domenica 12 febbraio 2017

Cinque o sei cose che ho capito sul sisma nell'Italia centrale (segue: tre testimonianze)

Fermo - Palazzo dei Priori (inagibile 12.2.17)

Ieri ho pubblicato un lungo post su alcuni aspetti del sisma nell'Italia Centrale che a mio avviso non sono particolarmente noti a chi vive lontano. Quasi tutto quello che ho scritto deriva soprattutto da conversazioni con persone che vivono lì vicino e in piccola parte da qualche viaggio in quell'area, in particolare nelle Marche, la regione che conosco meglio tra le quattro colpite. Ho però invitato alcuni dei miei amici di quella zona a completare il mio quadro e sono già arrivati alcuni contributi, certamente più pertinenti. Il primo da Michele, che vive a Macerata, grande amico e una delle mie fonti nella zona: molti dei suoi spunti erano stati già inclusi nel mio post e sono stati confermati da lui, ma mi faceva piacere sentire anche la sua voce diretta; gli altri vengono da due amici di Facebook: Daniele di Senigallia (AN) e Alessandro. Altri arriveranno, ne sono certo.


Macerata, 11 febbraio 2017
Sono tante le parole che si potrebbero scrivere su quello che il terremoto ha suscitato e sta suscitando sulla nostra gente. Le sensazioni. Le paure. Quel guardarsi intorno ad un tavolo e cercare gli sguardi di sconosciuti in un bar e sorridere dicendosi compiaciuti…”questa volta era solo un camion”. Dormire in macchina in un parcheggio di un centro commerciale, in attesa che qualcuno ti dica “torna a casa che se crolla la vostra crolla mezza città”. Oppure perdere l’abitudine di una doccia calda e rilassante. La mia è diventata rapida per paura che accada qualcosa. Fortunatamente. Per chi vive in tenda o in un container… un miraggio! 
Potrei parlare della nevicata che ha peggiorato le cose qualche settimana fa, o di genitori che non sanno dove faranno scuola i propri figli. Oppure potrei parlare della mancata vincita di Recanati candidata a Capitale Italiana della Cultura in favore di Palermo. Sarebbe stata occasione di sostegno al turismo del territorio, ma si è preferita la bella Palermo. 
Palermo come Milano: città da migliaia di abitanti. Milano addirittura come gli abitanti dell’intera Regione Marche. Siamo pochi e probabilmente per questo non facciamo notizia. Non importa. 
Non vogliamo fare notizia, perché sappiamo da sempre che se crolla il campanile di Norcia o una cantina storica di Serrapetrona (per chi non lo sapesse terra unica in Italia per la sua vernaccia), l’importante è sapere se le scuole di Roma lunedì prossimo apriranno. 
Non vogliamo fare notizia. Quello che ci serve è la speranza! 
La speranza per gli anziani. Di poter vivere la propria vecchiaia con le abitudini di sempre. La speranza per quelli della mia generazione che suda per inventarsi un lavoro. 
Non fateci leggere che le casette arriveranno tra 10 mesi. Non diteci “i bandi non escono perché ci sono iter burocratici”. Queste sono terre in cui è urgente ricreare il tessuto produttivo: senza quello non si può vivere. Allevamento, Università, artigianato creativo, turismo culturale ed eno-gastronomico. Ecco cosa bisogna sostenere. Sostegno ai privati, accesso al micro-credito, tempistiche e burocrazia snelle. Collaborazione tra territori colpiti. Mutui e tassi di interessi ridotti all'osso. Agevolazioni fiscali per chi investirà ed assumerà. 
Non farà notizia se la nostra gente si rialzerà tra 10-15 anni. Molti vogliono mollare. Non tutti ce la faranno. Ma lasciateci almeno la speranza di poterlo fare. 
E una richiesta… a voi che leggete queste righe. Siate curiosi! Curiosi di scoprire questa terra, i suoi prodotti e le sue storie. Date speranza a questa gente che chiede di non essere abbandonata. 
Noi continueremo. In silenzio. Ma continueremo.  Anche se la terra trema ancora.
Dimenticavo. Lunedì le scuole a Roma sono aperte.
(Michele, un incurabile ottimista)
Essendo marchigiano puoi capire quanto questa situazione mi abbia preoccupato da subito, anche se Senigallia è tutto sommato lontana dalle zone colpite (ma il duomo pare avere dei problemi). Come ingegnere edile ho sentito l'esigenza di dare tutto il mio supporto possibile a quella gente in difficoltà, e grazie anche al fatto di essere abilitato alle verifiche di agibilità degli edifici per conto della Protezione Civile (gruppo IPE) ho potuto essere attivamente presente per aiutare con le mie competenze. 
Ho visitato più volte come volontario quelle aree, addirittura sono passato per Castelluccio e Visso pochi giorni prima della scossa del 30 ottobre (paradossale, il 30/10/1930 un forte terremoto quasi rase al suolo Senigallia) che poi le ha seriamente danneggiate, e mi pareva quasi un miracolo che a così poca distanza dalle distruzioni di Arquata si fossero avuti danni nulli e spavento. Invece dopo il 30...
Puoi immaginare la mia tristezza provata a rivedere quei posti fantastici trasformati in città fantasma e devastati, ma ancora di più a vedere quella gente con le loro difficoltà quotidiane. 
Hai sintetizzato molto bene la situazione, nonostante il sisma nelle Marche abbia colpito un'area più vasta e tutto sommato abbia coinvolto (anche marginalmente), una maggiore parte della popolazione si è sempre parlato maggiormente di altri posti. La mia gente si è rimboccata le maniche ed ha resistito, ma si sente il peso della burocrazia che blocca tutto. 
Le stalle, anche temporanee, promesse non sono arrivate, le case in legno per un temporaneo sollievo nemmeno (si parla di fine anno 2017!), i sindaci che volevano fare in proprio per accelerare le procedure ed aiutare i propri cittadini si sono ritrovati col rischio di vedere le nuove costruzioni demolite dalla Regione perché abusive nonostante tutto. 
È ancora un gran caos, e non sappiamo ancora come e quando se ne uscirà. 
È questo che sconfigge. 
E gli ultimi decreti, che pare non permettano di realizzare delle free tax area nelle "zone rosse " ma anzi prevedano la possibilità di accedere a finanziamenti per pagare le tasse (se ho capito) sono l'ultima goccia di un continuo stillicidio. Ora sono di nuovo per qualche mese in UK, ma non vedo l'ora di tornare e dare ancora una mano. 
E ancora...
E ancora...
E ancora........
(Daniele Sole, Senigallia)

Ottima analisi Marco. Ai numeri che hai degnamente elencato ne aggiungo uno particolarmente significativo. I comuni marchigiani che hanno subito i danni maggiori, quelli racchiusi nel cosiddetto cratere, sono 134 su un totale di circa 250. Localizzati per lo più nelle tre province meridionali, anche se la provincia di Ancona, nella parte collinare e montuosa è stata colpita e non poco (un nome su tutti Fabriano). Per comprendere la situazione complessa e carica di punti interrogativi che viviamo, anche se per quello che mi riguarda vivo vicino alla costa, pur spostandomi quotidianamente per motivi di lavoro all'interno della provincia di Ancona e in parte di quella di Macerata, basti pensare che ogni singolo movimento, vibrazione, rumore improvviso è fonte di allarme e di preoccupazione. Chiudo dicendo che sono poi molti i paesi e le città della fascia collinare (quella da te definita fascia 2) che, pur non facenti parte del cratere, hanno subito danni sia per quello che riguarda le abitazioni civili, sia per ciò che riguarda il tessuto economico e il patrimonio culturale. Un esempio, probabilmente non noto ai più, è la città di Ancona relativamente lontana dagli epicentri, ha ben 110 sfollati, numero poco significativo in se, ma molto rappresentativo del caos e del clima che si respira ovunque. Fortunatamente, non sentirete i marchigiani lamentarsi più di tanto, in quanto gente abituata a rimboccarsi le maniche e reagire alle avversità con le proprie forze, ma quello che chiediamo a tutti è di non abbandonare la nostra regione e continuare a venire in vacanza qua. Non ve ne pentirete.
(Alessandro Mariotti, Agugliano (AN), comune a c
irca 10 km dalla città e dal mare, nella fascia collinare subito prima della zona colpita, che ha avuto danni tutto sommato marginali, vicino a Jesi e alla Vallesina, la quale termina a Fabriano, che si trova a 50 km di distanza circa, confinando sia col maceratese che con l'Umbria).



sabato 11 febbraio 2017

Cinque o sei cose che ho capito sul sisma nell'Italia Centrale.

Nel corso degli ultimi anni collaborando con diverse realtà e istituzioni sono stato infinite volte nelle Marche che sono diventate un po' la mia seconda regione. L'ultima volta è stato giovedì 9 e venerdì 10 febbraio, a Fermo, per il lancio di Tipicità, un importante festival che si svolgerà all'inizio di marzo. In queste trasferte ho incontrato molte persone, alcune delle quali possono ormai essere considerate veri amici, altre le ho incontrate a Milano o sentite al telefono, anche nei giorni più difficili. Parlando con loro ho capito alcune cose che, da lontano, si fa molta fatica a inquadrare. Eccone una breve lista:

1) Il terremoto non fa notizia. Che poi è un eufemismo per dire che chi non è direttamente coinvolto dal sisma non vuole sentirne parlare più di tanto, salvo nei giorni che seguono immediatamente le scosse maggiori. La slavina di Rigopiano, ad esempio, ha catalizzato molta dell'attenzione dei media e dei loro lettori-ascoltatori-spettatori, ma poi, come dopo uno sforzo atletico prolungato, si è come percepito chiaramente il bisogno di staccare, di pensare ad altro. Peccato che la tragedia di Rigopiano, per quanto enorme, essendo limitata a un unico edificio, sia scarsamente rappresentativa del disastro generale che la sequenza di eventi sismici ha provocato. Ho messo questo punto per primo non perché sia il più importante (in fondo non è così importante quanto se ne parli, purché i problemi vengano risolti), ma per invitare tutti a una maggiore attenzione e, ad esempio, a proseguire nella lettura;

2) Questo terremoto è diverso dagli altri. Uno dei fattori che ha reso maggiormente penoso, per tutti, affrontare questo terremoto, è che non ci troviamo di fronte al classico esempio di una forte scossa seguita da una sequenza di repliche via via decrescenti, ma ad almeno quattro o cinque eventi maggiori a poche decine di chilometri l'uno dall'altro e a distanza di poche settimane l'uno dall'altro, che hanno colpito la zona proprio nei momenti in cui si produce classicamente il maggiore sforzo per affrontare la fase post emergenziale. Senza contare le decine di migliaia di altre scosse meno forti, alcune delle quali comunque spaventose, che stanno ancora provocando grande preoccupazione e continua insicurezza nella popolazione. È come se ogni volta in cui si cerca di timidamente di rialzare la testa, pur in una situazione molto difficile, una nuova mazzata ricacciasse giù, prendendosi gioco delle speranze di ripartenza. Senza dimenticare che molte di queste zone avevano già subito il terremoto del 1997 (esperienza che – almeno in parte, e in qualche zona – è servita ad avere qualche edificio in grado di sostenere meglio l'urto degli eventi del 2016-17;

3) Le scosse maggiori, una diversa dall'altra. Per quanto relativamente vicine (le distanze si misurano in decine di chilometri) le scosse hanno avuto epicentri in regioni diverse (siamo in un'area suddivisa tra Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria e hanno causato un numero diverso di vittime: la scossa di mercoledì 24 agosto con epicentro Accumoli (Lazio) ha causato la distruzione anche di Amatrice e Arquata del Tronto (Marche) e di altri comuni, con 299 vittime; quella di mercoledì 26 ottobre, (con epicentro nelle Marche) ha colpito molti comuni già fortemente provati dalla scossa precedente come Castelsantangelo sul Nera, per citarne solo uno) e ha provocato solo 1 vittima, indiretta. Paradossalmente è stata vista come una sorta di avvertimento, perché la scossa di domenica 30 ottobre, alle 7:30 di mattina, la più forte scossa in Italia di questo millennio (con epicentro in Umbria, ma con grandi conseguenze nelle Marche) ha causato “solo” 2 vittime indirette, trovando la popolazione di molti comuni già sfollata, infine la scossa di mercoledì 18 gennaio (epicentro in Abruzzo) che verrà ricordata soprattutto per la slavina di Rigopiano. In tutto questo dal 24 agosto ci sono state ben 72 scosse di magnitudo uguale o superiore al 4.0 tra le province di Perugia, Macerata. Ascoli Piceno, Rieti e L'Aquila (ma di fatto tutte in un breve raggio) e ancora stamattina, mentre sto scrivendo, in una giornata relativamente calma, in meno di sei ore si sono registrate altre sei scosse superiori al 2.0.

L'interno del Teatro dell'Aquila (Fermo)
4) La vita continua. Un'altra cosa che si fa fatica a capire da lontano è se in quelle regioni la vita continua, ma non è più lo stesso. Qui mi soffermo soprattutto sulla parte meridionale delle Marche che sono strutturate un po' come un pettine con valli parallele che vanno dall'Appennino al mare. Anche le strade seguono più o meno lo stesso andamento: le vie principali vanno dalla montagna al mare, e quasi nessuna è parallela all'autostrada Adriatica A14. Semplificando enormemente si può dire che risalendo dalla costa verso l'interno le dimensioni delle città diminuiscono, anche se le maggiori città storiche (Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Recanati) si trovano nella seconda fascia (quella a pochi chilometri dal mare). E poi vedremo che c'è un'eccezione nella quarta fascia, perché risalendo verso nord, troviamo città di notevole dimensione e importanza come Camerino (con la sua università), Matelica e poi Fabriano. Gli amici mi spiegano che questa morfologia "a pettine" del territorio ha provocato uno sviluppo policentrico, l'assenza di grandi città, ma un tessuto di piccole cittadine abituate a fare da sé, specializzandosi nelle manifatture (ogni zona produce qualcosa di diverso, ha un dialetto diverso ecc.). Il segno più tangibile di questa relativa autonomia è il fantastico tessuto di teatri storici delle Marche, oltre cento, perché ogni comune, per quanto piccolo, doveva avere il proprio, in quell'età dell'oro tra Settecento e Ottocento. E molti di questi teatri sono attivi ancora oggi.
Potremmo a grandi linee dire che le città sulla costa (chiamiamola fascia 1) come Civitanova Marche o San Benedetto del Tronto hanno subito ben pochi danni e stanno anzi offrendo ospitalità, negli alberghi, a molti sfollati. Il traffico è ulteriormente aumentato e la centralità, anche politica ed economica di queste città costiere, già in ascesa prima del sisma, si sta ulteriormente accentuando. Risalendo verso la montagna di una decina chilometri (fascia 2) incontriamo molte città storiche importanti come Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Recanati. Qui la situazione è più complessa: alcune case, non moltissime, sono inagibili e qualcuno ha dovuto lasciarle. Inoltre le scosse sono sempre molto percepite e si vive in una situazione di continua tensione. Certo da Roma o da Milano quando, ad esempio, si vede che le partite del campionato di Serie B vengono regolarmente disputate ad Ascoli si fa fatica a percepire questo aspetto. Molti dei miei amici che vivono in questa fascia hanno case che hanno subito danni, non tali da doverle abbandonare, ma in ogni caso preoccupanti. Molti condomini o singoli privati hanno chiesto perizie a degli ingegneri strutturalisti. Certo, privatamente, anche perché con una domanda totale di oltre 200.000 perizie (un'enormità anche persino al terremoto dell'Aquila del 2009) le istituzioni non riescono a coprirle tutte. I responsi sono spesso sibillini: “la casa è agibile, ma indubbiamente le scosse hanno ridotto la capacità di sostenere future scosse significative”. Come comportarsi in questi casi, considerando che quasi ogni giorno si sentono delle scosse? A Macerata una buona parte degli edifici del centro storico sono inagibili, comprese alcune chiese, il teatro, molte aule dell'Università, cuore pulsante della cittadina. Anche spostando la sede delle lezioni in edifici più moderni, si assiste a un notevolissimo calo delle frequenze (non ancora delle iscrizioni, per fortuna, ma che ne sarà del futuro?): gli studenti studiano da casa e si presentano solo per gli esami. Anche i poli museali che stavano vivendo un grande rilancio (Fermo, Macerata, Recanati ecc.) hanno visto un crollo delle presenze dopo il sisma, solo in parte giustificato. Anche se girando superficialmente in queste città non si percepiscono visivamente enormi danni (il traffico ad esempio sembra regolare) sono moltissime le attività ad avere subito fortissime conseguenze dal sisma. 
Risalendo ancora verso la montagna, (fascia 3) ma parliamo veramente di pochi chilometri (10-15) si incontrano cittadine importanti come Tolentino che hanno avuto danni tali da causare lo sfollamento di circa un terzo della popolazione e che subiscono conseguenze ancora maggiori sulle proprie attività economiche dallo spopolamento dei paesi ancora più all'interno in quanto servivano da punti di riferimento (scuole, negozi). Qui poste, farmacie, benzinai, negozi funzionano regolarmente, ma i danni e l'incertezza già descritti per Macerata sono ulteriormente aggravata. E il tessuto economico di piccole e medie aziende presenti in questa fascia ha subito danni alle strutture, resistendo con difficoltà. Risalendo di altri 10-15 chilometri ancora verso la montagna (fascia 4) troviamo piccole paesi che vivevano soprattutto di allevamento, pastorizia e turismo. Qui la situazione, pur con alcune differenze tra i vari luoghi il tessuto dei paesi è pressoché distrutto, eppure in alcune situazioni troviamo poche eroiche famiglie che hanno deciso di non sfollare, soprattutto quelle legate all'attività dell'allevamento, di cui proveremo a parlare più avanti. 
Risalendo la montagna da Civitanova (fascia 1), dopo Macerata (fascia 2) e Tolentino (fascia 3), siamo arrivati fino a un bivio dove prendendo verso sud si entra nel parco dei Sibillini fino ad arrivare a Castelsantangelo sul Nera (uno dei paesi più colpiti) mentre verso nord si arriva quasi subito a Camerino (e se si prosegue a Matelica e Fabriano): sono le prime strade di una certa dimensione che scorrono parallele e non perpendicolari all'Adriatica (ma circa 50 km verso l'interno). A Camerino la situazione è più grave nel centro storico (zona rossa) quasi completamente inagibile, mentre il grosso delle attività prosegue nella fascia attorno al centro storico, pur con tutte le difficoltà già descritte per Macerata, ma ulteriormente amplificate, comprese quelle relative all'Università. Qui nel momento di maggiore tensione si è creata anche un po' di competizione tra le Università per il reperimento dei fondi statali per la ricostruzione, ma l'altra sera a Fermo i due magnifici rettori erano in discreta armonia. Non mancano poi esempi virtuosi di accordi tra istituzioni un tempo in concorrenza come le scuole di lingua italiana per stranieri: di fronte all'emergenza la scuola di Recanati e quella di Camerino che ogni anno ricevono migliaia di studenti da tutto il mondo si sono consorziate. 

5. Gli sfollati. Circa un decimo della popolazione della provincia di Macerata ha lasciato la propria casa, girano diversi numeri ma è difficile fare una stima corretta in quanto ci sono tantissime storie diverse: da chi è stato alloggiato in un albergo sulla costa, da chi ha trovato domicilio a casa di amici o conoscenti, alcuni nella stessa città (ad esempio a Camerino o a Tolentino), altri in località differenti, c'è chi si è trasferito ancora più lontano. Una storia particolare, che rende molto l'idea della situazione, il sindaco di Castelsantangelo sul Nera si è trasferito a Fano (90 km di strada più a Nord, sulla costa), ma fa il pendolare ogni giorno con il suo paese, dove sono rimaste poche decine di famiglie prevalentemente nei camper, che non intendono andare via dal paese soprattutto perché lavorano nell'allevamento del bestiame. Ogni famiglia ha dovuto affrontare scelte difficili, anche se per molti la prima scelta è stata di mantenere il più possibile i legami con la propria località di provenienza così molto studenti delle superiori di Camerino, sfollati sulla costa, ogni giorno si fanno 70 km + 70 km in bus per raggiungere il loro liceo o istituto superiore (che nel frattempo però è stato spostato in strutture meno accoglienti degli edifici del centro (ma più sicure) pur di non perdere i legami con la propria città. (Una situazione simile a questa è quella dei molti lavoratori che continuano a operare in molte aziende dell'interno, colpite dal sisma, ma ancora operative. Lavoratori che ormai abitano sulla costa e che ogni giorno viaggiano per raggiungere il luogo di lavoro, che fino a prima del sisma avevano a pochi chilometri). Se in città di dimensioni come quella di Camerino, pur con mille difficoltà, si può immaginare un futuro, ma in molte piccole località che erano già in via di spopolamento da anni, il futuro è molto incerto. Quanti tra gli sfollati, anche se fossero disponibili case antisismiche domattina (il che è utopistico) vorrebbero tornare certamente a Visso, Ussita. Castelsantangelo o non immaginano, ormai, il proprio futuro a Civitanova o a Bologna o a Pescara, a Milano a Roma, a Berlino? 

6. I ritardi. In generale ho percepito grande insoddisfazione per come è stata gestita l'emergenza. Tenendo conto che l'atteggiamento principale della popolazione è stato – finché è stato possibile – di lamentarsi poco e di arrangiarsi quanto più per conto proprio, si è assistito a situazioni paradosali: la prima è certamente quella relativa alle stalle per gli animali che, come abbiamo visto, sono una delle sole attività, assieme al turismo, che teneva in piedi l'economia dei paesi della montagna. Gli appalti della regione per la costruzione di stalle d'emergenza sono andati per le lunghissime: molti animali sono morti di freddo e anche se arriveranno dei rimborsi (qualche decina di euro per ogni capo ovino e qualche centinaio per i bovini) quante piccoli imprenditori del settore avranno ancora voglia di riprendere. 

Qui per ora la chiudo. Ci sono moltissime storie da raccontare, ma quello che non è chiaro a molti italiani è quanto profondamente sia cambiata la vita di molti connazionali, anche di quelli non impattati in modo tragico dal sisma. L'attenzione nei loro confronti è molto discontinua anche per le dimensioni dei comuni colpiti e per la scarsa centralità di quelle aree nella narrazione del paese.
Ho tralasciato molti aspetti, come la ricchezza e la specializzazione economica di molti di questi splendidi borghi dell'Italia: nell'ambito del distretto calzaturiero (fortunatamente meno colpito in quanto localizzato più vicino alla costa), già profondamente colpito dalla crisi, si arriva addirittura alla raffinatezza di avere paesi specializzati nelle calzature per bambini. Ci sono paesi come Montappone (penso sia rimasto abbastanza preservato dal sisma) specializzato nei cappelli, così come Castelfidardo nella produzione di strumenti musicali (in particolare fisarmoniche) e potrei andare avanti per ore. Spostandoci verso l'Umbria – ma siamo sempre lì, ancora più vicino al sisma, c'è Castelluccio di Norcia coi suoi splendidi scenari e le sue lenticchie. Che ne sarà?

Adesso Marche e Umbria hanno lanciato campagne per evitare l'emorragia di presenze turistiche che rischiano di colpire anche zone meno toccate dal sisma solo perché i nomi “Marche” e “Umbria” vengono automaticamente legati al terremoto. Fatte salve alcune aree limitate, infatti, le regioni sono perfettamente agibili per il turismo, anzi sarebbe opportuno non abbandonarle e non abbandonarsi al timore. Problema nel problema sono gli alberghi sulla costa occupati dagli sfollati: la consegna delle case pare slittare a fine 2017. Gli albergatori ora sono risarciti e – paradossalmente – hanno un minimo di guadagno in questa fase (pur dovendo mantenere personale che in altri anni a febbraio sarebbe stato ridotto), ma che succederà a luglio e ad agosto? I rimborsi, eventuali, non potranno compensare le disdette. Insomma è tutto un gran groviglio.

Da qui in poi però vorrei lasciare la parola direttamente ad alcuni amici della zona, che conoscono molto meglio di me la situazione e potranno correggere ed approfondire. Le loro testimonianze si trovano qui. Quel poco che sapevo l'ho già condiviso. 

mercoledì 8 febbraio 2017

Torna il Golden Marco Music Award

Amici, dopo due anni di attesa torna il Golden Marco Music Award: 128 artisti o gruppi in gara per stabilire il migliore musicista pop-rock di sempre.

Il tabellone è sempre lo stesso, ma cambia il metodo di voto: non più sul blog o su siti esterni, ma su twitter, il che ci permette una conta più puntuale dei voti (salvo casi di utenze multiple).


Il tabellone completo si trova qui: se manca qualcuno dei vostri favoriti (ma su 128 nomi deve trattarsi di qualcuno abbastanza di nicchia) sappiate che gli artisti in gara sono stati scelti da me e dai miei amici su Facebook, quindi è colpa nostra. Tra l'altro, come vedete, siamo molto sparpagliati sui social: discussione su Facebook, voti su Twitter, racconto sul blog e tabellone su Challonge.

Il primo match è tra i Radiohead (incluso Thom Yorke) e Hall & Oates.
Chi vincerà?


martedì 7 febbraio 2017

Saranno Sanremo


Spiace sempre auto-incensarsi (anche perché dovrebbero pensarci gli altri a farmi la ola), ma stavolta ho le mie buone ragioni. L'anno scorso alla vigilia del Festival di Sanremo, in un articolo di questo blog, avevo analizzato i testi delle canzoni vincitrici, scoprendo che ben 48 delle 65 canzoni vincitrici delle passate edizioni del Festival (pari al 73.85%)  contenevano nel testo almeno un verbo al futuro indicativo (5 volte addirittura nel titolo). Su questa base avevo pronosticato la vittoria al LXVI Festival di una delle canzoni che contenevano il futuro nel testo: "Il vincitore sarà con ogni probabilità uno di questi ultimi (Stadio, Annalisa, Rocco Hunt, Clementino, Dear Jack, Elio e le Storie Tese)". Il fatto che gli Stadio (che non partivano favoriti) fossero citati al primo posto non era casuale: infatti la band bolognese era l'unica a proporre il futuro anche nel titolo: Un giorno mi dirai.

Guarda caso, gli Stadio vinsero, confermando le mie previsioni e innalzando ancora di più la media-futuro nei testi vincitori a un incredibile 74,24%. 

Segnalerei anche - incidentalmente - che mentre il futuro sembra in declino nel linguaggio quotidiano ("sabato vado a Varazze" invece di "sabato andrò a Varazze") questo tempo indicativo è sempre in auge presso i parolieri, anche perché permette loro l'utilizzo di molte parole tronche (andrò, farò, sarà...). 

Il post in cui raccontavo tutto questo si intitolava Sarà Sanremo, sia per l'assonanza con sarà-saremo, sia - soprattutto - per il fatto che tra tutti i verbi al futuro, è la terza persona singolare del verbo essere (sarà) la forma più presente nei testi e nei titoli delle canzoni vincitrici, con una fantastica doppietta in due anni consecutivi: Sarà quel che sarà, 1983 e Ci sarà, 1984.

Curiosamente, inoltre, il titolo del mio post "Sarà Sanremo" è stato anche - mesi dopo - utilizzato per la serata evento di lancio del prossimo Festival su Rai1, il 12 dicembre 2016.

Veniamo a quest'anno e scorriamo i testi su Sorrisi e Canzoni e scopriamo che i parolieri hanno mangiato la foglia: le prime tre canzoni (in ordine alfabetico di interprete) hanno tutte il futuro! Insomma: vogliono tutti vincere. Al Bano: "E brucerà questo mio fuoco che nessuno spegnerà"; Bianca Atzei: "Sarò stupida e testarda" (uso concessivo del futuro); Alessio Bernabei: "Aspetterò che tu ti senta un po' più al sicuro". Per trovare una canzone senza futuro (nel doppio senso implicito) bisogna arrivare alla quarta canzone, quella di Michele Bravi: Il diario degli errori. E il primo errore è quello di aver scelto un testo tutto rivolto al passato. Ma dopo la pausa del pur bravissimo Bravi, si riparte col futuro. Bene Chiara: "Soffrirò nei primi giorni" e benissimo Clementino che il futuro se lo gioca già nel primo verso: "Resto fino a quando sorriderai", Chiara al terzo: "Soffrirò nei primi giorni / ma so che mi ci abituerò", così come Lodovica Comello: "Ci nasconderemo al buio per non farci prendere". Un'altra canzone senza futuro e rivolta tutta al passato è quella di Gigi D'Alessio: no future for you. Ma anche qui il futuro riprende già con Elodie "E poi passeremo la notte dicendo / Amore amore amore andiamo via". Giusy Ferreri ci fa temere a lungo per le sue sorti, ma nel finale piazza il futuro, proprio con la parola magica "sarà": "Vorrei sentirti dire / che a tutti ci sarà una soluzione". Testo immaginifico, ma senza un vero futuro indicativo per Francesco Gabbani, ahi! Così come Marco Masini, che immagina lo spostamento del tempo in avanti "di un secondo", ma poi non mi usa il futuro. Benissimo Fiorella Mannoia, un'altra astutissima artista che piazza il futuro proprio in apertura: "Ho sbagliato tante volte nella vita / Chissà quante volte ancora sbaglierò". Avrai sbagliato, Fiorella, ma non hai fatto l'errore di Michele Bravi! Sembra sbagliare anche Ermal Meta, con molto passato nei primi versi, ma poi il colpo d'ala: "Cambia le tue stelle, se ci provi riuscirai".  Ottimo Fabrizio Moro, anche per lui un futuro nell'incipit: "Tu portami via / Dalle ostilità dei giorni che verranno". Giocano a nascondino col futuro Raige e Giulia Luzi: chiaramente la canzone è proiettata nell'immediato futuro "Togliamoci la voglia stanotte", ma sembra mancare l'indicativo futuro, almeno fino a pochi versi dalla fine: "E se non ci pensi sarà più forte". Bingo! Con Nesli e Alice Paba invece torniamo (benissimo!) al futuro in apertura: "Do retta al tuo cuore, ti lascerò andare", e anche l'esperto Ron segue questa strada: "La mia vita è una candela / Brucerà lasciando cera". Passo falso per Sergio Sylvestre: quel "Così vai via" iniziale, oltre ad essere una chiara citazione di Baglioni, lascia presagire un gesto da compiere nell'immediato futuro, ma nel suo testo l'indicativo futuro non esce mai. Il colpo da maestro lo piazza Samuel: Vedrai (finalmente un futuro nel titolo! Con un chiaro omaggio a Luigi Tenco a Sanremo, 50 anni dopo). Molto futuro anche per Paola Turci: "Apri le braccia / Ti rivedrai dentro una foto / Perdonerai il tempo passato / E finalmente ammetterai / Che sei più bella". Grandissimo rispetto per il futuro per tutti, ma chiudiamo con una nota triste: manca il gol da pochi passi Michele Zarrillo: il futuro era lì a un dipresso "Domani, noi domani..., ma stanotte tu rimani" si tratta di un imperativo con chiaro riferimento al futuro, ma niente futuro indicativo. 

Riepilogando: quest'anno quasi tutti gli interpreti si sono saggiamente attrezzati con almeno un futuro nel testo, tranne gli improvvidi Bravi, D'Alessio, Gabbani, Masini, Sylvestre e Zarrillo che pagheranno tanta malaccortezza. I miei favoriti, stando così le cose, sono Samuel (unico col futuro nel titolo) e Fiorella Mannoia (sarà l'anno della celebrazione e non si è dimenticata del futuro).