lunedì 20 ottobre 2014

Confessioni di un disertore

Lo ammetto, per anni sono stato un discreto provocatore in ambito calcistico. Prima la radio, e in seguito i social network, mi hanno dato la possibilità di esercitarmi su scala più ampia nella raffinatissima arte dello sfottò (sia fatto che subìto): una pratica appresa fin dai tempi della scuola elementare. Non soltanto quando la mia squadra, l'Inter, vinceva, ma anche, e soprattutto, quando quelle degli altri perdevano contro avversari terzi, non mancava mai la mia punturina di spillo.

Va detto che, a differenza di alcuni miei amici, anche negli anni in cui l'Inter vinceva tutto, ho ridotto esponenzialmente i messaggi di sfottò a singole persone. E anche più tardi, ad esempio, quando la Juve perdeva contro il Galatasaray, mi limitavo a cambiare la foto del mio profilo Facebook con quella di Sneijder, (l'interista di un tempo, ma ancora idolo assoluto), che aveva infranto per l'ennesima volta il sogno europeo dei bianconeri, senza andare a sfruculiare gli altri sulla propria pagina.

Non ho mai dato, come ho visto fare, degli sfigati o dei poveretti ai tifosi di squadre che non hanno mai vinto nulla e, credo, nemmeno direttamente dei "ladri" ai tifosi juventini (anche se mi davano fastidio quelli di loro che, pur ammettendo le malefatte moggiane, le giustificavano; piuttosto preferivo quelli che, come Travaglio, se ne vergognavano, oppure persino quelli che, per affetto cieco da genitore innamorato della propria creatura, le negavano persino a se stessi; ma quelli che le ammettevano e le giustificavano o, addirittura se ne bullavano, ai miei occhi compartecipavano all'errore).

Oggi però, posso dirlo con la massima eleganza, ho deciso che comunque mi sono rotto il cazzo. La prossima volta che la Juventus (o il Milan) perderà (o vincerà) non dirò niente. Ho deciso che il mio tempo a disposizione per queste cose è finito. Riconosco senza problemi gli aspetti positivi del ruolo sociologico ricoperto dal futbol nel nostro paese, anche solo come argomento di familiarizzazione tra sconosciuti, ma mi sono francamente sfinito alla morte di passare i lunedì a discutere su quanti dei fischi di Rocchi in Juventus-Roma siano stati appropriati e quanti no. E sono stanco di vedere alcune delle migliori menti della mia generazione (ma soprattutto molte delle peggiori) applicarsi in esercizi puerili e sterili. Ho visto troppo spesso gente mediocre alzare la cresta con persone rispettabilissime, solo perché la propria squadra aveva vinto, cercando una rivincita simbolica alla propria pochezza umana e intellettuale, dimenticando che le prodezze di Maradona, Milito, Van Basten o Tevez, nulla aggiungevano e nulla toglievano al proprio valore, che rimaneva quello che era, anzi scendeva ulteriormente, trascinato in basso dalla polemica e dal livore. In questo i social network funzionano da moltiplicatore al ribasso. Ho visto celebri comici, in preda all'ira per una sconfitta, non riuscire a cogliere l'ironia della gente comune e giornalisti stimatissimi (non da me) twittare di goduria perché la propria squadra vinceva per un errore arbitrale (“così gli altri rosicano ancora di più”).

Per persone di questo tipo (quando ancora mi occupavo di queste cose, cioè fino a poche ore fa) non ho mai avuto rispetto. Per me la vittoria esemplare, quella che mi fa godere di più, non è quella ottenuta grazie a un rigore inventato o a un gol in fuorigioco, ma, al contrario, quella raggiunta dopo aver subito qualche torto arbitrale (a mero titolo di esempio, quella di due anni fa allo Juventus Stadium quando la Juve segnò un gol in fuorigioco dopo 18 secondi, venne graziata con un'inspiegabile mancata attribuzione di un secondo giallo a Lichtsteiner, eppure perse 1-3 contro l'Inter. Se avessimo vinto noi 0-1 per un gol in fuorigioco dopo 18 secondi mi sarebbe piaciuto infinitamente meno). Ma ognuno ha i sogni che si merita. In ogni caso il mio tempo a disposizione per queste cose è finito.

In questo forse aveva capito tutto mia figlia Marta che, dopo un'infanzia nerazzurra, per evitare di perdere tempo in discussioni inutili a scuola tra interisti, milanisti e juventini, ha scelto l'unica squadra tra le prime dieci della Serie A per cui nessuno tifa dalle nostre parti: cioè la Lazio “così mi lasciano stare” (il papà nerazzurro ha un po' sofferto, ma il liberale che c'è in me ha goduto perché non ho mosso un dito per farle cambiare idea).

Probabilmente qualcuno penserà che scrivo questo perché l'Inter va male e negli ultimi giri mi tocca più prendere sfottò che erogarne ad altri. E forse, proprio per evitare questa critica, avrei aspettato a postare questo se l'Inter ieri sera avesse perso, proprio per non essere frainteso. Ma ieri sera è stato un entusiasmante 2-2 con il Napoli, 78 minuti di buona Inter, seguiti da 12 (più recupero) della solita pazza Inter. Sempre pazza, mai banale! Abbiamo (anzi, hanno) preso ancora un gol, l'ennesimo, forse il terzo o il quarto in un anno solare, originato dal pressing sul nostro difensore più arretrato con la palla tra i piedi. Ma abbiamo (hanno) fatto anche vedere di cosa sono capaci. Continuerò a seguire il calcio, a entusiasmarmi per qualche bella giocata di Kovacic o di Guarin, a invelenirmi per qualche mancata chiusura di Ranocchia o di Vidic, continuerò a pensare, e a dire, che molto probabilmente Mazzarri non è l'allenatore che ci serve e che, per quanto mi riguarda, all'Inter, possono essere anche tutti stranieri, come quando abbiamo vinto la Champions League (l'unico italiano, Materazzi, nella finale entrò a due minuti dal fischio conclusivo, ma non toccò palla). Ma da ora in poi mi occuperò quasi solo dei miei amati nerazzurri. Non parteciperò più a polemiche, sfottò, né a sterili dibattiti su moviole e fuorigioco e gol-fantasma, anche perché, incaponendosi a non introdurre la tecnologia a supporto degli arbitri, è chiaro che sono loro che ci vogliono così: loro (da Blatter in giù) a fare del giocattolo-calcio quello che vogliono e noi a perdere tempo il sabato sera allo stadio, davanti alla tv o su twitter e il lunedì mattina alla macchinetta del caffè o su facebook.

Adesso basta e, visto che sarà dura tenere fede a questi propositi, se sei mio amico, beh, allora non tirarmi in mezzo, “non rompermi i coglioni, per me c'è solo l'Inter”.


foto da La Gazzetta dello Sport

3 commenti:

Anonimo ha detto...

grande marco, ottimo pezzo. la cosa più triste sono proprio i giornalisti, tipo pigi battista (da me comunque disprezzato anche come giornalista tout court), che twittano cose indecenti come un dodicenne. le uniche liti calcistiche divertenti erano le tue con ferrentino e lauro ai tempi (che nostalgia...) di bar sport
alberto

Marco Ardemagni ha detto...

mi fa piacere che il nome di plb l'abbia fatto tu :)

Bolzo ha detto...

Mai pensato a "cambiare" sport ?
Ci sono altri sport ...
Il rugby per esempio !!!

Magari scopri che vi sono giocate spettacolari a gogo e il rispetto che c'e' in campo e' una cosa stupenda !