lunedì 7 aprile 2014

Le spose bambine e l'India
Conversazione con Matteo Levi, country representative del CIAI in India

Incontro Matteo Levi nei giorni più caldi della campagna del CIAI contro la pratica delle spose bambine. Una conversazione a 360° su un fenomeno assai poco conosciuto. La lettura richiede qualche minuto, ma ne vale la pena. Un SMS al 45505 invece, per contribuire alla campagna, si può fare anche subito, sulla fiducia, oppure, più consapevolmente, durante la lettura.


Matteo Levi, tu sei il
country representative del CIAI (il Centro Italiano Aiuti all'Infanzia), in altre parole colui che rappresenta il CIAI in India. Quest'anno la vostra campagna si rivolge proprio all'India e ad un fenomeno particolarmente diffuso: quello delle spose bambine. Una pratica che non è soltanto indiana.

No, ma possiamo stimare nel subcontinente indiano si concentrino un terzo delle spose bambine di tutto il mondo.

In tutto di quante giovani donne parliamo?
In India sono circa 23 milioni le bambine interessate da matrimoni precoci o forzati, nonostante la presenza di leggi in materia che li vietano esplicitamente. Tutti i bambini hanno diritto alla cura e alla protezione, allo sviluppo e a crescere come individui completi, indipendentemente dalla loro situazione sociale ed economica. Il matrimonio precoce è una palese violazione di tutti questi diritti, ufficialmente riconosciuti dall'India con la firma di convenzioni internazionali e leggi specifiche.

Quali ragioni stanno alla base di questa pratica?
Le bambine sono date in sposa per ragioni diverse, ma prevalentemente per ragioni economiche e culturali. Il fenomeno (radicato prevalentemente, ma non esclusivamente, tra i gruppi poveri e svantaggiati, generalmente residenti nell'India rurale) ha connotazioni diverse a seconda della cultura, religione, regione geografica, casta e censo delle famiglie in cui avviene.

Gujarat, sorelle-madri e le cure parentali
Volendo entrare un po' più nel dettaglio, si tratta più di un problema economico o culturale?
Spesso è la difficoltà della famiglia a mantenere un membro della stessa che, per ragioni di trasmissione patrilineare, non potrà trasmettere ed accrescere il patrimonio del clan. Una bambina è generalmente considerata un peso economico e tradizionalmente, data l'ineguaglianza nei diritti riservata alla donna nella società indiana, l'atteggiamento è stato quello di ottenerne "la tutela" da parte di un uomo il prima possibile.
La richiesta in sposa di una bambina è di incentivo per la famiglia dello sposa che così evita il pagamento di una dote più cospicua, che viene spesso richiesta nel caso che la ragazza sia più grande. In tal senso si dimentica che, non solo il matrimonio precoce, ma lo stesso istituto della dote in India è considerato quale crimine e sanzionato dalla legge (Dote Prohibition Act, 1961). Nel corso degli anni si è inoltre verificato un fenomeno particolare: gruppi sociali e tribali che non ne conoscevano l'uso, hanno progressivamente iniziato ad praticarlo quale indicatore di "evoluta" condizione sociale ed economica.

Puoi farci degli esempi specifici?
Nel caso di matrimoni in cui entrambi gli sposi siano bambini è generalmente il clan a condurre l'operazione conscio del vantaggio reciproco, in termini di gestione del patrimonio, che l'operazione porta. Ecco perché la questione della dote in questi casi può passare in secondo piano e ridursi di molto. In tal caso, specie nelle aree rurali a forte vocazione agricola o pastorizia, ad un matrimonio tra un bambino maschio della famiglia "A" con una bambina della famiglia "B", generalmente segue un matrimonio di un maschio della famiglia "B" con una bambina della famiglia "A". Questa gestione permette la continuità patrimoniale, portando tuttavia ad un'incidenza accresciuta di malattie genetiche tra la comunità.
Un uomo adulto, sopra i quarant'anni, generalmente alla seconda esperienza matrimoniale, può rinunciare a forti pretese economiche verso la famiglia della sposa se la ragazza è giovane e forte, considerata la prospettiva sessuale ed il sostegno che tale presenza può garantire alla casa in termini d'economia domestica (lavoro gratuito). Ecco perché per sposo e famiglia l'accordo sul matrimonio precoce della bambina può essere un vantaggio per entrambe, soprattutto in caso di famiglie numerose, con più figlie femmine, e deboli prospettive d'emancipazione economico sociale.
La famiglia di una figlia "matura" invece, oltre i venticinque anni, magari con un titolo di studio, proprio per le caratteristiche economico culturali che l'istituto del matrimonio ha assunto negli anni in India (intercastale o tribale e legato a censo/professione/patrimonio), frequentemente (in dipendenza del contesto urbano o rurale, castale e tribale, ricco o povero) avrà necessità di investire risorse nella ricerca del partner. Pare bizzarro, ma la ricerca è anche legata alla congiunzione astrale, o meglio all'accordo tra la data di nascita del futuro sposo e della sposa), e date le caratteristiche dei candidati, richiede un accordo legato alle potenzialità economiche dell'unione matrimoniale.
Tutto è naturalmente in proporzione al contesto nel quale avviene, ma una famiglia con una ragazza diplomata che voglia "socialmente scalare" dovrà trovarsi uno sposo con caratteristiche professionali adeguate, ad esempio un professionista, un commerciante, un tecnico, un imprenditore, e la famiglia dello sposo venderà tali potenzialità "cash" (o meglio in oro ed altri importanti regali) alla famiglia della sposa pretendente. Voilà le ragioni per le quali in determinati contesti una famiglia può investire su una o due bambine al massimo, sacrificando le eventuali altre.

In che senso sacrificare?
Ho utilizzato il termine "sacrificare" perché nel contesto indiano, non da ieri, mancano all'appello milioni di bambine per ragioni legate alla preferenza data al figlio maschio, a pratiche d'aborto selettivo, infanticidio e negligenza nella cura delle bambine 0-6 anni. Nel 2002 è stato stimato che il 6.4% delle gravidanze con un feto femminile siano abortite portando ad una perdita di circa 106.000 bimbine all'anno in India; nel 2010 altri studi denunciavano l'aborto fino a 600.000 feti femmine all'anno. Ad oggi sono stimate mancare fino a 7.1 milioni di bambine nella fascia d'età 0-6 anni in India secondo il Centre for Global Health. Anche su questo tema CIAI lavora in India dagli anni '90.
Gujarat, ragazze della comunità
 di Lodai al doposcuola.JPG
I matrimoni tra due bambini, di cui parlavamo prima, sono anche la scelta più comoda per genitori che vogliono che i loro figli accettino la loro scelta. Generalmente in questo contesto si tratta di gestire, attraverso il matrimonio, i rapporti tra famiglie appartenenti allo stesso clan o tra clan alleati. In merito mi è capitato, durante una missione in Gujarat, di osservare all'interno di un cortile una dozzina di ragazzini maschi e femmine dai tre fino ai dodici anni, di cui otto con l'orecchino. Ho scoperto che il grazioso monile sottolineava il matrimonio già decretato del bambino o della bambina. Avveniva così che data la penuria di strutture scolastiche i due promessi sposi, da giovanissimi, potessero ritrovarsi nella stessa scuola. Immediata e diretta conseguenza era il ritiro della bambina da scuola;
Un'ulteriore giustificazione avanzata dalle famiglie riguarda la "sicurezza delle bambine" dal rischio di violenza sessuale, e la dichiarata ed obiettiva incapacità dei parenti, dato il contesto, di garantire tale sicurezza. In India c'è infatti la convinzione che il matrimonio della bambina, dando ufficialità ed approvazione sociale all'avvio dell'attività sessuale della stessa, preservi l'onore del clan dai rischi legati alle frequenti e violente attenzioni maschili e dalla promiscuità tra giovani a scuola e nel contesto sociale. In tal senso il matrimonio anticipato preserverebbe la verginità della sposa fino al giorno delle nozze, garantendo la rispettabilità della famiglia. Ed è un fatto che, data l'importanza osservabile della violenza di genere, e sessuale in particolare, i giornali riportino frequentemente notizia del suicidio dei genitori le cui figlie siano state violentate.
Date le condizioni di arretratezza e povertà di gran parte del contesto in cui il matrimonio delle bambine avviene, è opinione che i genitori vedano nel matrimonio la via per garantire alla bambina un futuro socialmente ed economicamente migliore e sicuro.
La mancanza di educazione e di conoscenza sulle conseguenze del matrimonio sulla vita delle bambine da parte delle famiglie e delle comunità, la scarsa applicazione della legge e la mancanza di volontà e d'azione da parte delle amministrazioni locali sono ulteriori ed importanti elementi perché in India il matrimonio delle bambine continui indisturbato.

Quali conseguenze ha un matrimonio precoce sulla vita delle giovani donne ed, eventualmente, dei giovani uomini coinvolti?
Il matrimonio precoce nega ai bambini i loro diritti fondamentali inerenti la salute, la nutrizione, l'istruzione e libertà da violenza, abusi e sfruttamento, negando loro l'opportunità di svilupparsi completamente quali individui.

Partiamo dal diritto al salute.
Corpo e psiche delle bambine coinvolte sono messi in grave pericolo. Molto spesso la bambina non è a conoscenza di ciò che realmente l'aspetta e delle inerenti conseguenze. Il matrimonio, per sua stessa istituzione, impone responsabilità sociali e fornisce "base legale" all'attività sessuale ed alla procreazione.
Il matrimonio precoce è l'avvio di frequente e non protetta attività sessuale, con gravi conseguenze per la sua salute. Espone la bambina al rischio di infezioni dell'apparato riproduttivo, a malattie sessualmente trasmissibili e a una maternità precoce,
Questo significa esporre la giovane madre e il suo bambino a rischio. Si aumenta il tasso di mortalità infantile e la mortalità materna, così come alla nascita di bambini con un basso peso alla nascita, malnutriti ed aggravando il tasso anemico della bambina partoriente, innescando un circolo vizioso in questo senso.

Per quanto riguarda l'educazione?
Il matrimonio precoce viola evidentemente anche il diritto della bambina all'educazione. Le bambine restano analfabete e non qualificate. Questo limita per sempre le loro opportunità d'occupazione e l'indipendenza economica. E questo ha una ricaduta anche a livello sociale.
Metti assieme la mancanza di istruzione, di qualificazione professionale, la conseguente scarsa indipendenza politica quale adulto e membro della comunità con il fatto che le spose bambine sperimentano anche l'interruzione della propria rete sociale, lasciandole prive di amici coetanei. L'isolamento sociale pone alla bambina una serie di ulteriori sfide, limitando la capacità di promuovere la propria salute, sviluppo e benessere e quella dei propri figli.
Pur giustificando il matrimonio precoce quale via per proteggere la bambina dalla violenza, i genitori non capiscono che in realtà il matrimonio precoce apre la porta a un ciclo vizioso e senza fine di violenza ed abusi domestici.

E poi, come dicevi, la violenza nei confronti delle bambine assume a volte caratteri persino più drammatici.
Sì, in India il matrimonio precoce è talvolta utilizzato quale primo passo per la tratta delle bambine a fini di sfruttamento sessuale e lavoro forzato. Rapporti ufficiali dagli stati dell'Haryana, Punjab, Gujarat, Madhya Pradesh, Uttar Pradesh e Rajasthan testimoniano: le bambine sono vittime di "falsi matrimoni" e quindi vittime di tratta e sfruttamento sessuale o lavorativo.
Gujarat, pastorizia minima
per le famiglie povere.JPG
E l'evidente preferenza per i bambini maschi in India, porta a pratiche di urgente e drammatica attualità come il feticidio femminile e l'aborto selettivo che contribuiscono ulteriormente ad aggravare il fenomeno delle spose bambine. Perché, oltre alla terribile violenza implicita, si traducono nella diminuzione del numero di ragazze disponibili per il matrimonio (in alcuni regioni dell'India fino ad 800 bambine per 1000 maschi viventi) e, quindi, al fenomeno dell'acquisto di giovani spose.

Immagino che questi fenomeni siano la punta dell'iceberg di una società con forti ineguaglianze a livello genere.
Certamente. L'ineguaglianza di genere in India ha svariate manifestazioni: il tasso sorprendentemente differente di mortalità (0-6) tra maschi e femmine, indice di vera e propria negligenza nei confronti dei diritti fondamentali della bambina; differenti tassi d'educazione, oggi soprattutto secondaria; la differente partecipazione alla "forza lavoro" ufficiale indiana convenzionalmente intesa; la rappresentanza politica (nonostante gli sforzi recentemente intrapresi); la trasmissione ereditaria patrilineare; la residenza post-matrimoniale per la donna; il fenomeno della dote.

Ineguaglianze che hanno una ricaduta sull'intera società indiana?
Sì, l'ineguaglianza di genere (assieme ad altre disparità sociali che tengono molte persone ai margini della cosiddetta, economicamente parlando, "Nuova India”) non coinvolge soltanto la libertà e i diritti di bambine e donne, ma influenza la vita di uomini ed istituzioni che beneficerebbero di una più attiva, informata ed equa ripartizione delle responsabilità tra uomini e donne nella vita sociale e pubblica.

Come si intende fronteggiare questa pratica?
Il progetto segue l'approccio generale degli interventi CIAI in India, ed è un approccio "rights-based" condiviso con il partner locale che collaborerà al progetto.
Una parte importante del progetto avrà come oggetto le Isole Andamane, un contesto multiculturale e straordinario per la presenza di comunità immigrate da ogni parte del subcontinente, dove però le ricchezza delle tradizioni ha portato anche a una certa "pesantezza" degli approcci alla questione genere e dove il matrimonio delle bambine è fenomeno allarmante.
Gujarat, classe d'educazione
sessuale e riproduttiva.JPG

Si tratta essenzialmente di lavorare sul riconoscimento delle ineguaglianze di genere da parte della società promuovendo il coinvolgimento di tutti i membri della società, a partire dai giovani, donne e bambine, nella lotta al matrimonio delle bambine, e promuovendo contemporaneamente un modello positivo di ragazza/bambina "eroe", esempio di affermazione economica e sociale attraverso il lavoro e di consapevolezza del proprio diritto. Il progetto coinvolgerà tutte le componenti sociali della comunità, dalle istituzioni alle assemblee politiche, ma punterà su formazione e lavoro quale mezzi e traguardi per un cambiamento accettabile e sostenibile del ruolo femminile nella comunità.

In termini pratici cosa fate?
Si raccolgono dati circa l'esattezza del fenomeno nelle Andamane e contemporaneamente si preparano staff e collaboratori ad affrontare il progetto. Si forniscono informazioni e supporto ai bambini ed adolescenti che frequentano i centri sociali di villaggi seguiti dal progetto. Si supporta l'istituzione di "village Youth Clubs" che possano energicamente aiutare lo svolgimento delle attività ed in particolare delle campagne di informazione e degli eventi culturali. Ci si concentra sul diritto delle bambine a partire dall'educazione, promuovendo campagne di iscrizione scolastica delle bambine che hanno abbandonato la scuola presso tutte le comunità target. Si fornisce a tutte le bambine che frequentano i centri una guida e la formazione circa le opportunità professionali e di sviluppo nell'arcipelago.

Quali professioni?
Si svilupperanno 4 filiere professionali economicamente promettenti date le condizioni locali: Fashion Designing; Catering e ristorazione; Fisioterapia e medicina Ayurvedica; Entertainment (danza/coreografia/canto). Tutte le bambine che parteciperanno ai corso avranno l'opportunità di visitare altri interventi ed iniziative in corso e saranno ulteriormente formate alla gestione di un'autonoma iniziativa imprenditoriale ("Income Generating Activity" Training Program).

E per quanto riguarda l'informazione alla popolazione?
Nei 26 villaggi verranno istituiti centri di informazione stile "informagiovani" con riferimenti alle iniziative economiche attive ed ai programmi di formazione attivi sulle isole. Le amministrazioni locali e le associazioni dei genitori saranno continuativamente stimolati nella gestione di tutte le attività di formazione e presa di coscienza circa il ruolo della donna ed il fenomeno del matrimonio forzato delle bambine (Village level Gender Awareness Campaigns; villages' Thematic Rallies). Le campagne di divulgazione e di conoscenza circa le norme ed i diritti della bambine vedranno il diretto coivolgimento dei gruppi locali (ex i gruppi di auto aiuto delle donne SHG) e delle amministrazioni locali (Panchayat Raj Institution PRI). Le scuole e gli insegnanti, i SMC (comitati di villaggio per la gestione della scuola), i rappresentanti politici, i genitori saranno i beneficiari specifici di campagne di informazione e conoscenza circa "Child marriage and Child abuse" e diverranno i co-protagonisti, assieme agli Youth Clubs, dell'intervento, diventando i principali sorveglianti (watchdog) circa il fenomeno del matrimonio delle bambine nelle rispettive comunità.

Grazie Matteo adesso, se non ti dispiace, parliamo un po' di te, quale è stato il tuo percorso di studi e professionale?
Tamil Nadu - Matteo Levi  con un responsabile politico locale
Dopo il liceo linguistico, la laurea in legge e il master in cooperazione ho fatto le prime esperienze nel mondo della "cooperazione" seguendo le attività, quale volontario (due anni di corso propedeutico all'esperienza di "volontariato internazionale", la raccolta fondi ed il lavoro presso due commissioni progetto), presso una Ong di Brescia (SVI). Con la stessa avrei dovuto avviare un progetto di cooperazione in Zambia.
Non ho esperienze di "associazionismo cattolico" e i miei trascorsi all'oratorio di paese non sono mai andati oltre la partita a pallone, tuttavia questa prima "pratica" presso un'organizzazione laica, ma di chiara ispirazione cristiana, oltre ad aver contribuito alla mia formazione, mi ha permesso di comprendere il valore di esperienze di vita, impegno personale, lavoro e condivisione, con (e al servizio dei) poveri in Africa ed America Latina, di stupefacente vigore. Ho osservato che vivere personalmente ed in profondità l'insegnamento morale delle religioni, contenga una formidabile forza rivoluzionaria. Tutto questo per dire che ciò mi ha in parte aiutato nell'assumere "condivisione e partecipazione" quali prospettive di base in questo lavoro.
Quindi con questa prima organizzazione sei entrato in contatto con persone che avevano avuto esperienze in Africa e America Latina. E tu quando sei partito per la tua prima missione? E con chi?
Sono partito nel 2006 per l'Africa, in Burkina Faso, paese al 183mo posto sul 187 nell'indice di sviluppo umano (HDI 2012), come responsabile di un progetto biannuale di cooperazione tecnico sanitaria gestito da Medicus Mundi Italia e finanziato dalla Regione Lombardia. Il progetto si occupava di HIV/AIDS, collaborava con il Ministero della Salute del Burkina Faso, e dava supporto tecnico agli staff sanitari degli Ospedali di S. Camillo con il supporto di professori e medici dell'università degli Studi e degli Spedali Civili di Brescia. Il progetto si muoveva nell'ambito del progetto di cooperazione tecnica EU-AFRICA "Esther", il partenariato interospedaliero finalizzato alla lotta all'AIDS. "égalité des droits et justice pour tous" tra le lezioni apprese dall'esempio di dignità e lotta per il diritto alla salute ed alla vita delle centinaia di persone sieropositive seguite dal progetto.

E il CIAI quando arriva nella tua vita?
Proprio durante l'esperienza in Burkina Faso sono entrato in contatto con CIAI ed il suo ufficio locale. L'organizzazione aveva da poco avviato le attività legate a "sostegno a distanza" ed al diritto all'educazione nei villaggi più isolati della "brousse" (savana), allora in forte espansione. Ho iniziato a collaborare al progetto come project manager, ruolo che ho conservato fino al 2010.

Cosa fa il CIAI in Burkina Faso?
In Burkina Faso CIAI gestisce le attività progettuali con partners locali conservandone tuttavia il coordinamento diretto. In un contesto autoritario in rapida transizione p
Burkina Faso - Staff meeting tra Matteo e il collega Fabrice
olitico economica, nonostante l'estrema e diffusa povertà, analfabetismo, tradizioni culturali e radicate credenze, in condizioni climatiche logoranti, il progetto è di fatto riuscito a svolgere uno straordinario lavoro, garantendo il diritto all'educazione per la prima generazione di studenti provenienti dai villaggi più remoti, trasmettendo alle famiglie un senso di solidarietà e unità verso un bene comune, ed aiutando istituzioni ed amministrazioni locali a convergere verso uno obiettivo condiviso in nome dello sviluppo del paese attraverso l'educazione dei propri figli. Di questa straordinaria esperienza, oltre ai volti di mille persone a scuola e nei villaggi, ricordo la forza e tenacia di tutto lo staff CIAI Burkina che con passione e sacrificio ha permesso che tante cose importanti prendessero vita.

E poi la svolta: l'India.
Dopo quasi 5 anni di impegno africano ho creduto opportuno cercare di condividere questa esperienza con altre persone in altri contesti. S'era aperta in quel periodo (fine 2010) la possibilità di lavorare in India con CIAI ed immediatamente aderii all'idea. In India svolgo il lavoro di responsabile di progetto e di rappresentante paese per CIAI. Tutti i progetti lavorano in un'ottica "rights-based" e, dalla base, cercano di condividere una parte del percorso di sviluppo con i bambini, gli adolescenti, le famiglie e le comunità più svantaggiate, lavorando sul concetto di partecipazione attiva e contribuendo ad arricchire il dibattito democratico.
Quali sono gli obiettivi del lavoro del CIAI di questi anni in India, (aldilà della campagna attuale sulle spose bambine)?
I progetti CIAI in India sono rappresentativi della straordinaria ricchezza del subcontinente. Nell'approccio d'ogni intervento, come in Africa, si aggiunga il contesto in rapida transizione politico economica, l'estrema e diffusa povertà delle fasce sociali cui i nostri progetti esclusivamente si rivolgono, analfabetismo diffuso, sistema castale, ineguaglianze e tradizioni culturali che si intrecciano ad una crescita economica tumultuosa, le cui "externalities" e "social costs" affliggono principalmente i gruppi tradizionalmente esclusi (caste inferiori e gruppi tribali), ed i cui "utili" e rendite, mai condivisi, contribuiscono a confermare ed accrescere le millenarie divisioni sociali fondate su un intreccio di casta e censo.

E la tua attività in cosa consiste?
Il mio lavoro attuale si divide tra responsabilità di progetto, sviluppo delle potenzialità d'intervento di CIAI in India e rappresentanza dell'organizzazione verso istituzioni e partners. In India CIAI implementa tutti i suoi progetti tramite Ong locali. Tra gli obiettivi principali del lavoro rientra certamente il contributo alla crescita di capacità e di visione dei partner indiani. L'approccio di CIAI a cooperazione e sviluppo si fonda su esperienze di cura e protezione dell'infanzia abbandonata. In tal senso il diritto alle cure da parte di una famiglia e l'adozione, nazionale o internazionale, costituiscono un supporto vitale. In tale contesto il termine di riferimento è l'universalizzazione della prospettiva di diritto del singolo bambino a prevalere (for all the children of the world). Questa straordinaria esperienza di CIAI, fatta di ricerca e cura dei dettagli, di attenzione al singolo, di sensibilità al fattore umano, è la ricchezza che l'organizzazione cerca di condividere anche nell'esperienza di cooperazione. Il nostro compito in India è quello di contribuire alla crescita del livello del dibattito pubblico circa l'importanza dei diritti umani fondamentali (vita, salute, educazione) per tutti i cittadini, proponendo e discutendo di "visioni" di vita e sviluppo con i partner della società civile e coinvolgendo i responsabili pubblici nel dibattito circa le scelte per il futuro dei bambini e delle nuove generazioni.

E la tua operatività quotidiana? Con chi collabori, con quali istituzioni ti interfacci: come si svolge la tua giornata-tipo?
La collaborazione con 6 colleghi indiani ed una collega italiana fa parte del mio quotidiano. Le tradizioni locali, anche in tema di professionalità, sono effettivamente "altre" rispetto a quelle europee. La straordinaria diversità e ricchezza culturale delle persone si riflette nel lavoro d'ufficio e ne determina i ritmi anche in uno gruppo ridotto quale il nostro. Il rispetto dell'essenza divina e della sua multiforme manifestazione quotidiana, la devozione per le innumerevoli divinità ed il rispetto delle tradizioni familiari e la ricerca filosofica personale, fanno della relazione professionale con il collega (ed il partner) indiano un banco di prova e di sensibilità non indifferenti per chi cerca di mantenere un approccio "razionale" alle cose. A questo si aggiunga il fatto che pur essendo una questione "tabù", la differenza di casta e tradizione religiosa in ambito lavorativo è comunque un fatto "riconosciuto" dalle persone, e questo influenza sempre gli equilibri all'interno dello gruppo che si occupa di gestire un progetto. Anche in questo caso il mio quotidiano servizio di "staff builder" deve adattarsi alle condizioni di terreno. Le istituzioni che quotidianamente lavorano con noi sono i rappresentanti delle organizzazioni partner, dai responsabili al gruppo terreno, ognuno secondo responsabilità e ruolo. Per un progetto di cooperazione, come per ogni lavoro, il risultato è la somma di mille interventi, riunioni, discussioni, lettere, decisioni prese ed azioni svolte verso una direzione condivisa, coinvolgendo nel processo decisionale i reali protagonisti del "cambiamento", appunto i bambini, le donne e gli uomini delle comunità presso cui interveniamo. E questo è il lavoro giornaliero mio e di tutto il nostro gruppo. La nostra sfida quotidiana è appunto quella di riuscire a mantenere la direzione nonostante la generale propensione all'anarchia del subcontinente. Il nostro lavoro ci permette inoltre di viaggiare e vedere direttamente luoghi straordinari e volti di beneficiari e collaboratori. Quando siamo sul terreno respiriamo quell'aria che finalmente ci conferma della bontà delle scelte fatte.

@ 2014 Marco Ardemagni - Fotografie di Matteo Levi

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