mercoledì 19 novembre 2014

Disumano, troppo disumano, ovvero: otto anni di inconsapevolezza



Quando otto anni fa aprii questo blog feci tutto abbastanza in fretta: anche il titolo e il sottotitolo vennero scelti in pochi minuti.

Il titolo anything goes mi piacque da subito: si riferiva a Contro il metodo, il saggio di epistemologia di Paul Feyerabend che Giulio Giorello, dopo averne scritto la prefazione all'edizione italiana,  ci aveva insegnato ad apprezzare nel suo corso di Filosofia della Scienza alla Statale di Milano nei primi anni Ottanta. La frase in cui Feyerabend riassume il suo approccio: Anything goes (tutto può andar bene) nega un reale valore euristico alla rigidità del metodo scientifico e identifica un approccio eclettico, anzi decisamente anarchico all'epistemologia.

Probabilmente Feyerabend si era ispirato all'omonima canzone di Cole Porter del 1934 da cui era stato tratto un musical nello stesso anno (e un film un paio di anni dopo), ma io questo l'ho scoperto solo tempo dopo.



Invece il sottotitolo nulla di umano è umano, pure scelto in pochi minuti, non mi ha mai convinto del tutto. Si riferiva, come punto di partenza, al motto latino "nulla di umano mi è estraneo", la quale mi sembra un'ottima affermazione, ma, nella mia versione modificata, tentava di sottolineare anche il fatto che pochi esseri viventi come gli uomini sono in grado di compiere atti disumani, il che potrebbe apparentemente suonare come una contraddizione in termini: nulla di umano è umano. E poi, certo, sullo sfondo c'era anche l'assonanza con il nietzschiano umano, troppo umano. Sì, però continuava a sembrarmi una soluzione in tono minore, non molto brillante.

Ci doveva pensare il passaggio di una canzone di Morrissey, Earth Is The Loneliest Planet, a dare, qualche mese fa, un senso a quelle mie stentate cinque parole di otto anni fa: humans are not really very humane, vedi a 0:35.


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