mercoledì 18 febbraio 2015

Sacchi di irrazionalità


Come al solito, quando si arriva alla polemica, i maestri giornalisti del mondo del calcio si mostrano parecchio carenti rispetto ai fondamentali della logica. Un esempio classico ce lo offrono i detrattori della moviola in campo quando estraggono i singoli (rari) casi in cui oggettivamente persino le immagini registrate e rallentate non riescono a determinare cosa sia successo in campo per concludere immancabilmente: "Questa è la dimostrazione che la moviola non serve a niente". Come se una riduzione degli errori arbitrali, che so, dal 50% al 30% fosse un vantaggio pari a zero. 

Un altro esempio l'abbiamo avuto oggi, a margine delle deprecabili considerazioni di Arrigo Sacchi, (forse invelenito dalla vittoria dell'Inter nel Torneo di Viareggio) sull'eccessivo numero di giocatori di colore nelle formazioni primavera delle squadre italiane. 

Considerazioni per cui ci siamo fatti sfottere, in quanto connazionali di Sacchi, da un nutrito numero di opinionisti da Gary Lineker, al sottosegretario Graziano Delrio, passando da Mino Raiola, fino a quel buontempone del Presidente della Fifa, Joseph Blatter.

Ora c'è stato chi, come Matteo Marani, direttore del Guerin Sportivo ha dato ragione, almeno in senso generale ad Arrigo Sacchi, parlando però, genericamente, di "stranieri" e non di calciatori "di colore" (che, come tutti sappiamo, ma Sacchi no, possono essere tranquillamente italiani come gli ottimi Balotelli, Okaka od Ogbonna).


Visto che la materia è parecchio scivolosa cerchiamo di portare un briciolo di logica nell'argomentazione. 

Consideriamo auspicabile avere più italiani nelle squadre primavera dei team italiani?

Per rispondere correttamente a questa domanda dobbiamo prima rispondere alle seguenti domande: 

1) Il talento calcistico (o meglio - trattandosi di giovanotti - il talento calcistico potenziale) segue una distribuzione totalmente casuale attraverso i paesi oppure esistono nazioni i cui giovani cittadini, per struttura fisica e/o educazione al football dispongono maggiori potenzialità di diventare campioni?

2) In generale è auspicabile che un giovane potenziale campione giochi in una squadra del proprio paese? (Quindi nelle squadre primavera della Spagna è auspicabile che giochino giovani spagnoli, in quelle dell'Egitto, giovani egiziani, in quelle dell'Italia, giovani italiani)?

3) E se sì perché? Per motivi di lingua, così può intendersi meglio con l'allenatore? Oppure per ridurre il disagio dello spostamento e lo spaesamento del giovane calciatore? Oppure il giocatore "indigeno" deve essere preferito al collega straniero (persino se quest'ultimo è potenzialmente più forte) così da per aiutare il movimento calcistico del paese? O per altri motivi ancora che Marani conosce ed io no?

4) E se sì, di chi è il beneficio? Della squadra stessa (cioè l'Inter o l'Hellas Verona avrebbero un vantaggio finale a schierare formazioni primavera di tutti italiani, l'Al Ahly di tutti egiziani e il Porto di tutti portoghesi) o appunto, più in generale, ne beneficerebbe il movimento calcistico di tutta la nazione? 

Prima di continuare a leggere ognuno dovrebbe innanzitutto tentare di rispondere innanzitutto alle domande di cui sopra. 

Partiamo dalla domanda numero 1). Il talento calcistico potenziale è distribuito in modo uniforme? Sulla carta sì, di fatto no. Nel mondo ideale la distribuzione del talento calcistico potenziale segue abbastanza puntualmente la popolarità e la tradizione del calcio nei vari paesi. In Brasile e in Argentina dove il calcio è considerato quasi una religione e per emergere occorre superare la concorrenza di molti giovani giocatori, sarà più facile che un ragazzino che si è messo in luce sia potenzialmente davvero forte. In India, in Indonesia e nelle Filippine, il calcio è meno centrale: per un ragazzo ci sono meno chance e meno concorrenza. E in effetti le squadre italiane "importano" molti sudamericani e molti meno indiani o filippini. Un domani sarà diverso, ma per ora i valori sono questi. L'Italia si colloca lungo quest'asse, più verso il Brasile e l'Argentina, pur senza arrivare a quei livelli, ma molto sopra l'India o le Filippine.
Se vi chiedessero di giocarvi tutti i vostri averi in una partita di calcio primavera pescando 11 diciassettenni a caso, scegliendo solo il paese d'origine probabilmente prendereste, che so, 3 brasiliani, 2 argentini, 2 africani, 1 italiano, 1 spagnolo, 1 inglese e 1 tedesco e nessun indiano o filippino. Ora perché le squadre primavera italiane o spagnole dovrebbero comportarsi diversamente da voi selezionando 11 elementi del proprio paese? Per non parlare delle squadre primavera indiane!

A questo punto scattano le domande numero 2) e 3). Perché scegliere invece giocatori primavera della propria nazione invece di selezionare un mix di nazioni ideale? Mettiamoci appunto nei panni dell'allenatore primavera indiano. Perché non dovrebbe volere allenare forti diciassettenni brasiliani argentini, italiani o tedeschi?
O forse il discorso di Sacchi e Marani non vale per le nazioni emergenti dove i giovani forti sono ancora pochi. Forse vale solo per le nazioni "forti". Ma è così vero che i giovani italiani sono forti? Se fosse così, se i nostri giovani fossero così forti, perché secondo Sacchi sono "snobbati" dalle primavere italiane? E se fossero snobbati per fare posto agli stranieri, perché non trovano posto altrove, magari nelle nazioni da cui provengono gli stranieri che "rubano loro il posto"?
In ogni caso anche un allenatore primavera italiano, potendo scegliere, vorrebbe gli undici migliori al mondo, (o comunque gli undici migliori disponibili) non vorrebbe gli "undici migliori italiani disponibili". 

Nella foto, l'autore coinvolge in un selfie a loro insaputa
Arrigo Sacchi e Giuseppe Marotta.
Se invece decidesse di seguire le balzane idee di Sacchi e Marani potrebbe comunque decidere di puntare invece su giovani cittadini del proprio paese (invece di scegliere un mix di nazioni ideali). Ma perché dovrebbe farlo? Come dicevamo io vedo solo uno dei seguenti motivi: a) la lingua, maggiore facilità di comunicazioni con il mister e il resto della squadra; b) ridotti spostamenti dei ragazzi, maggiore integrazione con l'ambiente esterno e del club (ma se così fosse allora la primavera del Como, potrebbe scegliere 11 ragazzotti svizzeri di Chiasso, che parlano pure italiano invece di prendere 11 siciliani) e poi come la mettiamo col discorso della nazionale, Sacchi e Marani? c) oppure ancora potrebbe farlo per cercare di aiutare il movimento calcistico del proprio paese, anche a discapito del vantaggio immediato della propria squadra. Insomma: non è assolutamente chiaro quale sia il vantaggio per un allenatore (specie per quelli che allenano in un paese non al top come l'India), di avere 11 giovanotti tutti del proprio paese. Forse Marani e Sacchi lo sanno, io non l'ho capito.

4) Veniamo ora alla domanda di base: usciamo dal discorso delle squadre primavera. Perché una prima squadra dovrebbe preferire un giocatore del proprio paese? Marani dice: Italia e Inghilterra che hanno molti stranieri nei propri campionati sono ai minimi storici. 
Ma in che senso? 
Se si riferisce alle NAZIONALI si tratta di una assoluta tautologia. 
Se questa generazione di giocatori italiani e inglesi è più scarsa delle precedenti (e il fatto che Chiellini sia titolare inamovibile della difesa della nazionale lo dimostra) i giocatori troveranno poco spazio nelle squadre di club delle proprie nazioni. Ma anche nei club di punta stranieri (a parte i soliti Verratti e Immobile) e ovviamente, essendo mediamente scarsi, tanto scarsi che non piacciono né ai club italiani e inglesi, né a quelli stranieri, andranno a formare una nazionale scarsa che viene battuta dal Costa Rica.
Se invece Marani si riferisce allo scarso rendimento dei CLUB italiani, perché troppo imbottiti di stranieri... anche qui non ci siamo. L'ultimo trofeo europeo di una squadra italiana è stato vinto non dalla Juventus, ricca d'italiani, ma dall'Inter che nella finale di Champions del 2010 giocò senza italiani (entrò Materazzi nel finale, ma non toccò nemmeno la palla). Ma anche il Real Madrid si è laureato campione del mondo lo scorso dicembre contro il San Lorenzo giocando con 7 stranieri, un numero che è assolutamente in linea con la media degli stranieri in campo in Serie A. Il problema delle squadre italiane non è che hanno troppi stranieri o troppi italiani è che hanno gli scarti degli stranieri (a parte 4-5 nomi, sempre meno, ora che abbiamo salutato anche Cuadrado). Mentre i sette stranieri erano Pepe, Marcelo, Kroos, Bale, Benzema, Ronaldo e James Rodriguez.

3 commenti:

Antonio Garofalo (Tonino) ha detto...

Caro Ardemagni, ci capisci di calcio ma ci sei cascato anche tu che ritengo sincero e disinteressato. Sacchi sarà anche incappato in uno scivolone (però che palle la contemporaneità, di politically correct non se ne può più) ma la verità è che ha disturbato non gli antirazzisti, ma i mafiosi come Blatter, le Udinese e tutti i procuratorelli che praticano la tratta dei nuovi schiavi adolescenti allo scopo di arricchirsi e tenere bassi i prezzi degli schiavi indigeni i cui genitori vorrebbero invece arricchirsi vendendoli in proprio. Di questo si tratta; se poi le nazionali ne risentono poco male: i Raiola & C. fanno il tifo solo per se stessi

Marco Ardemagni ha detto...

Caro Garofalo, il fenomeno che descrive è una realtà e non mi è ignota, affatto.

Resta però da stabilire una cosa.

Una squadra europea di vertice (e con buona disponibilità economica) secondo lei, quale "mix" ideale di nazionalità deve avere nella propria formazione "primavera" (anche se il concetto di "primavera" è tipicamente italiano, ma per intenderci...).

I talenti africani a che età è giusto che approdino in Europa?

Un'altra domanda è questa: se lasciamo nelle squadre primavera (che sono composte da circa 25-27 elementi) tutti italiani, ci ritroveremo poi un immenso collo di bottiglia con un numero altissimo di giovani giocatori italiani (i meno forti, sperabilmente) che verranno tagliati attorno ai 18 anni, perché non ritenuti sufficientemente forti per le squadre italiane e che difficilmente accetterebbero di andare a giocare nei paesi di provenienza (che so Romania o Ghana) dei giocatori più forti di loro che sono arrivati "a soffiargli" il posto non più a 16 anni (come ora), ma a 18.

In altri termini: se il nuovo Eto'o o il nuovo Drogba viene lasciato a maturare nel proprio paese, il problema dei giocatori italiani delle formazioni primavera (a parte i 30-40 più forti) viene solo spostato più in là nel tempo e nell'età.

Meglio segarli a 16 anni quando fanno ancora in tempo a studiare. Tanto mentre il ghanese scarso resta in Ghana e quello forte viene in Europa, l'europeo scarso non va a giocare in Ghana, ma magari diventa ingegnere.

Antonio Garofalo (Tonino) ha detto...

Caro Ardemagni, messa così la discussione mi piace. I ragazzi però lo sanno che non possono diventare tutti Totti (o per usare il suo metro di paragone, non tutti gli ingegneri possono diventare amministratori delegati). In giro per i campi di periferia c'è pieno di quarantenni che cercano di convincere soprattutto se stessi che "si nun c'avessi avuto er menisco fracico, mo' er dieci d'a maggica ce l'avevo io; anche questo è il bello del calcio; chi è scarso (anzi, al diavolo l'educazione: chi è una pippa) sa di esserlo, se ne fa una ragione e va a divertirsi in terza categoria, mica deve per forza fare il professionista. Invece, di questo passo, avremo solo dei robot... Muntari in serie; perché questo forse voleva dire Sacchi: da Gullit al suddetto non c'è solo differenza di classe; è come passare dai ravioli di mia nonna a Giovanni Rana, altro che razzismo! Cordialmente Antonio Garofalo