lunedì 5 gennaio 2015

Masterchef in fricassea

Il mio recente post su Masterchef ha generato, specie su Facebook, un dibattito vivace e variegato tanto da meritare una postilla. Ok, ok, trattasi di postillona, ma mi piacerebbe che chi si è appassionato al tema leggesse questa seconda puntata fino in fondo, perché i due punti a cui tengo maggiormente, devono necessariamente stare  in coda (per ragioni di logica espositiva). Con tutti gli altri ci sentiamo presto.

1) Premessa: io di solito non guardo programmi tipo Masterchef, ma mi sta sulle scatole a) sia dovermi giustificare di averlo visto (comunque venga messo agli atti che io ero solamente presente mentre mia figlia guardava la tv) b) sia dover rispondere a tutti quelli che, mentre cerco di affrontare un aspetto tecnico-produttivo, postano commenti tipo: la tv a pagamento fa schifo, tutta la tv fa schifo, non li guardo mai, cambia canale!, tutti i reality fanno cagare (btw: Masterchef non è un reality, ma un talent).  Voglio poter affrontare la stecca di un tenore senza sentirmi dire: la lirica è un passatempo per ricchi pervertiti, ascolta il rock turkmeno o poter raccontare del prete recordman che dice la messa in 8 minuti senza dover leggere: io a messa non ci vado. Non ci vado nemmeno io, ma chi se ne frega e non è questo il punto;

2) Ovviamente il post era una caricatura surreale e dadaista: partiva da una piccola anomalia narrativa e montava ad arte un caso con la chiusa-tormentone e nessuno dice niente! Pensavo di aver disseminato il testo di un numero sufficiente di questi indicatori-caricatura. E qui arriviamo alla terza cosa che mi sta sulle scatole e cioè c) dover spiegare le battute, ma evidentemente, purtroppo, serve ancora. Infatti qualcuno non ha capito che stavo amichevolmente prendendo per i fondelli sia chi produce i reality, sia chi monta casi sul nulla, mi sarò spiegato male io;

3) Ora veniamo alla ciccia. Il mio punto di critica, lo ricordo, era relativo alla tecnica di montare all'interno delle prove competitive di Masterchef (e di molti altri talent), dei piccoli inserti “a confessionale” (evidentemente girati dopo) in cui i concorrenti raccontano al presente le proprie emozioni. Del tipo: a) vediamo Cracco dire a 10 concorrenti: Fate un uovo sodo!; b) improvvisamente Ugo, uno dei concorrenti, che un secondo fa era assieme agli altri, viene visto da solo in un'altra stanza che dice: No, l'uovo sodo, no: non mi è mai riuscito, vedrete che adesso mi eliminano!; c) Infine Ugo, tornato per magia assieme agli altri nove, finisce di cuocere l'uovo e non viene eliminato. La scena b) è stata palesemente girata dopo. Ma allora come fa Ugo a dire adesso mi eliminano se sa già di non essere stato eliminato? Chiaramente gli autori impongono ai concorrenti (ho numerose conferme) di raccontare al presente: Forza Ugo, dicci cos'hai pensato in quel momento! - Adesso mi eliminano! e poi la domanda non viene montata. 

Ora molti lettori hanno difeso questa tecnica,come estremamente televisiva: ci hanno spiegato che non c'è niente di male, eccetera. Ora la verità è che questa tecnica è invece, per gli stessi autori, UN RIPIEGO. Ne abbiamo avuto la dimostrazione in una puntata successiva: quando la prova di cucina è sufficientemente lunga (nella puntata 5 c'era una prova da un'ora: cucinare qualcosa di aspro) la tecnica di montare confessionali girati successivamente non viene utilizzata. Questi siparietti vengono girati “in diretta” (molto meglio!) con il cameraman che passa tra i tavoli raccogliendo le emozioni dei concorrenti direttamente mentre cucinano. Questo può avvenire sia nella forma del “confessionale in diretta” con il concorrente che parla autonomamente in macchina (come Chiara, vedi foto, che spiega che nella dispensa c'erano a disposizione due generi di funghi), sia nella forma della “mini-intervista” condotta da uno dei tre chef (Barbieri: Simone, non ti vedo ancora cucinare, non hai acceso un fornello, che cosa sta succedendo? Simone: Non me la sono ancora sentita). Quindi quelli che di noi non solo giustificavano la piccola truffa narrativa del siparietto prodotto in coda, ma addirittura la esaltavano come una tecnica molto televisiva, dovranno ammetterne la natura di assoluto ripiego produttivo, quando le prove di cucina sono troppo brevi e non si riesce a "disturbare" in tempo utile i concorrenti. Un ripiego piuttosto penoso e tutto sommato truffaldino.

4) L'ultima cosa che ho colto dei talent show è forse il vero motivo del successo di molti di questi format e che consiste in un'emozione-base che non era mai stata mai molto sfruttata televisivamente in precedenza: quella dell'esame. 
Mi spiego meglio utilizzando un esempio che proviene proprio dall'ambito gastronomico: per anni si è pensato che i sapori base fossero solo quattro: amaro, dolce, salato e acido. Poi ne sono stato scoperti altri due: il grasso e l'umami (che è quel "saporito" al glutammato tipico della cucina orientale).
Allo stesso modo narrativamente ci sono le grandi emozioni narrative “classiche”: l'amore, la morte, il tradimento, la fuga, il viaggio ecc. che popolano i nostri sogni, i nostri romanzi e i nostri film, sfruttando sempre l'immedesimazione dello spettatore con il protagonista.
Ma, se ci si pensa, anche quello di sostenere un esame è uno dei sogni più ricorrenti. Forse addirittura il più ricorrente. E sullo schermo non è mai stato molto sfruttato. Parlo non di un esame-lampo, da dentro o fuori, ma con uno o più giudici che ti danno un feedback immediato e dettagliato sulla tua performance e talvolta arrivano persino (forse con un eccesso di autorità) a giudicare la tua personalità. 
Insomma: assistere alla formulazione di un responso positivo (come un complimento autorevole) o negativo (come una critica spietata)  è un'esperienza capace di suscitare nel telespettatore che si immedesima nel concorrente, emozioni molto forti: dalla commozione, alla rabbia, al piacere sadico.
Certo, il fatto che sia in ballo un'eliminazione o un passaggio al turno successivo fornisce ulteriore pathos, ma per me è centrale il vedere qualcuno giudicato e rivoltato come un calzino, nel bene o nel male. Anche perché nei talent il giudizio non arriva quasi mai con un semplice voto (come dopo un tuffo dal trampolino o durante una finale di Sanremo), ma tramite un vero e proprio breve discorso, capace di smuovere nel concorrente e quindi nel telespettatore a casa, corde interne molto profonde. Un'esperienza tutto sommato nuova per il telespettatore, ma quasi archetipa nella sua semplice brutalità, insomma: quasi un umami del gusto televisivo: un sapore fondamentale che è stato scoperto tardi.

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