sabato 20 febbraio 2016

Ecco, Eco


Poche persone hanno influenzato la mia visione del mondo quanto Umberto Eco. E quindi mi spiace infinitamente sapere che non c'è più.
Invidio chi non ha ancora letto Diario Minimo, un capolavoro dell'umorismo colto dove oltre ai celebratissimi Elogio di Franti e Fenomenologia di Mike Bongiorno si trova Il paradosso di Porta Ludovica (Saggio di fenomenologia topologica) compreso nel capitolo Industria e repressione sessuale in una società padana in cui un fantomatico professor Moa, antropologo delle Isole Marchesi, analizzando la topologia milanese, concludeva così:
Questo porta a supporre che Porta Ludovica non esista per chi triangola nello spazio milanese partendo da Piazza Napoli.
Siamo nel gennaio 1963, mese che quindi ci ha regalato due capolavori: Diario Minimo e José Mourinho. Altri passaggi splendidi sono la recensione della banconota da 50.000 lire (in Tre recensioni anomale) a cui mi ispirai nelle primissime apparizioni a Radio Popolare nel 1986 (recensii l'orario ferroviario Grippaudo, la risma di fogli bianchi, la cassetta C90 vergine e la messa come pièce teatrale). Già nello stesso Diario Minimo troviamo, ad esempio, esperimenti umoristici di stampo oulipiano, come l'algoritmo per costruire 15751 film di Antonioni (quante volte avete visto siti di generazione automatica di testi "alla maniera di"? Ecco, Eco lo faceva oltre cinquant'anni fa). Vorrei smettere di citare, ma Dolenti declinare, lettere di rifiuto delle case editrici a grandi capolavori della letteratura di tutti i tempi merita assolutamente l'applauso a scena aperta.
Tra i suoi interventi sull'Espresso (per decenni ho gustato le sue bustine e quanto è seguito) ne ricordo due folgoranti, L'industria del genio italico sui cosiddetti "scrittori della quarta dimensione" che pubblicano a pagamento presso case editrici dagli scarsi scrupoli, e, diversi anni dopo, La patente, sulle peripezie burocratiche che gli erano derivate dallo smarrimento di quel misero
libretto di due o tre pagine, con foto, in carta scadente.
Credo che entrino entrambi, ma specialmente il primo, tra i cinque testi che mi hanno fatto più ridere nella vita.

Il nome della rosa mi devastò: riuscii a finirlo solo al terzo tentativo perché ogni volta mi mettevo ad approfondire alcuni aspetti della cultura medievale, perdendo il filo della trama. 
E Lector in fabula, saggio tosto, ma per me illuminante nel mettere in luce i processi attivi del lettore nell'affrontare un testo letterario, visto come "macchina pigra". E poi Sei passeggiate nei boschi narrativi...
E, ovviamente, il Secondo diario minimo e il testo in cui smonta il falso del Protocollo dei sette savi di Sion (non ricordo in quale raccolta).
Non ho letto invece gli ultimi romanzi (mi sono fermato ai primi due: avrò qualcosa da fare quest'estate...) ma già così c'è stata abbastanza carne al fuoco per ringraziarlo di brutto. Conoscendolo un po' (sia pure indirettamente) forse sarebbe rimasto affascinato nel sapere che la sua vita sarebbe durata 30726 giorni.

Quasi dimenticavo, sua è anche una delle battute più belle di tutti i tempi. A chi lo stuzzicava, avanzando l'idea che l'analisi semiologica troppo spinta facesse perdere il gusto della lettura, rispondeva "Anche i ginecologi si innamorano". Solo 32 caratteri, spazi inclusi, di puro genio umoristico.

1 commento:

Matteo ha detto...

Leggo solo ora questo articolo salvato tempo fa. Chi scrive è proprio uno di coloro che tu invidi, ovvero chi non ha ancora letto il diario minimo. Conoscendo però alcune delle cose citate, mi hai stuzzicato al punto giusto. Da estimatore della scrittura di Ardemagni, poi, non posso certo farmi mancare i libri qui suggeriti!