martedì 23 febbraio 2016

Articoli indeterminati


Da tempo penso che la maggior parte degli articoli pubblicati dai nostri quotidiani e settimanali possa essere scritta meglio. Mi riferisco in particolare, ma non solo, ai pezzi che trattano scandali politici, casi di corruzione, con complesse ricostruzioni delle indagini, intercettazioni telefoniche, interrogatori e indiscrezioni che si susseguono.

Finalmente ho trovato un esempio abbastanza chiaro per spiegare a cosa mi riferisco. Mi spiace che l'esempio venga dall'Espresso, settimanale di cui sono affezionato lettore (e a più riprese abbonato) dai tempi del liceo e mi spiace ancora di più che si tratti proprio di un pezzo così importante come quello relativo alle intercettazioni effettuate dall'intelligence americana nei confronti del governo Berlusconi nel 2010-11: insomma un pezzo che certamente, sperabilmente, indirizzerà il dibattito politico nei prossimi giorni. (Qui)

L'errore di base di questi articoli è spesso quello di volere dapprima incuriosire il lettore, senza spiegargli tutto subito. Per ottenere questo effetto spesso, come in questo caso, si parte subito con una citazione ad effetto (che si suppone possa colpire l'attenzione del lettore inchiodandolo alla pagina), mentre poi la spiegazione degli eventi - molto più importante - viene disseminata lungo tutto l'arco dell'articolo, con alcune informazioni-chiave che prendono forma man mano, talvolta nelle ultime righe. Forse gli autori non si rendono conto che l'attenzione dei lettori è sempre più labile e forse, invece di affascinarli coi virgolettati, giocando al gatto col topo, converrebbe fornire subito l'informazione rilevante che permetterebbe loro di capire al volo di cosa si sta parlando, anche per evitare di accelerare la migrazione in massa dei lettori verso altri media che richiedono livelli di attenzione più bassi.

In questo caso il cuore della notizia è semplice e terribile: Wikileaks ha svelato la trascrizione di due intercettazioni: una telefonata tra l'allora premier Berlusconi e Netanyahu (marzo 2010) e una telefonata di Valentino Valentini (ottobre 2011) collaboratore di Berlusconi (sull'incontro di quest'ultimo con Sarkozy e Merkel).

Se le cose stanno così, la pur brava Stefania Maurizi (ma fanno quasi tutti come lei) per facilitarci la vita avrebbe potuto iniziare il pezzo in questo modo: Nei nuovi documenti sul nostro Paese rivelati da WikiLeaks sono presenti due intercettazioni Nsa trascritte, rispettivamente quella di Berlusconi e quella di Valentini. E invece questa soluzione le sarà parsa banale e svilente, tanto che questo passo, che pure è presente nel suo pezzo, compare dopo 1303 parole delle 1726 totali che compongono il suo articolo: insomma a tre quarti, quando ormai l'informazione è quasi del tutto pleonastica perché, sia pure a fatica (una fatica peraltro evitabilissima se lei ci fosse venuta incontro) ci siamo arrivati anche noi.

Invece di attaccare in quel modo sensato Maurizi ha preferito iniziare con un virgolettato, tratto da quella che all'inizio definisce "intercettazione" (di fatto, come lei stessa spiega alla fine, si tratta della trascrizione di una intercettazione, altrimenti non si capisce perché Valentini dovrebbe parlare di sé in terza persona), un'intercettazione che non è né la più importante (nell'altra si abbiamo addirittura Berlusconi) e nemmeno la prima in ordine di tempo.

Peccato, ripeto, perché la notizia che gli americani non solo hanno raccolto illegalmente un sacco di informazioni sulle telefonate degli italiani (già svelato nel precedente lancio di Wikileaks del 2013) ma che intercettassero persino il nostro Presidente del Consiglio, meriterebbe un altro livello di chiarezza espositiva.


sabato 20 febbraio 2016

Ecco, Eco


Poche persone hanno influenzato la mia visione del mondo quanto Umberto Eco. E quindi mi spiace infinitamente sapere che non c'è più.
Invidio chi non ha ancora letto Diario Minimo, un capolavoro dell'umorismo colto dove oltre ai celebratissimi Elogio di Franti e Fenomenologia di Mike Bongiorno si trova Il paradosso di Porta Ludovica (Saggio di fenomenologia topologica) compreso nel capitolo Industria e repressione sessuale in una società padana in cui un fantomatico professor Moa, antropologo delle Isole Marchesi, analizzando la topologia milanese, concludeva così:
Questo porta a supporre che Porta Ludovica non esista per chi triangola nello spazio milanese partendo da Piazza Napoli.
Siamo nel gennaio 1963, mese che quindi ci ha regalato due capolavori: Diario Minimo e José Mourinho. Altri passaggi splendidi sono la recensione della banconota da 50.000 lire (in Tre recensioni anomale) a cui mi ispirai nelle primissime apparizioni a Radio Popolare nel 1986 (recensii l'orario ferroviario Grippaudo, la risma di fogli bianchi, la cassetta C90 vergine e la messa come pièce teatrale). Già nello stesso Diario Minimo troviamo, ad esempio, esperimenti umoristici di stampo oulipiano, come l'algoritmo per costruire 15751 film di Antonioni (quante volte avete visto siti di generazione automatica di testi "alla maniera di"? Ecco, Eco lo faceva oltre cinquant'anni fa). Vorrei smettere di citare, ma Dolenti declinare, lettere di rifiuto delle case editrici a grandi capolavori della letteratura di tutti i tempi merita assolutamente l'applauso a scena aperta.
Tra i suoi interventi sull'Espresso (per decenni ho gustato le sue bustine e quanto è seguito) ne ricordo due folgoranti, L'industria del genio italico sui cosiddetti "scrittori della quarta dimensione" che pubblicano a pagamento presso case editrici dagli scarsi scrupoli, e, diversi anni dopo, La patente, sulle peripezie burocratiche che gli erano derivate dallo smarrimento di quel misero
libretto di due o tre pagine, con foto, in carta scadente.
Credo che entrino entrambi, ma specialmente il primo, tra i cinque testi che mi hanno fatto più ridere nella vita.

Il nome della rosa mi devastò: riuscii a finirlo solo al terzo tentativo perché ogni volta mi mettevo ad approfondire alcuni aspetti della cultura medievale, perdendo il filo della trama. 
E Lector in fabula, saggio tosto, ma per me illuminante nel mettere in luce i processi attivi del lettore nell'affrontare un testo letterario, visto come "macchina pigra". E poi Sei passeggiate nei boschi narrativi...
E, ovviamente, il Secondo diario minimo e il testo in cui smonta il falso del Protocollo dei sette savi di Sion (non ricordo in quale raccolta).
Non ho letto invece gli ultimi romanzi (mi sono fermato ai primi due: avrò qualcosa da fare quest'estate...) ma già così c'è stata abbastanza carne al fuoco per ringraziarlo di brutto. Conoscendolo un po' (sia pure indirettamente) forse sarebbe rimasto affascinato nel sapere che la sua vita sarebbe durata 30726 giorni.

Quasi dimenticavo, sua è anche una delle battute più belle di tutti i tempi. A chi lo stuzzicava, avanzando l'idea che l'analisi semiologica troppo spinta facesse perdere il gusto della lettura, rispondeva "Anche i ginecologi si innamorano". Solo 32 caratteri, spazi inclusi, di puro genio umoristico.

lunedì 15 febbraio 2016

Il rigore "manovrato" e le sue ricadute fantacalcistiche


Nel Fantacalcio classico, un rigore procura a chi ha in squadra il tiratore un accredito di +3 punti in caso di rigore realizzato (come se fosse un normale goal) e di -3 punti in caso di rigore fallito (ed eventualmente +3 a chi ha in squadra il portiere in caso di rigore parato). 

Recentemente però nel corso di Barcellona-Celta Vigo è capitato un caso di "rigore manovrato": Messi ha toccato la palla per Suarez che è arrivato e ha segnato. Pare che fosse un omaggio a Johann Cruijff che in passato aveva già realizzato una prodezza del genere.

Alcuni si sono posti il problema di come gestire fantacalcisticamente casi di questo tipo. In particolare la Gazzetta dello Sport (con la sua Magic Cup: qui) e Fantagazzetta.com (qui) hanno proposto alcune integrazioni al regolamento: nel caso di specie, fatti salvi i canonici +3 punti a Suarez (che ha messo la palla in rete) viene proposto di NON penalizzare Messi con il -3 del rigore fallito, ma, anzi, di premiarlo con il bonus previsto per l'assist ("da fermo").

La norma proposta, ancorché ispirata dal buon senso, mi trova in totale disaccordo per una serie di complicazioni che comporta. Inoltre l'interpretazione offerta evita di affrontare la necessaria ridefinizione del concetto di "rigore fallito" o "rigore sbagliato" che episodi come questo dovrebbero indurre a mettere a punto.

Vediamo prima di tutto le potenziali complicazioni indotte dall'adozione di questa nuova norma.
- In questo caso Messi ha volontariamente coinvolto Suarez nell'azione (era uno schema preparato), ma teoricamente Suarez sarebbe potuto intervenire anche dopo un tocco non volontario di Messi (es. un tocco maldestro o anche solo parzialmente maldestro di Messi). Come ci regoleremmo in questi casi dove la volontarietà è dubbia?
Facciamo alcuni esempi: 
1) Messi sbuccia la palla che poi viene messa dentro da Suarez. Immagino che Gazzetta e Fantagazzetta in questo caso proporrebbero di penalizzare Messi in quanto il tocco non è volontario. Ma chi può stabilirlo con certezza?
2) Altro caso: Messi (come da schema) cerca volontariamente di servire Suarez, il quale per qualsiasi motivo non riesce ad arrivare sul pallone (ad esempio perché è contrastato da un avversario o perché scivola eccetera). Però arriva il loro compagno Iniesta, a cui Messi NON intendeva passare il pallone, e lo mette dentro. Come ci regoliamo?
3) Oppure: Messi tira, la palla si ferma nel fango, arriva Suarez e la mette dentro. Come ci regoliamo? 
4) Messi e Suarez per dare spettacolo, decidono (magari sul 7-0 di una partita) di provare uno schema in cui Messi calcia volontariamente sul palo o sulla traversa e Suarez tenta di ribadire in rete.
Come vedete ci sono una serie di casi in cui il giudice del Fantacalcio dovrebbe mettersi a valutare quanto sia volontaria la giocata di Messi. Immagino che gli amici di Fantagazzetta darebbero il -3 a Messi nei casi 1) e 3), ma sarebbero in grossa difficoltà nel caso 2) e soprattutto nel caso 4) laddove Messi e Suarez dovessero dichiarare dopo la partita (o addirittura prima!) di volere provare quello schema da veri fuoriclasse della palla contro il palo (ricordo che un palo "non volontario" di Messi seguito da un gol di Suarez, comporterebbe un normale -3 per Messi).
Molto meglio avere una regola univoca: se Messi tocca la palla dal rigore e questa non va in rete questo è un rigore fallito.

La seconda obiezione è relativa al tempo e agli episodi che intercorrono tra il tocco del dischetto e il gol. Il -3 a Messi verrebbe risparmiato da Fantagazzetta in caso di "buon esito della realizzazione". 
Ma entro quando? Poniamo che Suarez, una volta ricevuta palla,  fosse stato costretto ad allargarsi e, di fatto a iniziare una nuova azione prima di segnare, come ci saremmo dovuti regolare?
Ecco alcuni casi:
1) Suarez riceve palla, ma per un motivo o per l'altro, non riesce a tirare subito verso la porta: si allarga verso la bandierina e poi, senza che nessun altro tocchi la palla, da quella posizione impossibile segna, magari 20 secondi dopo il rigore. Messi si prenderebbe il -3 o no?
2) Poniamo invece che Suarez debba anche scartare degli avversari, prima di metterla dentro. Per Messi è -3 o no?
3) Poniamo ancora che l'azione prosegua per svariati minuti, pur rimanendo la palla sempre tra i piedi di Suarez, prima di finire in rete. Per Messi -3 o no?
4) E se poi l'ultimo tocco prima di finire in rete, invece che di Suarez che ha tenuto palla per tutto il tempo fosse di Rakitic?
5) E se l'ultimo tocco fosse ancora di Messi? Cioè lo schema teorico prevedeva: tocco di Messi per Suarez che tira, ma Suarez è contrastato non riesce a tirare, eppure crossa per Messi che la mette dentro di testa. Lo schema, in quanto tale, è fallito, e questa situazione assomiglia molto di più a quella di Messi che mette in porta dopo la respinta del portiere. Glielo diamo il -3?
6) Oppure (molto simile al precedente): Messi per Suarez che si allarga, crossa, il portiere schiaffeggia la palla che finisce sulla testa di Messi che la mette dentro. Questa, se vogliamo, è ancora peggio del classico rigore fallito e poi ribadito in rete. Qui glielo diamo il -3, vero?
7) E se oltre i giocatori del Barcellona la toccano anche dei difensori del Celta? Ricordiamo che se la palla non esce e non viene commesso fallo, teoricamente un'azione può durare anche 45' minuti. E che si fa? Non si dà il -3 a Messi per un gol segnato 45 minuti dopo?
Insomma i fautori di questa regola devono anche spiegarci per quanto tempo Messi è "protetto" dall'eventuale -3 in caso di gol alla fine realizzato dal Barcellona e anche quali episodi (tocco di palla di un terzo giocatore del Barcellona? Tocco di palla di un avversario? Palla messa fuori?) possano interrompere la protezione.

La verità è che alla luce di questo episodio non ha più molto senso parlare di rigore fallito o realizzato. Considerato il fatto che teoricamente dopo il tocco dal dischetto il pallone può essere toccato da chiunque (della stessa squadra e/o della squadra avversaria) occorre stabilire nel dettaglio in quali casi si vuole considerare "protetto" Messi dal -3. 

Oppure, come propongo io, si continua a penalizzare Messi con un -3, come si è sempre fatto, IN OGNI CASO se la palla non finisce in rete direttamente dopo il suo tocco (o eventualmente quello del portiere o di qualsiasi altro avversario, es. un difensore velocissimo che riesce a entrare in area dopo il tocco e cercare frapporsi tra un eventuale palla lenta di Messi e la riga). 

Nulla osta a dargli l'assist da fermo se le circostanze lo consentono, ma il -3 se lo deve prendere. Anche perché, diciamolo, battere i rigori così non è una genialata, anzi può essere considerato irrispettoso per l'avversario, come ha dichiarato l'ex-portiere, ora commentatore, Marchegiani alla Gazzetta, ma soprattutto è una pirlata che va punita: sono pronto a scommettere che la percentuale di realizzazione di questi rigori è inferiore a quella oscillante tra il 70-75% dei rigori normali.

Oppure: ancora più radicale, si fa come il Fantacalcio Spagnolo, citato dalla Gazzetta, e si rimuove del tutto la regola dei rigori sbagliati o no. E si premiano i gol su rigore come ogni altro gol.


Grazie a Danilo Liberace per la segnalazione

giovedì 11 febbraio 2016

Sarà Sanremo

Oggi a Caterpillar AM (Radio2) ho presentato un importante studio con cui punto direttamente al Premio Ig Nobel. Ben 48 delle 65 canzoni vincitrici delle passate edizioni del Festival della Canzone Italiana di Sanremo (pari al 73.85%) contengono almeno un verbo al futuro indicativo (5 volte addirittura nel titolo). Particolarmente alta è l'incidenza della parola "sarà" presente in ben 9 testi e in 2 titoli (Sarà quel che sarà e Ci sarà). E in generale il verbo essere al futuro indicativo nelle varie persone è presente in 19 testi su 65 (29%). E considerando le ultime 23 edizioni, solo in 3 casi ha vinto il Festival ha vinto una canzone priva di futuro. E quest'anno?  Difficilmente vinceranno Noemi, Enrico Ruggeri, Fornaciari, Zero Assoluto, Patty Pravo, Valerio Scanu, Bluvertigo e Francesca Michielin che non hanno verbi al futuro nel testo. Maggiori probabilità per Giovanni Caccamo e Deborah Iurato, Alessio Bernabei, Arisa, Lorenzo Fragola, Neffa, Dolcenera che hanno utilizzato il futuro. Molto bene gli Stadio che hanno messo il futuro addirittura nel titolo "Un giorno mi dirai". Ottima anche la scelta di Annalisa, Rocco Hunt e Clementino che oltre a utilizzare il futuro indicativo, hanno inserito la parola "futuro". Perfetti Dear Jack e Elio e le Storie Tese, che hanno utilizzato la parola talismano "sarà" (Elio con l'uso concessivo del futuro: "sarà pure brutta però a me mi piace"). Il vincitore sarà con ogni probabilità uno di questi ultimi (Stadio, Annalisa, Rocco Hunt, Clementino, Dear Jack, Elio e le Storie Tese). Ma qual è la ragione di questa prevalenza dell'utilizzo del futuro? Partiamo dalla considerazione che nell'italiano parlato il futuro ha perso gran parte della propria forza, tanto che - come notava, lamentandosene, Leonardo Sciascia, con riferimento al siciliano - spesso si utilizza il tempo presente anche per indicare un'azione futura: "domani vado a Torino", "a settembre mi iscrivo a un corso d'inglese". E in effetti la presenza dell'avverbio di tempo rende assolutamente equivalenti "domani io vado" e "domani io andrò" (pur essendo la seconda più corretta). Ma se nella lingua parlata il futuro perde spazio, nelle canzoni, e soprattutto nelle canzoni di Sanremo, il futuro trova una propria ragion d'essere. Sicuramente il primo motivo va ricercato nell'atavica fame di parole tronche dei parolieri italiani. Il futuro ne offre a piene mani: andrò, farai, sarà... Il vocabolario italiano con la sua prevalenza di parole piane e sdrucciole e una scarsa presenza di parole tronche e monosillabiche mal si presta ai ritmi moderni. Il futuro costituisce un ottimo soccorso metrico. (C'è sempre il trucco della "doppia accentazione" delle parole sdrucciole, ma ne parliamo un'altra volta). Ma forse c'è di più: il futuro offre una profondità di prospettiva temporale alla narrazione canora. Se diventa pleonastico in presenza di un avverbio di tempo, resta indispensabile laddove l'azione si colloca in un futuro indefinito.(Se "domani io vado" equivale quasi a "domani io andrò". "io vado" non basta a significare "io andrò). Quindi, per assurdo, il futuro è tanto più necessario, quanto più il momento futuro è indeterminato nel tempo. E l'indeterminato - Leopardi docet - è direttamente poetico. O poetico quanto basta a vincere un Sanremo.