riassumo) da novembre 2010 all'archivio si è aggiunto "Il Secolo" (non più pubblicato) (gennaio-giugno1874 e gennaio-marzo 1915); "La Repubblica" (gennaio-15 marzo e aprile-novembre 1995), "Corriere della Sera" (ottobre 2010) e che al 1 novembre 2010 nell'archivio di Emeroteca Italiana sono conservati complessivamente 36.221 quotidiani originali e completi per un totale di 1.027.129 pagine. Di fatto sono riuscito a trovare solo (non è comunque male!) 901 numeri de Il Corriere della Sera (dal 1876 al 2009) e 159 numeri de La Domenica del Corriere (dal 1899 al 1926) e pochissimi numeri di altri periodici. Gli unici altri presenti con più di dieci copie sembrano essere "Il Secolo - Gazzetta di Milano" (con trenta numeri dal 1866-1903), "La Stampa" (2003-2009) e "La Repubblica" (1976-2009). Il tasto "Cerca" sembra non sortire alcun effetto. Comunque un sito interessante (Controllato il 9 aprile 2014: il sito non sembra più attivo).

8. NOVITÀ: Centinaia di migliaia di pubblicazioni storiche (non tutte periodiche) in molte lingue del mondo, tra cui l'italiano, molte delle quali aperte in "Full view" (ovvero in consultazione completa e libera) sono disponibili sul sito internet con una ottima funzione di ricerca della HATHI TRUST Digital Library. A mero titolo di esempio si veda questo Diario di Roma del 3 gennaio 1789 (Figura 4).

In tutti i casi si tratta di periodici digitalizzati visualizzabili gratuitamente, dove è facile cercare il numero per data, ma quasi mai è possibile la ricerca di una stringa di testo nel numero del periodico (se ho capito bene questa, oltre che nell'archivio della Stampa, funziona solo in una piccola parte delle 885 testate della Braidense). In qualche caso occorre installare un plug-in per poter visualizzare i periodici, ma è questione di pochi secondi. Se qualcuno ha altre segnalazioni o annotazioni, le aggiungerò volentieri.

Aggiunte del 6 dicembre 2014. Ho trovato un documento molto simile a questo mio sul sito del professor Enrico Bellodi del Liceo San Carlo di Modena. Visto che ci anima lo stesso spirito, il prof mi perdonerà se integro volentieri qualche link proveniente dal suo documento (di cui non riesco a individuare la data) che riporta dodici fonti (quattro delle quali sono già state listate qui ai numeri 2, 3, 4 e 6: - stranamente Bellodi non riporta la Stampa e la Biblioteca Augusta di Perugia). Aggiungiamo quelle che erano mancanti sul nostro documento.

9. Su Ancestry si trovano alcune pagine di quotidiani americani dell’Ottocento e Novecento.

10 La Biblioteca digitale italiana, riportata da Bellodi, ha ora cambiato nome e url ora si chiama Internet Culturale - Cataloghi e collezioni digitali delle biblioteche italiane, pertanto il link a "67 quotidiani o riviste pre-unitarie. Tra queste, anche la Gazzetta Toscana (1767-1811)" che riportava Bellodi ora non è più valido. Ci ripromettiamo di verificare quali quotidiani e periodici digitalizzati siano disponibili, ma il sito sembra molto interessante.

11. Il sito www.14-18.it talvolta dà errore, ma quando si riesce ad accedervi vi si possono trovare, come  riporta Bellodi, "Giornali del fronte della Prima Guerra Mondiale (ma pare interdetto il download)". In totale 42 testate, molti delle quali straniere, ognuno dei quali rappresentato con pochi numeri.

12. Apice - Archivi della Parola, dell'Immagine e della Comunicazione editoriale. Sembra un sito interessante, legato all'Università degli Studi di Milano, con particolare attenzione alle pubblicazioni satirico-umoristiche. Bellodi lo definisce piuttosto ricco di riviste e di quotidiani, con periodo eterogeneo (circa da inizio Novecento a metà). Tra i tanti, Topolino (1934-8), L’Unità (1911-4), L’Uomo Qualunque (1945). Peccato che quando si cerchi di visualizzare le copie di uno qualsiasi dei 149 periodici digitalizzati, cliccando sull'annata si ottenga un errore "Not found".

13. La Rivista mensile del Comune di Bologna dal 1915 al 1939 si può trovare qui

14. Nel Repertorio di fonti e risorse ad accesso libero a cura della Biblioteca di Filosofia e storia dell'Università di Pisa, si trova un elenco dieci testate francesi sparse in un lasso di tempo dal 1805 al 1941. Da segnalare in particolare Le Figaro: con copie del 1834 e poi dal 1854 al 1942. Molto interessante. Sempre dallo stesso repertorio, qui si trovano molti link per manifesti e bandi per le zone occupate. Ovviamente fin qui ci eravamo limitate ai quotidiani e periodici italiani. Volendo aprire a quelli esteri credo che si possa trovare un intero mondo in rete.

15. Un'ultima aggiunta ci viene dal commento di un lettore di questo blog, il gentile Fabrizio Pivari, che ci segnala un utilissimo Archivio digitale Sbt dei Quotidiano e Periodici - Progetto della Biblioteca cantonale di Lugano



Renzi sì, Renzi no


Disclaimer: non è un sondaggio, non ha valore scientifico, è solo un gioco tra amici e blablabla.

Ma alla fin fine, considerato tutto, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni, dovendo scegliere una delle due alternative secche, per te è Matteo Renzi sì oppure Matteo Renzi no?

Esprimi il tuo parere cliccando su uno dei due eleganti bottoncini esposti qui sotto.

Ricordati poi, se ti va, di iscriverti alla Newsletter Simpatica e po' Populista  cliccando qui.

martedì 8 aprile 2014

Una newsletter simpatica e un po' populista


Mi sta stuzzicando l'idea di mettere in piedi una newsletter simpatica e un po' populista.
Certamente è già stato fatto qualcosa del genere, ma non ho voglia di stare a verificare in rete. Forse è meglio passare direttamente all'azione.

Come funzionerebbe?

Foto ottenuta, assieme ad altre 612 analoghe
lasciando inavvertitamente un iPhone  5 
in un
sacchetto 
con una copia de Il Fatto Quotidiano
Ogni sera (poniamo alle 20) verrebbe effettuato l'invio  di uno e un solo articolo (questo può essere l'espressione di un'opinione, il lancio di una iniziativa, la pubblicità a un proprio libro, il commento a un avvenimento). Assoluta libertà.

L'articolo da inviare agli iscritti alla newsletter verrebbe deciso dagli stessi iscritti tramite votazione da effettuarsi su un sito nel corso della giornata (sulla base di un elenco di titoli proposti dagli stessi autori).

Vediamo il ciclo nel dettaglio.

1) Entro le 10, gli autori propongono i propri articoli, inviandoli alla redazione (utilizzando un form predisposto);

2) Alle 10 la redazione (meglio ancora se si trova un automatismo) mette tutti i gli articoli ricevuti in votazione esponendo NOME e COGNOME dell'autore TITOLO e LUNGHEZZA dell'articolo;

3) Gli iscritti alla mailing list (tramite un codice) votano l'articolo più gradito (almeno potenzialmente)

4) Alle ore 18, la redazione (la immagino composta di cinque membri, tra cui io) verifica l'articolo scelto. Ogni redattore ha diritto di veto (cioè se l'articolo non piace anche a un solo redattore non viene inviato).

5) Alle ore 20 viene effettuato l'invio.

Il ciclo riprende uguale il giorno successivo.

PS: gli articoli inviati nei giorni precedenti, magari a partire da 2-3 giorni dopo l'invio, verrebbero pubblicati anche sul sito e/o blog che fungerebbe da archivio (oltre che, ovviamente, di porta di ingresso per iscriversi alla newsletter.

Boh, io intanto inizio a raccogliere le iscrizioni qui.

lunedì 7 aprile 2014

Le spose bambine e l'India
Conversazione con Matteo Levi, country representative del CIAI in India

Incontro Matteo Levi nei giorni più caldi della campagna del CIAI contro la pratica delle spose bambine. Una conversazione a 360° su un fenomeno assai poco conosciuto. La lettura richiede qualche minuto, ma ne vale la pena. Un SMS al 45505 invece, per contribuire alla campagna, si può fare anche subito, sulla fiducia, oppure, più consapevolmente, durante la lettura.


Matteo Levi, tu sei il
country representative del CIAI (il Centro Italiano Aiuti all'Infanzia), in altre parole colui che rappresenta il CIAI in India. Quest'anno la vostra campagna si rivolge proprio all'India e ad un fenomeno particolarmente diffuso: quello delle spose bambine. Una pratica che non è soltanto indiana.

No, ma possiamo stimare nel subcontinente indiano si concentrino un terzo delle spose bambine di tutto il mondo.

In tutto di quante giovani donne parliamo?
In India sono circa 23 milioni le bambine interessate da matrimoni precoci o forzati, nonostante la presenza di leggi in materia che li vietano esplicitamente. Tutti i bambini hanno diritto alla cura e alla protezione, allo sviluppo e a crescere come individui completi, indipendentemente dalla loro situazione sociale ed economica. Il matrimonio precoce è una palese violazione di tutti questi diritti, ufficialmente riconosciuti dall'India con la firma di convenzioni internazionali e leggi specifiche.

Quali ragioni stanno alla base di questa pratica?
Le bambine sono date in sposa per ragioni diverse, ma prevalentemente per ragioni economiche e culturali. Il fenomeno (radicato prevalentemente, ma non esclusivamente, tra i gruppi poveri e svantaggiati, generalmente residenti nell'India rurale) ha connotazioni diverse a seconda della cultura, religione, regione geografica, casta e censo delle famiglie in cui avviene.

Gujarat, sorelle-madri e le cure parentali
Volendo entrare un po' più nel dettaglio, si tratta più di un problema economico o culturale?
Spesso è la difficoltà della famiglia a mantenere un membro della stessa che, per ragioni di trasmissione patrilineare, non potrà trasmettere ed accrescere il patrimonio del clan. Una bambina è generalmente considerata un peso economico e tradizionalmente, data l'ineguaglianza nei diritti riservata alla donna nella società indiana, l'atteggiamento è stato quello di ottenerne "la tutela" da parte di un uomo il prima possibile.
La richiesta in sposa di una bambina è di incentivo per la famiglia dello sposa che così evita il pagamento di una dote più cospicua, che viene spesso richiesta nel caso che la ragazza sia più grande. In tal senso si dimentica che, non solo il matrimonio precoce, ma lo stesso istituto della dote in India è considerato quale crimine e sanzionato dalla legge (Dote Prohibition Act, 1961). Nel corso degli anni si è inoltre verificato un fenomeno particolare: gruppi sociali e tribali che non ne conoscevano l'uso, hanno progressivamente iniziato ad praticarlo quale indicatore di "evoluta" condizione sociale ed economica.

Puoi farci degli esempi specifici?
Nel caso di matrimoni in cui entrambi gli sposi siano bambini è generalmente il clan a condurre l'operazione conscio del vantaggio reciproco, in termini di gestione del patrimonio, che l'operazione porta. Ecco perché la questione della dote in questi casi può passare in secondo piano e ridursi di molto. In tal caso, specie nelle aree rurali a forte vocazione agricola o pastorizia, ad un matrimonio tra un bambino maschio della famiglia "A" con una bambina della famiglia "B", generalmente segue un matrimonio di un maschio della famiglia "B" con una bambina della famiglia "A". Questa gestione permette la continuità patrimoniale, portando tuttavia ad un'incidenza accresciuta di malattie genetiche tra la comunità.
Un uomo adulto, sopra i quarant'anni, generalmente alla seconda esperienza matrimoniale, può rinunciare a forti pretese economiche verso la famiglia della sposa se la ragazza è giovane e forte, considerata la prospettiva sessuale ed il sostegno che tale presenza può garantire alla casa in termini d'economia domestica (lavoro gratuito). Ecco perché per sposo e famiglia l'accordo sul matrimonio precoce della bambina può essere un vantaggio per entrambe, soprattutto in caso di famiglie numerose, con più figlie femmine, e deboli prospettive d'emancipazione economico sociale.
La famiglia di una figlia "matura" invece, oltre i venticinque anni, magari con un titolo di studio, proprio per le caratteristiche economico culturali che l'istituto del matrimonio ha assunto negli anni in India (intercastale o tribale e legato a censo/professione/patrimonio), frequentemente (in dipendenza del contesto urbano o rurale, castale e tribale, ricco o povero) avrà necessità di investire risorse nella ricerca del partner. Pare bizzarro, ma la ricerca è anche legata alla congiunzione astrale, o meglio all'accordo tra la data di nascita del futuro sposo e della sposa), e date le caratteristiche dei candidati, richiede un accordo legato alle potenzialità economiche dell'unione matrimoniale.
Tutto è naturalmente in proporzione al contesto nel quale avviene, ma una famiglia con una ragazza diplomata che voglia "socialmente scalare" dovrà trovarsi uno sposo con caratteristiche professionali adeguate, ad esempio un professionista, un commerciante, un tecnico, un imprenditore, e la famiglia dello sposo venderà tali potenzialità "cash" (o meglio in oro ed altri importanti regali) alla famiglia della sposa pretendente. Voilà le ragioni per le quali in determinati contesti una famiglia può investire su una o due bambine al massimo, sacrificando le eventuali altre.

In che senso sacrificare?
Ho utilizzato il termine "sacrificare" perché nel contesto indiano, non da ieri, mancano all'appello milioni di bambine per ragioni legate alla preferenza data al figlio maschio, a pratiche d'aborto selettivo, infanticidio e negligenza nella cura delle bambine 0-6 anni. Nel 2002 è stato stimato che il 6.4% delle gravidanze con un feto femminile siano abortite portando ad una perdita di circa 106.000 bimbine all'anno in India; nel 2010 altri studi denunciavano l'aborto fino a 600.000 feti femmine all'anno. Ad oggi sono stimate mancare fino a 7.1 milioni di bambine nella fascia d'età 0-6 anni in India secondo il Centre for Global Health. Anche su questo tema CIAI lavora in India dagli anni '90.
Gujarat, ragazze della comunità
 di Lodai al doposcuola.JPG
I matrimoni tra due bambini, di cui parlavamo prima, sono anche la scelta più comoda per genitori che vogliono che i loro figli accettino la loro scelta. Generalmente in questo contesto si tratta di gestire, attraverso il matrimonio, i rapporti tra famiglie appartenenti allo stesso clan o tra clan alleati. In merito mi è capitato, durante una missione in Gujarat, di osservare all'interno di un cortile una dozzina di ragazzini maschi e femmine dai tre fino ai dodici anni, di cui otto con l'orecchino. Ho scoperto che il grazioso monile sottolineava il matrimonio già decretato del bambino o della bambina. Avveniva così che data la penuria di strutture scolastiche i due promessi sposi, da giovanissimi, potessero ritrovarsi nella stessa scuola. Immediata e diretta conseguenza era il ritiro della bambina da scuola;
Un'ulteriore giustificazione avanzata dalle famiglie riguarda la "sicurezza delle bambine" dal rischio di violenza sessuale, e la dichiarata ed obiettiva incapacità dei parenti, dato il contesto, di garantire tale sicurezza. In India c'è infatti la convinzione che il matrimonio della bambina, dando ufficialità ed approvazione sociale all'avvio dell'attività sessuale della stessa, preservi l'onore del clan dai rischi legati alle frequenti e violente attenzioni maschili e dalla promiscuità tra giovani a scuola e nel contesto sociale. In tal senso il matrimonio anticipato preserverebbe la verginità della sposa fino al giorno delle nozze, garantendo la rispettabilità della famiglia. Ed è un fatto che, data l'importanza osservabile della violenza di genere, e sessuale in particolare, i giornali riportino frequentemente notizia del suicidio dei genitori le cui figlie siano state violentate.
Date le condizioni di arretratezza e povertà di gran parte del contesto in cui il matrimonio delle bambine avviene, è opinione che i genitori vedano nel matrimonio la via per garantire alla bambina un futuro socialmente ed economicamente migliore e sicuro.
La mancanza di educazione e di conoscenza sulle conseguenze del matrimonio sulla vita delle bambine da parte delle famiglie e delle comunità, la scarsa applicazione della legge e la mancanza di volontà e d'azione da parte delle amministrazioni locali sono ulteriori ed importanti elementi perché in India il matrimonio delle bambine continui indisturbato.

Quali conseguenze ha un matrimonio precoce sulla vita delle giovani donne ed, eventualmente, dei giovani uomini coinvolti?
Il matrimonio precoce nega ai bambini i loro diritti fondamentali inerenti la salute, la nutrizione, l'istruzione e libertà da violenza, abusi e sfruttamento, negando loro l'opportunità di svilupparsi completamente quali individui.

Partiamo dal diritto al salute.
Corpo e psiche delle bambine coinvolte sono messi in grave pericolo. Molto spesso la bambina non è a conoscenza di ciò che realmente l'aspetta e delle inerenti conseguenze. Il matrimonio, per sua stessa istituzione, impone responsabilità sociali e fornisce "base legale" all'attività sessuale ed alla procreazione.
Il matrimonio precoce è l'avvio di frequente e non protetta attività sessuale, con gravi conseguenze per la sua salute. Espone la bambina al rischio di infezioni dell'apparato riproduttivo, a malattie sessualmente trasmissibili e a una maternità precoce,
Questo significa esporre la giovane madre e il suo bambino a rischio. Si aumenta il tasso di mortalità infantile e la mortalità materna, così come alla nascita di bambini con un basso peso alla nascita, malnutriti ed aggravando il tasso anemico della bambina partoriente, innescando un circolo vizioso in questo senso.

Per quanto riguarda l'educazione?
Il matrimonio precoce viola evidentemente anche il diritto della bambina all'educazione. Le bambine restano analfabete e non qualificate. Questo limita per sempre le loro opportunità d'occupazione e l'indipendenza economica. E questo ha una ricaduta anche a livello sociale.
Metti assieme la mancanza di istruzione, di qualificazione professionale, la conseguente scarsa indipendenza politica quale adulto e membro della comunità con il fatto che le spose bambine sperimentano anche l'interruzione della propria rete sociale, lasciandole prive di amici coetanei. L'isolamento sociale pone alla bambina una serie di ulteriori sfide, limitando la capacità di promuovere la propria salute, sviluppo e benessere e quella dei propri figli.
Pur giustificando il matrimonio precoce quale via per proteggere la bambina dalla violenza, i genitori non capiscono che in realtà il matrimonio precoce apre la porta a un ciclo vizioso e senza fine di violenza ed abusi domestici.

E poi, come dicevi, la violenza nei confronti delle bambine assume a volte caratteri persino più drammatici.
Sì, in India il matrimonio precoce è talvolta utilizzato quale primo passo per la tratta delle bambine a fini di sfruttamento sessuale e lavoro forzato. Rapporti ufficiali dagli stati dell'Haryana, Punjab, Gujarat, Madhya Pradesh, Uttar Pradesh e Rajasthan testimoniano: le bambine sono vittime di "falsi matrimoni" e quindi vittime di tratta e sfruttamento sessuale o lavorativo.
Gujarat, pastorizia minima
per le famiglie povere.JPG
E l'evidente preferenza per i bambini maschi in India, porta a pratiche di urgente e drammatica attualità come il feticidio femminile e l'aborto selettivo che contribuiscono ulteriormente ad aggravare il fenomeno delle spose bambine. Perché, oltre alla terribile violenza implicita, si traducono nella diminuzione del numero di ragazze disponibili per il matrimonio (in alcuni regioni dell'India fino ad 800 bambine per 1000 maschi viventi) e, quindi, al fenomeno dell'acquisto di giovani spose.

Immagino che questi fenomeni siano la punta dell'iceberg di una società con forti ineguaglianze a livello genere.
Certamente. L'ineguaglianza di genere in India ha svariate manifestazioni: il tasso sorprendentemente differente di mortalità (0-6) tra maschi e femmine, indice di vera e propria negligenza nei confronti dei diritti fondamentali della bambina; differenti tassi d'educazione, oggi soprattutto secondaria; la differente partecipazione alla "forza lavoro" ufficiale indiana convenzionalmente intesa; la rappresentanza politica (nonostante gli sforzi recentemente intrapresi); la trasmissione ereditaria patrilineare; la residenza post-matrimoniale per la donna; il fenomeno della dote.

Ineguaglianze che hanno una ricaduta sull'intera società indiana?
Sì, l'ineguaglianza di genere (assieme ad altre disparità sociali che tengono molte persone ai margini della cosiddetta, economicamente parlando, "Nuova India”) non coinvolge soltanto la libertà e i diritti di bambine e donne, ma influenza la vita di uomini ed istituzioni che beneficerebbero di una più attiva, informata ed equa ripartizione delle responsabilità tra uomini e donne nella vita sociale e pubblica.

Come si intende fronteggiare questa pratica?
Il progetto segue l'approccio generale degli interventi CIAI in India, ed è un approccio "rights-based" condiviso con il partner locale che collaborerà al progetto.
Una parte importante del progetto avrà come oggetto le Isole Andamane, un contesto multiculturale e straordinario per la presenza di comunità immigrate da ogni parte del subcontinente, dove però le ricchezza delle tradizioni ha portato anche a una certa "pesantezza" degli approcci alla questione genere e dove il matrimonio delle bambine è fenomeno allarmante.
Gujarat, classe d'educazione
sessuale e riproduttiva.JPG

Si tratta essenzialmente di lavorare sul riconoscimento delle ineguaglianze di genere da parte della società promuovendo il coinvolgimento di tutti i membri della società, a partire dai giovani, donne e bambine, nella lotta al matrimonio delle bambine, e promuovendo contemporaneamente un modello positivo di ragazza/bambina "eroe", esempio di affermazione economica e sociale attraverso il lavoro e di consapevolezza del proprio diritto. Il progetto coinvolgerà tutte le componenti sociali della comunità, dalle istituzioni alle assemblee politiche, ma punterà su formazione e lavoro quale mezzi e traguardi per un cambiamento accettabile e sostenibile del ruolo femminile nella comunità.

In termini pratici cosa fate?
Si raccolgono dati circa l'esattezza del fenomeno nelle Andamane e contemporaneamente si preparano staff e collaboratori ad affrontare il progetto. Si forniscono informazioni e supporto ai bambini ed adolescenti che frequentano i centri sociali di villaggi seguiti dal progetto. Si supporta l'istituzione di "village Youth Clubs" che possano energicamente aiutare lo svolgimento delle attività ed in particolare delle campagne di informazione e degli eventi culturali. Ci si concentra sul diritto delle bambine a partire dall'educazione, promuovendo campagne di iscrizione scolastica delle bambine che hanno abbandonato la scuola presso tutte le comunità target. Si fornisce a tutte le bambine che frequentano i centri una guida e la formazione circa le opportunità professionali e di sviluppo nell'arcipelago.

Quali professioni?
Si svilupperanno 4 filiere professionali economicamente promettenti date le condizioni locali: Fashion Designing; Catering e ristorazione; Fisioterapia e medicina Ayurvedica; Entertainment (danza/coreografia/canto). Tutte le bambine che parteciperanno ai corso avranno l'opportunità di visitare altri interventi ed iniziative in corso e saranno ulteriormente formate alla gestione di un'autonoma iniziativa imprenditoriale ("Income Generating Activity" Training Program).

E per quanto riguarda l'informazione alla popolazione?
Nei 26 villaggi verranno istituiti centri di informazione stile "informagiovani" con riferimenti alle iniziative economiche attive ed ai programmi di formazione attivi sulle isole. Le amministrazioni locali e le associazioni dei genitori saranno continuativamente stimolati nella gestione di tutte le attività di formazione e presa di coscienza circa il ruolo della donna ed il fenomeno del matrimonio forzato delle bambine (Village level Gender Awareness Campaigns; villages' Thematic Rallies). Le campagne di divulgazione e di conoscenza circa le norme ed i diritti della bambine vedranno il diretto coivolgimento dei gruppi locali (ex i gruppi di auto aiuto delle donne SHG) e delle amministrazioni locali (Panchayat Raj Institution PRI). Le scuole e gli insegnanti, i SMC (comitati di villaggio per la gestione della scuola), i rappresentanti politici, i genitori saranno i beneficiari specifici di campagne di informazione e conoscenza circa "Child marriage and Child abuse" e diverranno i co-protagonisti, assieme agli Youth Clubs, dell'intervento, diventando i principali sorveglianti (watchdog) circa il fenomeno del matrimonio delle bambine nelle rispettive comunità.

Grazie Matteo adesso, se non ti dispiace, parliamo un po' di te, quale è stato il tuo percorso di studi e professionale?
Tamil Nadu - Matteo Levi  con un responsabile politico locale
Dopo il liceo linguistico, la laurea in legge e il master in cooperazione ho fatto le prime esperienze nel mondo della "cooperazione" seguendo le attività, quale volontario (due anni di corso propedeutico all'esperienza di "volontariato internazionale", la raccolta fondi ed il lavoro presso due commissioni progetto), presso una Ong di Brescia (SVI). Con la stessa avrei dovuto avviare un progetto di cooperazione in Zambia.
Non ho esperienze di "associazionismo cattolico" e i miei trascorsi all'oratorio di paese non sono mai andati oltre la partita a pallone, tuttavia questa prima "pratica" presso un'organizzazione laica, ma di chiara ispirazione cristiana, oltre ad aver contribuito alla mia formazione, mi ha permesso di comprendere il valore di esperienze di vita, impegno personale, lavoro e condivisione, con (e al servizio dei) poveri in Africa ed America Latina, di stupefacente vigore. Ho osservato che vivere personalmente ed in profondità l'insegnamento morale delle religioni, contenga una formidabile forza rivoluzionaria. Tutto questo per dire che ciò mi ha in parte aiutato nell'assumere "condivisione e partecipazione" quali prospettive di base in questo lavoro.
Quindi con questa prima organizzazione sei entrato in contatto con persone che avevano avuto esperienze in Africa e America Latina. E tu quando sei partito per la tua prima missione? E con chi?
Sono partito nel 2006 per l'Africa, in Burkina Faso, paese al 183mo posto sul 187 nell'indice di sviluppo umano (HDI 2012), come responsabile di un progetto biannuale di cooperazione tecnico sanitaria gestito da Medicus Mundi Italia e finanziato dalla Regione Lombardia. Il progetto si occupava di HIV/AIDS, collaborava con il Ministero della Salute del Burkina Faso, e dava supporto tecnico agli staff sanitari degli Ospedali di S. Camillo con il supporto di professori e medici dell'università degli Studi e degli Spedali Civili di Brescia. Il progetto si muoveva nell'ambito del progetto di cooperazione tecnica EU-AFRICA "Esther", il partenariato interospedaliero finalizzato alla lotta all'AIDS. "égalité des droits et justice pour tous" tra le lezioni apprese dall'esempio di dignità e lotta per il diritto alla salute ed alla vita delle centinaia di persone sieropositive seguite dal progetto.

E il CIAI quando arriva nella tua vita?
Proprio durante l'esperienza in Burkina Faso sono entrato in contatto con CIAI ed il suo ufficio locale. L'organizzazione aveva da poco avviato le attività legate a "sostegno a distanza" ed al diritto all'educazione nei villaggi più isolati della "brousse" (savana), allora in forte espansione. Ho iniziato a collaborare al progetto come project manager, ruolo che ho conservato fino al 2010.

Cosa fa il CIAI in Burkina Faso?
In Burkina Faso CIAI gestisce le attività progettuali con partners locali conservandone tuttavia il coordinamento diretto. In un contesto autoritario in rapida transizione p
Burkina Faso - Staff meeting tra Matteo e il collega Fabrice
olitico economica, nonostante l'estrema e diffusa povertà, analfabetismo, tradizioni culturali e radicate credenze, in condizioni climatiche logoranti, il progetto è di fatto riuscito a svolgere uno straordinario lavoro, garantendo il diritto all'educazione per la prima generazione di studenti provenienti dai villaggi più remoti, trasmettendo alle famiglie un senso di solidarietà e unità verso un bene comune, ed aiutando istituzioni ed amministrazioni locali a convergere verso uno obiettivo condiviso in nome dello sviluppo del paese attraverso l'educazione dei propri figli. Di questa straordinaria esperienza, oltre ai volti di mille persone a scuola e nei villaggi, ricordo la forza e tenacia di tutto lo staff CIAI Burkina che con passione e sacrificio ha permesso che tante cose importanti prendessero vita.

E poi la svolta: l'India.
Dopo quasi 5 anni di impegno africano ho creduto opportuno cercare di condividere questa esperienza con altre persone in altri contesti. S'era aperta in quel periodo (fine 2010) la possibilità di lavorare in India con CIAI ed immediatamente aderii all'idea. In India svolgo il lavoro di responsabile di progetto e di rappresentante paese per CIAI. Tutti i progetti lavorano in un'ottica "rights-based" e, dalla base, cercano di condividere una parte del percorso di sviluppo con i bambini, gli adolescenti, le famiglie e le comunità più svantaggiate, lavorando sul concetto di partecipazione attiva e contribuendo ad arricchire il dibattito democratico.
Quali sono gli obiettivi del lavoro del CIAI di questi anni in India, (aldilà della campagna attuale sulle spose bambine)?
I progetti CIAI in India sono rappresentativi della straordinaria ricchezza del subcontinente. Nell'approccio d'ogni intervento, come in Africa, si aggiunga il contesto in rapida transizione politico economica, l'estrema e diffusa povertà delle fasce sociali cui i nostri progetti esclusivamente si rivolgono, analfabetismo diffuso, sistema castale, ineguaglianze e tradizioni culturali che si intrecciano ad una crescita economica tumultuosa, le cui "externalities" e "social costs" affliggono principalmente i gruppi tradizionalmente esclusi (caste inferiori e gruppi tribali), ed i cui "utili" e rendite, mai condivisi, contribuiscono a confermare ed accrescere le millenarie divisioni sociali fondate su un intreccio di casta e censo.

E la tua attività in cosa consiste?
Il mio lavoro attuale si divide tra responsabilità di progetto, sviluppo delle potenzialità d'intervento di CIAI in India e rappresentanza dell'organizzazione verso istituzioni e partners. In India CIAI implementa tutti i suoi progetti tramite Ong locali. Tra gli obiettivi principali del lavoro rientra certamente il contributo alla crescita di capacità e di visione dei partner indiani. L'approccio di CIAI a cooperazione e sviluppo si fonda su esperienze di cura e protezione dell'infanzia abbandonata. In tal senso il diritto alle cure da parte di una famiglia e l'adozione, nazionale o internazionale, costituiscono un supporto vitale. In tale contesto il termine di riferimento è l'universalizzazione della prospettiva di diritto del singolo bambino a prevalere (for all the children of the world). Questa straordinaria esperienza di CIAI, fatta di ricerca e cura dei dettagli, di attenzione al singolo, di sensibilità al fattore umano, è la ricchezza che l'organizzazione cerca di condividere anche nell'esperienza di cooperazione. Il nostro compito in India è quello di contribuire alla crescita del livello del dibattito pubblico circa l'importanza dei diritti umani fondamentali (vita, salute, educazione) per tutti i cittadini, proponendo e discutendo di "visioni" di vita e sviluppo con i partner della società civile e coinvolgendo i responsabili pubblici nel dibattito circa le scelte per il futuro dei bambini e delle nuove generazioni.

E la tua operatività quotidiana? Con chi collabori, con quali istituzioni ti interfacci: come si svolge la tua giornata-tipo?
La collaborazione con 6 colleghi indiani ed una collega italiana fa parte del mio quotidiano. Le tradizioni locali, anche in tema di professionalità, sono effettivamente "altre" rispetto a quelle europee. La straordinaria diversità e ricchezza culturale delle persone si riflette nel lavoro d'ufficio e ne determina i ritmi anche in uno gruppo ridotto quale il nostro. Il rispetto dell'essenza divina e della sua multiforme manifestazione quotidiana, la devozione per le innumerevoli divinità ed il rispetto delle tradizioni familiari e la ricerca filosofica personale, fanno della relazione professionale con il collega (ed il partner) indiano un banco di prova e di sensibilità non indifferenti per chi cerca di mantenere un approccio "razionale" alle cose. A questo si aggiunga il fatto che pur essendo una questione "tabù", la differenza di casta e tradizione religiosa in ambito lavorativo è comunque un fatto "riconosciuto" dalle persone, e questo influenza sempre gli equilibri all'interno dello gruppo che si occupa di gestire un progetto. Anche in questo caso il mio quotidiano servizio di "staff builder" deve adattarsi alle condizioni di terreno. Le istituzioni che quotidianamente lavorano con noi sono i rappresentanti delle organizzazioni partner, dai responsabili al gruppo terreno, ognuno secondo responsabilità e ruolo. Per un progetto di cooperazione, come per ogni lavoro, il risultato è la somma di mille interventi, riunioni, discussioni, lettere, decisioni prese ed azioni svolte verso una direzione condivisa, coinvolgendo nel processo decisionale i reali protagonisti del "cambiamento", appunto i bambini, le donne e gli uomini delle comunità presso cui interveniamo. E questo è il lavoro giornaliero mio e di tutto il nostro gruppo. La nostra sfida quotidiana è appunto quella di riuscire a mantenere la direzione nonostante la generale propensione all'anarchia del subcontinente. Il nostro lavoro ci permette inoltre di viaggiare e vedere direttamente luoghi straordinari e volti di beneficiari e collaboratori. Quando siamo sul terreno respiriamo quell'aria che finalmente ci conferma della bontà delle scelte fatte.

@ 2014 Marco Ardemagni - Fotografie di Matteo Levi