venerdì 30 gennaio 2015

No Scalfarotto, quello che non capisce sono io.

Qualche giorno fa Ivan Scalfarotto, ex vicepresidente del PD e ora sottosegretario al Ministero delle Riforme Istituzionali e Rapporti col Parlamento, illustrava sul proprio sito le meraviglie dell'Italicum interrogandosi retoricamente (Sono io che non capisco) sulle ragioni per cui questo sistema elettorale, per ora approvato solo al Senato, raccogliesse un discreto gruppo di oppositori, anche all'interno del suo stesso partito.

Ora anche io, come Scalfarotto, ho cercato di capire, e da quello che sono riuscito a raccogliere, l'Italicum ha certamente alcuni pregi, primo fra tutti il ballottaggio tra i primi due partiti per aggiudicarsi il premio di maggioranza (qualora nessuno stravinca superando il 40%), ma anche alcuni notevoli difetti.

Sarebbe troppo lungo valutare qui ogni aspetto di questo sistema elettorale. Certamente è un sistema che rafforza l'esecutivo rispetto al Parlamento e anche rispetto al Presidente della Repubblica, ricalibrando l'equilibrio tra le diverse istituzioni. Il che può essere, per certi versi, anche auspicabile anche perché forse oggi, nel 2015, consideriamo più lontano il rischio di una svolta davvero autoritaria, mentre ci sembra più reale il rischio, anzi l'evidenza, di un frequente impantanamento dell'operatività dell'esecutivo tra iter parlamentari farraginosi e ghirigori istituzionali.

Pur considerando questo vorrei provare ad aiutare Ivan Scalfarotto a rispondere ai propri dubbi, concentrandomi soprattutto su di una domanda specifica che si poneva: 



le preferenze arrivano insieme all'indicazione di un capolista forte, che funziona come il titolare di un collegio uninominale. (...) Si eleggeranno così forse il 50% dei deputati (stima D'Alimonte sul Sole 24 ore di ieri): meno del 75% di “nominati” che facevano i candidati nei collegi uninominali del Mattarellum e che nessuno però definiva “nominati”. Perché non li definivamo nominati? Perché se sulla scheda c’è un solo nome attaccato a un simbolo, l’elettore ha la possibilità di votare per un altro nome più gradito e dunque per un altro simbolo. Non è una nomina, è un’elezione.


Insomma, si chiede Scalfarotto, perché non venivano definiti "nominati" i candidati dei collegi uninominali del Mattarellum? In fondo anche loro era indicati dai vertici dei partiti come questi dell'Italicum.

La risposta a me sembra estremamente semplice, tanto semplice che mi sembra strano che Scalfarotto non la colga oppure, anche questa eventualità è possibile, sono io che non ci ho capito nulla (in questo caso rispiegatemi tutto daccapo, per favore!)

E la risposta, in breve, è questa: perché nel Mattarellum è più difficile per il vertice di un partito fare eleggere la PIPPA ASSOLUTA CARA AL CAPO (acronimo PACAC) mentre nell'Italicum parrebbe, ma - ripeto - spero di sbagliarmi, molto più semplice.

Spieghiamoci meglio con un esempio: se nel 1994 i Progressisti (ve li ricordate?) o Forza Italia avessero mandato nel collegio di Chivasso un noto incompetente, magari paracadutato e con scarso legame col territorio, solo perché aveva sposato un parente di D'Alema o Urbani, o ristrutturato la casa di Occhetto o Berlusconi, un tipo così sarebbe stato respinto con perdite. Ovvero: o arrivava primo (ma viste le premesse gli elettori lo avrebbero fatto nero) oppure veniva bocciato perché nel Mattarellum il seggio in Parlamento per ogni collegio è solo uno. (Per la cronaca nel collegio uninominale di Chivasso nel 1994 vinse Michele Vietti appoggiato da Lega Nord, Forza Italia, UDC e CCD).

Con l'Italicum invece è diverso. Visto che i collegi sono 100, per ogni collegio verranno eletti in media circa sei deputati. E per un partito come il PD che a livello nazionale nei sondaggi raccoglie oltre il 35%, sarà quasi inevitabile (se eviterà candidature estremamente suicide) portare a casa almeno il 20% in tutti o quasi tutti i collegi. In questo caso alla PIPPA ASSOLUTA CARA AL CAPO, incompetente e paracadutata, non sarà più richiesto di vincere se non vuole essere trombato. Gli (o le) basterà un terzo o quarto posto per farsi eleggere. Insomma: i partiti maggiori con questo sistema sono più incentivati a privilegiare candidati allineati e controllabili, di assoluta fedeltà al segretario, anche se in contropartita, dovessero far perdere qualche centinaio di voti nel computo complessivo: il gioco varrebbe la candela, la in termini di accresciuto controllo del gruppo parlamentare.

Per assurdo il voto di opinione, quello espresso con le preferenze, potrebbe giovare all'elezione la PIPPA ASSOLUTA. 

Per dimostrarlo facciamo un altro esempio, semplificando al massimo. Poniamo che in un collegio gli elettori si dividano solitamente in tre gruppi: 50% alla Lista A, 33% alla Lista B e 17% alla Lista C. Stando così le cose, in quel collegio la Lista A porterebbe a casa 3 seggi (il capolista più 2), la Lista B 2 seggi (il capolista più 1) e la Lista C 1 seggio (solo il capolista).

Ora poniamo che in quel collegio la Lista C candidi come capolista Menelao Le Mani, un noto incompetente solo perché è simpatico al capo, ma inviso alla popolazione. In assenza di preferenze, i voti alla Lista C crollerebbero, che so, al 10% mettendo a rischio l'elezione di Menelao Le Mani. Ma se la Lista C ha tra gli altri candidati una serie di bravissimi esponenti del partito che portano a casa un sacco di voti per il partito (e preferenze per loro stessi), questi possono aiutare a riportare la lista al suo 16% naturale. Ma quello eletto sarebbe il capolista, Menelao Le Mani. Insomma: quelli bravi porterebbero acqua al mulino del nominato incompetente.

Esiste, è vero, la possibilità di candidare lo stesso capolista in dieci collegi diversi: questo ridurrebbe di molto (quantomeno per i partiti che portano a casa almeno un deputato per ogni seggio) il numero di capilista eletti. Ma in ogni caso non c'è nessun obbligo di farlo. Il partito che decidesse di candidare cento capilista diversi, uno per ogni collegio, avrebbe la possibilità di farlo.

Ecco perché, Scalfarotto, vengono chiamati nominati questi dell'Italicum, ma non vengono chiamati nominati i candidati ai collegi uninominali del Mattarellum.
Tralascio qui, per evitare di andare ancora più lunghi, di ricordare le ricadute di questo sistema sui partiti minori (quelli attorno al 3-7%) e anche, in prospettiva, sull'elezione del Presidente della Repubblica, perché mi premeva soprattutto rispondere alla domanda di Scalfarotto.


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